L’uomo come lo conosciamo è apparso in Africa tra 150.000 e 200.000 anni fa e per gran parte del tempo è stato nomade, cacciatore e raccoglitore, vivendo in piccoli gruppi di non più di 100-150 individui; insieme alla selvaggina, per migliaia di anni si è nutrito di semi di piante selvatiche.
Poi, verso la fine dell’ultima glaciazione, tra 12.000 e 9.000 anni fa, è avvenuta la più grande rivoluzione della storia della specie umana: in diverse regione del pianeta piccoli gruppi di uomini, indipendentemente gli uni dagli altri, hanno inventato l’agricoltura. È stato l’annuncio di un cambiamento epocale: per la prima volta l’uomo è diventato capace di controllare la fonte del proprio sostentamento.
Da questo vicenda, con tutte le sue implicazioni, prenderà avvio la Mostra Naturale, artificiale, coltivato. L’antico dialogo dell’Uomo con la Natura, che sarà presentata dall’Associazione Euresis al prossimo Meeting per l’Amicizia tra i popoli di Rimini, dal 18 al 24 agosto.
Il percorso espositivo seguirà il lungo cammino di civiltà che è iniziato allora e che non si è più fermato; i primi passi e i successivi sviluppi di questa storia, saranno documentati mediante l’esposizione dal vivo delle specie selvatiche e delle varietà man mano coltivate (frumento, orzo, riso, mais, pomodoro, patata, vite, leguminose), illustrando l’evoluzione – guidata dall’uomo – delle piante che hanno nutrito l’umanità lungo i millenni.
In particolare, verranno sottolineati quegli interventi dell’uomo che hanno impresso una svolta decisiva nella domesticazione e coltivazione delle varie specie portando, per esempio, alle spighe che non perdono i semi, alle varietà che germinano poco dopo essere seminate, agli esemplari di taglia bassa, all’efficiente uso dell’acqua e dei fertilizzanti, al miglioramento delle proprietà nutritive delle principali colture, con relative innovazioni nei cibi e loro adattamento alle tradizioni e culture locali.
[A sinistra: Benedetto Antelami, Mese di Giugno, Battistero di Parma]
Unitamente all’introduzione di nuove specie da coltivare, sono avvenuti mutamenti imponenti del territorio (i campi coltivati al posto della foresta, i canali per l’irrigazione, eccetera), trasformazioni produttive (per esempio la rivoluzione verde); e si è anche avviato quell’incremento demografico che oggi ci mette difronte al compito di produrre cibo per una popolazione in costante aumento e di sconfiggere la fame in tante aree del pianeta.
Mentre nuove sfide si affacciano: l’uso massiccio di fertilizzanti ha inquinato di nitrati le falde, come anche l’impiego eccessivo di diserbanti e pesticidi; e c’è chi sostiene che è proprio l’uomo la causa di tutti i mali. La mostra si propone di presentare gli interventi dell’uomo come testimonianza di una interazione virtuosa tra uomo e Natura, esempio di quella «scienza artigiana» in cui l’uomo si pone in ascolto della realtà e la interpreta cercando di capirla veramente fino in fondo.
Raccogliendo le sfide e tentando di rispondere all’interrogativo: come e dove trovare una giusta medietas tra ultrasfruttamento del territorio e iperecologismo?
Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 49 di Emmeciquadro