«Essa (la scienza) sorse da un cambiamento radicale nell’approccio allo studio della natura» (p. 10). È questa la tesi sostenuta da Fabio Zanin, dottore di ricerca presso l’Università di Padova e autore di altri saggi nel campo della storia del pensiero scientifico. 

La fisica matematica, affermatasi agli inizi del XVII secolo, non costituirebbe, secondo l’autore, il risultato di una nuova filosofia della natura. Si tratterebbe, invece, di un’impostazione che avrebbe definitivamente soppiantato la filosofia dall’indagine sul moto dei corpi. Tale interpretazione, dunque, si oppone alle visioni discontinuiste, a quelle continuiste e, più in generale, alle teorie che inquadrano la nascita della scienza come l’esito di una mutazione interna alla filosofia naturale. L’affermazione della svolta scientifica moderna avrebbe determinato, pertanto, la vittoria definitiva del modello matematico, ritenuto più funzionale e orientato verso gli effetti, su quello filosofico, più orientato verso i principi.
Dopo l’Introduzione Generale, la Parte Prima del volume inizia con l’analisi del pensiero di Aristotele (384-322 a.C.) che ha influenzato in maniera determinante il modello filosofico. Secondo Zanin, l’apparente incongruenza tra le definizioni di scienza date dallo Stagirita nell’Etica Nicomachea e nelle opere teoretiche, trova soluzione nella stretta relazione tra logica, psicologia e ontologia, in particolare nella funzione logica del termine medio. Il modello matematico, a sua volta, ha avuto nell’opera di Euclide (323-285 a.C.) e di Archimede (287-212 a.C.) un momento essenziale del suo sviluppo. Tra i due, Archimede è stato colui che ha meglio integrato matematica e fisica, anche se la matematica applicata è stata limitata dal siracusano al campo della statica.
La Parte Seconda delinea i fattori di crisi del modello filosofico. L’astronomia è stata la disciplina nella quale i due modelli si sono scontrati sin dall’antichità. Dopo la descrizione dei principali aspetti dell’astronomia antica, del modello planetario omocentrico e dell’ipotesi eliocentrica di Aristarco (310-230 a.C. ca), l’autore si sofferma sulle teorie di Tolomeo (100-175 ca), la cui sintesi ha rappresentato l’apice dell’astronomia matematica fino all’avvento dell’opera di Copernico (1473-1543). L’esposizione prosegue con il processo di revisione, avvenuto nel Medioevo, della teoria del moto di Aristotele. Si tratta di un importante percorso, iniziato con Giovanni Filopono (490-570), che ha avuto come pietre miliari la teoria dell’impetus di Buridano (1295-1361 ca) e l’opera dei Calculatores di Oxford. Proprio nel contesto medievale, infatti, sono stati compiuti i primi passi verso l’impostazione moderna. Questa seconda sezione si chiude con la trattazione della meccanica rinascimentale, nella quale si sono distinti Guidobaldo Dal Monte (1545-1607) e Niccolò Tartaglia (1499-1557). Questi due ricercatori hanno contribuito positivamente allo sviluppo della scienza fisica attraverso l’utilizzo delle macchine e la scelta del modello matematico dovuta alla sua maggiore precisione.
La Parte Terza inizia con la spiegazione dell’epistemologia di Galilei (1564-1642), consistente nell’adozione del metodo sperimentale e del modello matematico. La procedura galileiana si fonda sull’adattamento della mente alla realtà. Tale adattamento, a sua volta, è basato su continue osservazioni e misurazioni che permettono la correzione degli errori. La consapevolezza di questo adattamento porta Galilei a considerare i casi fisici indagati come «eventi modello, dei quali i corrispondenti eventi reali non sono che approssimazioni» (p. 211). L’autore prosegue illustrando le scoperte galileiane sul moto dei corpi che rileverebbero l’impiego del metodo sopra descritto, incentrato sull’interdipendenza tra ipotesi geometrica e sperimentazione. Le ultime pagine sono dedicate alla teoria di Galilei sulle maree. Nonostante gli evidenti errori compiuti dallo scienziato pisano, le sue argomentazioni rappresentano un’istanza molto significativa del metodo galileiano.
Nelle Conclusioni Generali, infine, l’autore ribadisce che dopo gli studi di Galilei il modello filosofico è stato del tutto trascurato. Anche se personaggi come Newton (1642-1727) o lo stesso Galilei hanno adoperato il termine «filosofia» per designare le loro ricerche, «ciò che esso indicava aveva ormai poco a che fare, già dalla metà del Seicento, con quello che Aristotele aveva precisamente inteso» (p. 285).




Fabio Zanin

La scomparsa della Filosofia Naturale. 
Alle origini della Fisica Matematica.

CLEUP – Padova 2011

Pagine 296 – Euro 17.00

Recensione di Alessandro Giostra
(Stanley Jaki Society)

© Pubblicato sul n° 47 di Emmeciquadro


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