La lingua italiana si è affermata storicamente secondo modalità diverse da quelle seguite da molte delle principali lingue europee. Mentre queste si sono affermate nei rispettivi Paesi a seguito della formazione degli stati-nazione, l’italiano si è affermato, come lingua letteraria, alcuni secoli prima che si avviasse il processo di unificazione del Paese.
In Francia, Spagna o altrove il potere politico ha sempre sostenuto la lingua nazionale come elemento distintivo avente una importante funzione di coesione politica e culturale.
L’Italiano si è imposto grazie solo allo sforzo continuo e alla volontà della parte più viva del ceto intellettuale, che ha quasi artificialmente creato una lingua partendo dal volgare toscano e dal ceppo latino comune a molti dei dialetti regionali.
Da questa peculiare situazione è derivato che, anche dopo l’unificazione del Paese, l’importanza della difesa della lingua nazionale non è mai stata fino in fondo compresa dal ceto politico, che ha alternato momenti di esaltazione retorica per tutto ciò che era classificabile come «italiano», a momenti di distrazione (ci sono questioni più importanti nell’agenda politica…) fino ad arrivare oggi a un atteggiamento di insofferenza verso la difesa dell’Italiano avvertita come un elemento di arretratezza provinciale che impedisce agli italiani di affermarsi nel mondo globale.
L’aspetto più faceto di questa tendenza è l’utilizzo di espressioni in lingua inglese da parte di esponenti politici di primo piano che non parlano l’Inglese e, talvolta, si trovano in difficoltà con l’Italiano. Gli aspetti più seri riguardano il mondo della scuola, dove prevale l’idea che sia più importante far imparare l’Inglese che sviluppare nei giovani solide basi intellettuali che devono estendersi anche a discipline diverse dalla conoscenza di una lingua che è importante utilizzare, ma che non può divenire il centro di ogni sforzo (anche finanziario) nella formazione dei giovani da parte dello stato e delle famiglie.
Queste considerazioni sorgono da sé leggendo un breve e gradevole scritto di un medico e naturalista italiano del primo Settecento, Antonio Vallisneri, che prende con vigore le difese dell’Italiano contro sia i pedanti che, in nome della tradizione del Latino come lingua «nobile», si opponevano all’uso dell’Italiano nelle pubblicazioni filosofiche e scientifiche, sia coloro che, attratti dalla modernità del Francese, ritenevano erroneamente l’Italiano inferiore alla lingua di Voltaire
. Vallisneri, pur ritenendo, come recita il titolo, «che ogni italiano debba scrivere in lingua purgata italiana», si rivolge precipuamente agli scienziati. Lo scopo dello scritto, apparso anonimo nel 1722, era di difendersi dalle accuse di aver scelto il «volgare» nell’edizione dei suoi testi scientifici. Risponde a queste accuse richiamandosi ad autori come Galilei e Redi che avevano fatto la stessa scelta e sprona i suoi contemporanei a seguire quelle orme illustri: pubblicare in Italiano importanti opere scientifiche ha l’effetto di stimolare i dotti stranieri a studiare la nostra lingua.
L’Italiano, nota Vallisneri che aveva estesi rapporti con il mondo scientifico europeo, è una lingua più stimata fuori d’Italia che nel nostro Paese. Pubblicare in Italiano significa anche facilitare l’accesso al sapere scientifico a quegli italiani che non hanno modo e tempo di studiare il Latino, ma che hanno le capacità e l’interesse di accostarsi alle discipline scientifiche o tecniche. Sempre al fine di favorire la diffusione del sapere, Vallisneri invita a seguire l’esempio dei francesi che hanno tradotto gran parte dei classici.
Gli intellettuali, e in particolare gli scienziati, scrivendo in Italiano arricchiscono la nostra lingua, la rendono più ampia e la valorizzano. La varietà delle origini, «regolata» dalla radice latina, e la duttilità dell’Italiano (carattere che deriva dalla sua particolare storia) sono punti di forza della nostra lingua che è una lingua aperta, sempre capace di aggiungere «ciò che manca», ovvero di estendersi a campi nuovi mantenendo la sua forte espressività e chiarezza. Vallisneri stesso si impegnò in quest’opera di «ampliamento» redigendo il Saggio alfabetico d’istoria medica e naturale (pubblicato postumo nel 1733) che può considerarsi il primo vocabolario scientifico specialistico in Italiano.
Nella Premessa Dario Generali, noto studioso della cultura scientifica italiana tra Seicento e Settecento e attivissimo coordinatore dell’Edizione Nazionale delle Opere di Antonio Vallisneri, pur ricordando che ogni opera va contestualizzata nel suo tempo, mette in relazione lo spirito di appassionata difesa dell’Italiano da parte di Vallisneri con il progetto di imporre l’uso dell’Inglese come lingua dei corsi della laurea specialistica. Generali respinge con solide argomentazioni questa scellerata proposta che porterebbe «alla creazione di una èlite anglofona e alla distruzione della cultura e della lingua italiana».
Generali non si nasconde che il progetto dell’ex-ministro Profumo riflette una mentalità diffusa nel mondo accademico di subalternità intellettuale, storicamente ricorrente, nei confronti delle culture dominanti. Per ciò è importante ribadire che, pur non negando l’importanza di saper bene usare le principali lingue straniere (e non solo l’Inglese) per la crescita intellettuale di ciascuno, noi abbiamo il dovere di usare l’Italiano anche nelle università e nei luoghi dove si crea cultura, arte e scienza. Lo dobbiamo almeno per debito a tutti quegli intellettuali e scienziati che hanno lottato nei secoli per rendere viva e bella la nostra lingua.
Le critiche al progetto Profumo andrebbero estese all’introduzione della metodologia CLIL per l’insegnamento di discipline curricolari in lingua straniera nei licei a partire dai linguistici, ma che si intende estendere anche ad altri licei. Questo progetto è ancora più velleitario in quanto comporterebbe un deciso abbassamento del livello didattico delle discipline coinvolte.
Nessun docente, che non sia di madre lingua, è in grado di spiegare in modo corretto e comprensibile la disciplina in cui è abilitato in lingua straniera e pochi studenti hanno una competenza tale da poter seguire queste lezioni con pieno profitto.




Antonio Vallisneri

Che ogni Italiano debba scrivere in lingua purgata Italiana
(a cura di Dario Generali)

Olschki –  Firenze 2013

Pagine 85 – Euro 10,00

Recensione di Mauro De Zan
(Docente di Storia e Filosofia al Liceo Classico “A. Racchetti” di Crema)

© Pubblicato sul n° 49 di Emmeciquadro



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