Alessandro Giostra, Francesco Merletti, William Shea
Ilario Altobelli:
scienziato, teologo, corrispondente di Galileo Galilei
empatiaBOOKS – Camerano 2011
Pagine 14 – Euro 15,00
Chi pensa a Galileo come un personaggio isolato, l’unico a combattere con l’ostilità degli altri scienziati e la diffidenza della Chiesa per il sistema copernicano, non tiene conto di una complessità del dibattito che sfugge a molte semplificazioni storiche. Nel clima culturale italiano, che comprendeva anche la posizione di non pochi religiosi, non erano assenti posizioni decisamente antiaristoteliche, favorevoli a una nuova visione del moto dei corpi celesti. Ne è testimonianza il frate Ilario Altobelli, scienziato e teologo, a cui in questo volume sono dedicati tre saggi. Le posizioni di Altobelli emergono da un carteggio con Galileo, di cui il frate era un grande estimatore.
Il primo e secondo saggio costituiscono in qualche modo una premessa al terzo, in cui il carteggio viene esaminato in modo ampio e critico.
Il primo saggio, di Francesco Merletti, costituisce una breve biografia di Altobelli, dalla quale emerge comunque la sua passione per l’astronomia, praticata anche sperimentalmente, come dimostra la sua rivendicazione di aver osservato per primo la supernova del 1604. La parte finale del saggio è dedicata in modo particolare alla sua figura di teologo e storico dell’ordine, autore dell’opera Genealogia serafica.
Nel secondo saggio, di William Shea, Altobelli compare solo come «spettatore» di Galileo; si richiamano le scoperte astronomiche pubblicate nel Sidereus Nuncius e si esamina in particolare la vicenda del cannocchiale: si riprende la discussione sull’origine di tale strumento, mettendo in luce come il primo a costruirlo fu in realtà un italiano, Giovanni Battista della Porta, che però non aveva intuito l’importanza dello strumento, considerandolo una specie di giocattolo, mentre furono gli olandesi a fabbricare i primi veri cannocchiali, e, avendone compreso l’importanza, a richiedere un brevetto per l’invenzione. Nella parte finale del saggio ci si chiede con quali competenze di ottica Galileo avesse costruito un cannocchiale, per quel tempo così ben funzionante: Galileo non conosceva neppure la legge della rifrazione, e, seguendo Aristotele, pensava che la visione fosse composta da raggi che partivano dall’occhio e arrivavano all’oggetto e non viceversa, come nella fisica successiva. Solo la sua grande abilità empirica di costruttore, e forse una certa fortuna, resero possibile la realizzazione del suo cannocchiale.
Nel terzo saggio di Alessandro Giostra, infine, si rivela tutta la modernità della posizione di frate Ilario, che su alcune questioni ha persino poco da invidiare a Galileo.
In primo luogo l’importanza della matematica; questo è il linguaggio e il metodo per la descrizione scientifica del cosmo, mentre per gli aristotelici i calcoli matematici non erano un criterio di verità: se in contraddizione con la fisica aristotelica, andavano considerati errati.
In secondo luogo l’Altobelli fu protagonista non solo dell’osservazione, ma anche dell’interpretazione della comparsa della «nova» (oggi diremmo Supernova) del 1604. Egli afferma: «Io credo di essere stato uno dei primi, e forse solo primo, a conoscer et a veder la sua prima apparitione in Europa che fu li 9 Ottobre».
Perché tanto entusiasmo? Il fatto è che l’apparizione di una nuova stella negava l’immutabilità dei cieli e quindi la fisica aristotelica. Gli aristotelici cercavano una spiegazione coerente con le loro posizioni affermando che si trattava di un fenomeno sublunare; ma l’assenza di parallasse, e la sua assoluta immobilità rispetto alle altre stelle nega questa ipotesi, come afferma con decisione lo stesso Altobelli per il quale la stella «non è dissimile dall’altre dell’ottava sfera, non ha mai mutato colore, scintilla più di ogni altra fissa».
Il saggio prosegue con tutto il dibattito intorno alla natura della «nova», interessante perché dà adito a ipotesi che aprono prospettive nuove per l’astronomia, anche se la vera natura della stella potrà essere chiarita solo in tempi moderni attraverso la teoria dell’Evoluzione Stellare.
Nell’ultima parte del saggio si esamina la lettera di Altobelli a Galilei del 17 aprile 1610, una delle prime reazioni al Sidereus Nuncius. La sua posizione entusiastica, la richiesta di avere un cannocchiale per poter confermare le osservazioni di Galileo, mostra che, sia pur minoritaria, esisteva fra gli scienziati, ma anche fra gli ecclesiastici una posizione aperta e per niente conservatrice di fronte alle affermazioni galileiane.
Per inciso infine è da notare che in questa lettera una interessante intuizione gli faceva ipotizzare l’esistenza di satelliti di Marte e Saturno.
Recensione di Lorenzo Mazzoni
(Già Docente di Matematica e Fisica, membro del Comitato di Redazione della Rivista Emmeciquadro e del Comitato Scientifico dell’Associazione Euresis)
© Pubblicato sul n° 45 di Emmeciquadro