Nell’anno scolastico 2011-2012 si è somministrata, per la seconda volta, la prova nazionale di Matematica (e Italiano) alla fine del primo biennio della secondaria di secondo grado, accompagnata da minor clamore – dovuto a giudizi contrastanti – della prova inserita nell’Esame di Stato della secondaria di primo grado. Eppure la fine del primo biennio della secondaria di secondo grado rappresenta un momento delicato dell’iter scolastico di uno studente; segna infatti sia l’assolvimento dell’obbligo scolastico sia l’inizio del triennio nei diversi Licei e quello specialistico nell’Istituto Tecnico. Con l’intento di offrire spunti utili per avviare una più approfondita riflessione, sono stati interpellati alcuni docenti di Matematica dell’Istituto Tecnico Industriale (ITI), del Liceo Scientifico (LS), del Liceo Classico (LC), del Liceo delle Scienze Umane (LSU). All’inizio del contributo una sintesi degli obiettivi essenziali della prova, dichiarati nel cosiddetto Quadro di Riferimento.
Obiettivi essenziali della prova INVALSI di Matematica Le prove INVALSI hanno come scopo quello di definire e rilevare l’efficacia e l’efficienza del sistema scolastico nazionale: devono quindi fornire un quadro generale del funzionamento del sistema e verificare lo sviluppo delle competenze raggiunte dagli alunni. In ambito matematico i quesiti proposti hanno come obiettivo la valutazione:
In particolare, i processi cognitivi, oggetto di valutazione sono i seguenti:
L’insegnamento della matematica si deve inserire in una concezione di scuola intesa come luogo di educazione alla coscienza di sé, che emerge nel rapporto con le cose e nello specifico nel rapporto con le discipline. La natura umana è caratterizzata innanzi tutto dalla ragione, che è esigenza di significato totale ed è veramente se stessa, quando, nell’impatto con la realtà, è disponibile a mettere in gioco continuamente la categoria della possibilità. Perciò l’insegnamento della matematica ha come scopo quello di sviluppare la capacità di capire concetti e coglierne i nessi secondo il suo specifico metodo: quello ipotetico-deduttivo. A cura di Andrea Maggi e Silvia Bachetti |
Quali caratteristiche vorrebbe sottolineare relativamente ai quesiti?
Andrea Maggi e Silvia Bachetti (LS)
Analizzando in dettaglio i 30 quesiti, li abbiamo declinati secondo le quattro aree tematiche che abbiamo indicato nel riquadro in apertura e ne abbiamo specificato i relativi contenuti. La seguente tabella ne riporta la sintesi.
Nuclei Tematici | Quesiti | Contenuto | ||||||||||||||||||||||||
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Da una prima analisi grezza emerge che 8 quesiti sono di carattere algebrico, 8 quesiti di carattere geometrico e i restanti 14, circa il 47%, sono nell’ambito Relazioni e funzioni e Misure, dati e previsioni che possiamo far rientrare nella macro area Statistica descrittiva. Si rileva una prevalenza di quesiti inerenti il calcolo percentuale, quesiti (D1, D15, D20, D25) che richiedono le stesse competenze ma che sono stati strutturati con difficoltà via via maggiore.
I quesiti di carattere algebrico sono stati costruiti dando rilievo alle proprietà delle potenze (D5, D19, D21) e nell’ambito geometrico si è insistito sulla geometria descrittiva piuttosto che su quella razionale. La loro caratterizzazione è quella di non richiedere una mera applicazione delle conoscenze acquisite ma, partendo da una situazione problematica, gli studenti vengono stimolati a ricercare gli strumenti necessari per risolverla.
Tuttavia c’è un’insistenza sull’idea della matematica come mero strumento di applicazione nei diversi ambiti scientifici, per cui sembra prevalere una concezione di matematica come «la matematica del cittadino» piuttosto che come «strumento del pensiero». Questa peculiarità di strumentazione dei quesiti rispecchia il tipo di valutazione richiesto: i contenuti, le abilità e le competenze devono essere comuni a tutti i tipi di scuola e devono coprire un’ampia gamma di livelli di difficoltà; in questo modo però può essere valutato solo l’aspetto strumentale della matematica. Perciò riteniamo che sarebbe utile somministrare prove che siano differenziate in base agli indirizzi di studio.
Antonella Campaner (LC)
Leggendo i quesiti mi sembra di poter dire che in essi prevale un’attenzione alle competenze rispetto alle conoscenze. Dico questo anche pensando a come sono strutturati: le risposte sono spesso guidate, scandite in più passi, affiancate da disegni, rappresentazioni grafiche e tabelle (si vedano i quesiti 2, 10, 19, 24 riportate alla Pagina 4 di questo articolo). Ciò non solo è di aiuto nel percorso risolutivo, allo studente attento, ma contribuisce anche a evitare atteggiamenti che portano a dare risposte in modo frettoloso e casuale.
Fulvia Avalle (LSU)
Ritengo i quesiti, nel loro complesso, interessanti e adeguati a verificare competenze acquisite in merito ai processi di matematizzazione. Tutti i modelli matematici di cui si richiede l’utilizzo sono «facili» e fanno parte delle conoscenze di uno studente a fine biennio.
Penso però che il passaggio dalla conoscenza del modello alla sua applicazione in una situazione concreta, come richiesto in molti quesiti, richieda una familiarità che molti studenti non riescono ad acquisire e che, soprattutto, dipende fortemente dal tipo di scuola: un conto è un biennio di istruzione tecnica, con quattro ore settimanali di matematica, affiancate da altre discipline tecnico-scientifiche in cui si incontra frequentemente un uso strumentale della matematica; altro conto è, per esempio, un biennio di liceo umanistico, in cui il monte ore ridotto e, soprattutto, il contesto, rendono più difficile agli studenti fare esperienze significative di un utilizzo strumentale della matematica.
Relativamente ai quesiti più «teorici», ritengo molto opportuna la scelta operata in alcuni casi di puntare alla comprensione dei significati più che alla conoscenza di procedimenti standard. Un esempio: i quesiti sulle equazioni, che richiedevano non di risolverle, ma di verificare se, o a quale condizione, un numero è soluzione.
Interessante la possibilità, offerta da alcuni item, di arrivare alla soluzione partendo dalle informazioni contenute nella/e risposta/e proposta/e e «tornando indietro»: anche in questo caso una comprensione sicura dei concetti in gioco può consentire di sopperire alla incompletezza delle conoscenze.
Penso però che anche per i quesiti di questo tipo pesino molto le conoscenze possedute dagli studenti a seconda del tipo di scuola frequentata, soprattutto dopo il riordino dell’istruzione, che ha differenziato significativamente il quadro orario dei percorsi.
Alessandra Campaner (ITI)
Il taglio problematico dei quesiti, pur riflettendo la natura intrinseca della matematica, è troppo elevato per gli studenti del biennio dell’ITI; essi sono per lo più abituati a fare esercizi o comunque imparano a contestualizzare limitatamente al loro settore specifico di indirizzo e quindi dinanzi a quesiti che riguardano questioni, per esempio, di carattere economico, statistico o fisico, (si vedano i quesiti 6, 9, 10, 20, 23 riportati alla pagina 5 di queso articolo), si arrendono velocemente.
Come hanno reagito i suoi studenti di fronte a questo tipo di domande?
Antonella Campaner (LC)
A mio parere, se lo studente è abituato a porsi con attenzione dinanzi a un testo così da comprenderne i dati e le richieste, quesiti di questo tipo consentono di pervenire alla soluzione corretta anche se la domanda riguarda argomenti non ancora trattati in classe. Il lavoro sulla geometria e sui problemi svolto nel primo biennio del liceo classico aiuta sicuramente ad avere un simile atteggiamento e, infatti, le domande che mi sono state rivolte dopo il test erano per lo più legate a questioni algebriche che non ai problemi proposti.
Fulvia Avalle (LSU)
Rispondo volentieri a questa domanda, perché credo di essere in una condizione privilegiata per fare alcune osservazioni e circostanziare la risposta data alla domanda precedente. Sia l’anno scorso che quest’anno, dopo la consegna dei risultati all’INVALSI, ho analizzato attentamente le risposte dei miei studenti.
L’anno scorso si trattava di una seconda di biennio unico sperimentale, con cinque ore di matematica e quattro di fisica settimanali, formata da alunni complessivamente modesti e poco studiosi. La media della classe era in linea con i risultati medi delle scuole della Lombardia, e i ragazzi, nel questionario successivo al test, non hanno rilevato grandi differenze tra le richieste del test e il lavoro svolto a scuola durante l’anno.
Quest’anno la seconda era una classe del Liceo delle Scienze Umane, in cui ho utilizzato, ovviamente con modalità diverse, lo stesso libro di testo (quindi stessa impostazione, stesso linguaggio –ma meno-, stessi esercizi e problemi –ma meno-, stesse insistenze e sottolineature –ma meno).
I risultati sono stati abbastanza disastrosi, i ragazzi, nel questionario, hanno affermato di non avere mai visto in classe problemi simili, e il giorno successivo hanno detto tutti che «era difficilissimo!».
Alessandra Campaner (ITI)
Hanno chiesto se sarebbero stati valutati; la risposta negativa li ha «tranquillizzati», e, soprattutto a metà maggio, non hanno ritenuto di dover spendere energie in qualcosa che non si trasformasse in voto; poi, di fatto, sul campo, la paura della figuraccia è riemersa e i più intuitivi hanno prodotto lavori soddisfacenti, mentre negli altri è prevalso il tentativo di «scopiazzamento».
Ha svolto un lavoro preparatorio specifico?
Alessandra Campaner (ITI)
Non ho svolto un lavoro preparatorio specifico. Se lo scopo è quello di testare a cosa servano dieci anni di scuola, e di matematica, mi sembrerebbe del tutto fuori luogo svolgere un «addestramento» esclusivamente finalizzato all’esito della prova. Solo la settimana prima ho mostrato alcuni dei quesiti degli anni precedenti, perché anche l’aspetto linguistico rischia di bloccare i ragazzi di questo tipo di scuola, che poi, in alcuni casi, hanno anche ottime capacità di ragionamento.
Andrea Maggi e Silvia Bachetti (LS)
Come lavoro preparatorio, è stata effettuata una simulazione della prova, che ha avuto lo scopo di rendere gli studenti più consapevoli dell’utilizzo del tempo a loro disposizione e della tipologia degli item presentati.
Non è stato dedicato ulteriore tempo al lavoro preparatorio, poiché la prova INVALSI non può essere concepita come obiettivo finale del lavoro didattico, cosa che comporterebbe un proliferare di testi da somministrare per «addestrare» gli studenti.
Essa deve essere intesa come verifica della validità del lavoro quotidiano, il cui fine è quello di educare gli studenti ad avere consapevolezza della corrispondenza dell’oggetto matematico con le esigenze della propria ragione.
Antonella Campaner (LC)
Personalmente ho fatto la scelta di non utilizzare i quesiti delle prove precedenti per preparare i miei studenti, in quanto desideravo capire quanto il lavoro svolto quotidianamente in classe fosse in linea con le richieste dei test.
Mi sono limitata a qualche suggerimento su come affrontare domande con risposta multipla (che non utilizzo nelle mie verifiche periodiche); per esempio ho indicato che, in alcuni casi, è più semplice e veloce comprendere le risposte errate piuttosto che svolgere tutto l’esercizio per cercare la risposta corretta.
Quesito n° 2
Quesito n° 10
Quesito n° 19
Quesito n° 24
Quesito n° 6
Quesito n° 9
Quesito n° 10
Quesito n° 20
Quesito n° 23
A cura di Maria Elisa Bergamaschini
(Già insegnante di Fisica e Laboratorio presso diversi Istituti di istruzione secondaria statali e paritari, è membro della Redazione della Rivista Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 46 di Emmeciquadro