Gino Segrè

Faust a Copenaghen.
Lotta per l’anima della Fisica

Il Saggiatore – Milano 2009

Pagine 309 – Euro 22,00

Il racconto è ambientato nel 1932, l’anno cruciale per la Fisica, durante il quale si aprono i nuovi orizzonti della quantistica; i sei protagonisti, che saranno consacrati dalla storia come i padri di questa «rivoluzione copernicana», si ritrovano all’Istituto di Fisica teorica di Copenaghen per un seminario organizzato da Niels Bohr, «il più amato fisico teorico del XX secolo»: un maestro (nel senso più pregnante del termine) per questo piccolo gruppo di fisici, alcuni appena ventenni: una donna, Lise Meitner; cinque uomini, Paul Dirac, Paul Ehrenfest, Werner Heisenberg, Max Delbrück, Wolfang Pauli.
Bohr è sicuramente il protagonista indiscusso del racconto di Segrè che ne scava la personalità per comprendere l’origine della stima, ma soprattutto dell’affetto con cui tutti si rapportano a lui, attribuendola infine alla magnanime disponibilità a sostenere i colleghi, soprattutto i giovani, nella vita e nel lavoro. Ma questo affetto scaturisce anche dal fascino della sua personalità scientifica: «Non era solo per le equazioni. Come per un musicista virtuoso, la cui esecuzione è qualcosa di più che suonare un insieme di note, il fraseggio e l’enfasi contano. Si imparava da Bohr più di quello che le equazioni dicevano.» (p. 115)
L’intento dichiarato dall’autore è di comunicare «i risvolti umani della scienza», non solo i contributi scientifici dei protagonisti, ma la loro personalità e il cammino personalissimo e non sempre lineare con cui giunsero a dare forma alla nuova teoria: uomini introversi o socievoli, dal carattere tagliente o paziente, ostinati o docili, studiosi di giorno o di notte, tutti amanti della musica e della montagna. Il racconto, pur concentrandosi su questi scienziati, sul filo della nuova teoria si apre ad altre figure fondamentali: Max Plank, Albert Einstein, Max Born, Erwin Schrödinger, Arnold Sommerfeld, Louis de Broglie, Paul Dirac non sono presenti fisicamente al seminario del 1932, ma lo sono le loro idee.
Ma il 1932 è anche il centenario della morte di Goethe a cui i fisici vogliono rendere omaggio come l’ultimo genio eclettico, decidendo di mettere in scena il Faust, ironicamente rivisitato da George Gamow l’anno prima, sempre durante il seminario annuale di Bohr, e ora riadattato da Delbrück. Nella parodia i personaggi ricalcano il carattere dei membri di questo sodalizio tanto strano quanto affascinante per il lettore: Borh è il Signore, Pauli è Mefistofele, Ehrenfest, così tormentato è Faust stesso e il neutrino è Margherita! E questo filo conduttore accompagna tutta la narrazione ora con delicata ironia ora con drammatico realismo.
Pagine affascinanti sono dedicate alla genesi della scoperta quando l’intuizione prende forma nella mente di qualcuno e anima il dialogo/dibattito fra tutti per trovare il nesso tra le teorie note e il nuovo che si affaccia prepotente: è il momento euristico della ricerca scientifica, chiaramente delineato dall’autore così come la ricerca del «linguaggio» matematico che, dando forma rigorosa a quanto intuito, apre a previsioni e a nuove problematiche senza che si perda mai di vista il dato sperimentale.
Nelle parole di Heisenberg, riferite al modo di «fare» fisica teorica di Bohr, una breve e suggestiva sintesi del metodo di questa scienza che non può non essere improntata a un forte realismo. «L’intuizione [di Bohr] circa la struttura della teoria non era solo il risultato di un’analisi matematica delle assunzioni fondamentali, ma piuttosto il risultato di un intenso lavoro sui fenomeni reali, così che fu possibile per lui percepire le relazioni in maniera intuitiva, piuttosto che ricavarle formalmente.
Questo compresi: la conoscenza della natura era ottenuta principalmente in questo modo, e solo con il passo successivo era possibile riuscire a fissare la propria conoscenza in forma matematica e sottoporla a un’analisi razionale completa. Bohr era prima di tutto un filosofo, ma aveva capito che la filosofia naturale ai tempi d’oggi, ha un peso solo se ogni dettaglio può essere sottoposto all’inesorabile test dell’esperimento.» (pp. 115-116)
Dall’anno seguente, il 1933, i membri di questa piccola comunità, interamente e a volte forse ingenuamente dediti alla ricerca pura, saranno travolti dagli eventi: drammi umani, contrasti ideologici, compromessi e ambiguità «faustiani»; Segrè con penna precisa ma delicata descrive il contesto politico che incomincia a delinearsi in Germania con l’ascesa al potere di Hitler e il cammino verso l’evento bellico che coinvolgerà tutta l’Europa. Uno spaccato dunque di storia europea, sempre però attraverso le vicissitudini di questi uomini indiscutibilmente «geni» della Fisica.
Un esempio di divulgazione di estrema correttezza scientifica, una ricostruzione storica puntuale e documentata, una narrazione scorrevole, linguisticamente chiara e accurata, attenta alle sfumature nel delineare la personalità dei protagonisti.
Un testo dunque che vale la pena di leggere e, almeno in alcune parti, da proporre agli studenti liceali.



Recensione di Maria Elisa Bergamaschini
(Già insegnante di Fisica e Laboratorio presso diversi Istituti di istruzione secondaria statali e paritari, è membro della Redazione della Rivista Emmeciquadro)

© Pubblicato sul n° 45 di Emmeciquadro


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