Se è vero, come afferma l’autore, che «alla radice della potenza logica della matematica sta quindi proprio la natura astratta degli oggetti matematici», qual è il rapporto con la realtà di questi oggetti? Nell’articolo si sviluppa la tesi che non solo questi oggetti «c’entrano» con la realtà, ma sono essi stessi in qualche modo «realtà», così come molte altre cose importanti per la vita sono astratte: ed esiste una analogia tra queste cose astratte (per esempio il denaro) e gli oggetti della matematica.
La congettura di Riemann, forse il più famoso tra i problemi attualmente aperti in matematica, è una certa affermazione attorno al modo in cui sono disposti nel piano gli infiniti punti in cui si annulla la cosiddetta «funzione zeta di Riemann».
In un suo recente intervento al convegno Mathematics in a complex world (Politecnico di Milano, 28 feb. – 1 mar. 2013), Cedric Villani, medaglia Fields 2010 per la matematica, faceva questo commento (cito a memoria): «La congettura di Riemann ha ricevuto ad oggi miliardi di conferme [nel senso che si sono trovati miliardi di punti in cui la funzione di Riemann si annulla, che rispettano tutti la congettura, e nessuno che la contraddica]: in qualsiasi scienza un fatto del genere sarebbe ritenuto la prova inconfutabile della verità di questo asserto. In matematica non è così».
[A sinistra: Bernhard Riemann (1826 – 1866)]
Come è possibile questo? Attraverso il procedimento specifico della dimostrazione matematica, in cui si riesce a ragionare su oggetti «generici» che soddisfano le ipotesi, mentre non sarebbe possibile passare in rassegna uno per uno gli oggetti stessi. A sua volta, ciò che rende possibile questo ragionare sul generico oggetto che soddisfa una certa ipotesi è la natura astratta degli oggetti matematici. Alla radice della potenza logica della matematica sta quindi proprio la natura astratta degli oggetti matematici.
Ho sintetizzato in queste ultime righe ciò che con più dettaglio argomentavo in un articolo su Emmeciquadro di qualche anno fa (Emmeciquadro n°17, aprile 2003, pp.38-48).
È a questo punto del ragionamento che, però, l’entusiasmo della persona comune si raggela: in matematica parliamo dunque solo di cose astratte? Non parliamo della realtà? La matematica non è perciò neppure effettivamente una forma di conoscenza?
Una tesi impegnativa
La questione è vasta e complessa, ma non può per questo essere ignorata. Gli aspetti del problema sono diversi. Si può anzitutto documentare (ed è stato fatto ampiamente) come davvero questa astrazione «c’entri» con la realtà.
Rimanendo sul piano divulgativo, chi ha avuto la fortuna di visitare la mostra Da uno a infinito – al cuore della matematica, esposta al Meeting per l’amicizia dei popoli di Rimini nell’agosto 2010 (o chi ha «visitato» almeno il catalogo di questa mostra), dovrebbe aver toccato con mano questo fatto in modo convincente. Vorrei usare l’occasione di questo intervento per sottolineare però un altro aspetto della questione, che è ugualmente importante e mi sta molto a cuore.
Gli oggetti astratti della matematica non solo «c’entrano con la realtà», ma sono «realtà», pur non essendo oggetti fisici. Credo che se non si arriva ad essere convinti di questo, la stima nella matematica come forma di conoscenza e come attività umana degna delle nostre energie non può essere compiuta, è minata alla radice.
A sua volta, la rivendicazione della realtà delle astrazioni matematiche è possibile solo se ci si riappropria con orgoglio della stima per quella meravigliosa capacità della persona che è l’astrazione in quanto tale. Ecco perché ritengo opportuno intervenire con questo Elogio dell’astrazione. Desidero anzitutto convincere il lettore della seguente tesi: «Di tutte le cose che per noi esseri umani sono reali e importanti, molte sono astratte».
Apriamo un quotidiano alla pagina dei commenti politici o dell’economia, e leggiamo un articolo. Lo troveremo infarcito di termini come inflazione, occupazione, crescita, recessione, democrazia, consenso, eccetera, che non sono certo termini concreti, eppure riempiono i giornali, i telegiornali, e molti discorsi tra le persone. Sono termini che descrivono concetti importanti per la società e quindi per le persone. Si può obiettare che questi sono «concetti astratti», di cui il linguaggio di noi esseri umani è effettivamente ricco, piuttosto che «oggetti astratti».
Usiamo concetti astratti per descrivere sinteticamente una serie di esperienze e di realtà concrete, ma in fondo nessuno di noi pensa che la democrazia o la recessione siano «una cosa». Come anticipato, a me invece interessa rivendicare il fatto che ci siano «oggetti», «cose», cioè «entità ben determinate nella loro individualità» (non, quindi, categorie come «democrazia» o «libertà»), che sono al tempo stesso reali e significative per noi esseri umani, ma anche astratte.
Mi addentrerò quindi in qualche esempio specifico.
Un esempio paradigmatico
Il denaro è qualcosa di reale e importante per noi esseri umani, che condiziona la vita di tutti noi, chi più, chi meno. Eppure il denaro è qualcosa di astratto. Riflettiamoci. In principio era il baratto: un uomo va al mercato con 12 uova e torna a casa con una forma di formaggio.
Col tempo anche le monete vengono considerate scomode e ingombranti, e si comincia a stampare cartamoneta. Una banconota però non ha più un valore intrinseco come una moneta d’oro. Il suo valore dipende dal fatto che lo Stato lo garantisce, quindi è sempre più convenzionale e astratto. Gradualmente quindi si è creata una «cosa», il denaro, a cui una complessa serie di convenzioni attribuisce un valore.
Un’ulteriore evoluzione è la smaterializzazione odierna del denaro: oggi noi acquistiamo sempre più spesso con «carte di pagamento» di vario tipo. Significa che una transazione di denaro concretamente consiste nello scambio di qualche segnale elettronico, trasmesso via rete, tra l’utente, la sua banca e l’esercente. Al termine del pagamento, alcuni file che risiedono sui server di due o più istituti coinvolti nella transazione avranno subito una piccola modifica, e questo è tutto.
Conclusione: il denaro è diventato un’astrazione.
Si potrà obiettare che non stiamo parlando di un «oggetto» ben determinato, ma in qualche modo ancora di un «concetto». È facile però a questo punto fare esempi di «oggetti astratti» ma specifici che hanno a che fare col denaro: il conto in banca del signor Mario Rossi è un oggetto reale, molto importante per il signor Rossi, ed è astratto: consiste in una serie di accordi tra il signor Rossi, la sua banca ed eventualmente altri istituti, in base ai quali si riconosce che, per esempio, l’uso di certi codici PIN potrà autorizzare la modifica di certi file sparsi su certi server in tutto il mondo. La polizza d’assicurazione sull’automobile del signor Rossi o il mutuo contratto dal signor Rossi per acquistare la casa in cui abita sono altri esempi di oggetti reali astratti, e si capisce che è facile moltiplicare gli esempi di questo tipo.
Riflettiamo anche sul fatto che ci sono intere categorie professionali di persone che per lavoro si occupano di questi tipi di oggetti astratti: banchieri, assicuratori e così via. Inoltre, esiste una gerarchia dell’astrazione, per cui per esempio il ruolo di un assicuratore, che fa da «cerniera» tra l’oggetto astratto «polizza assicurativa» e il singolo cliente in carne e ossa, si colloca su un primo livello di astrazione, mentre il ruolo di colui che inventa i contratti di assicurazione studiando statistiche e dati che provengono dalle compagnie assicurative, senza contatti col cliente finale, si colloca su un livello di astrazione più elevato.
Analoga distinzione tra livelli di astrazione distingue l’oggetto della professione del direttore di una filiale di una piccola banca rispetto a quello del Presidente della Banca d’Italia.
Analogie con l’astrazione matematica
L’analogia tra questo esempio e l’astrazione matematica è profonda e si articola in più passi.
Primo passo
L’evoluzione del denaro nasce da una sequenza di successivi atti di astrazione, a partire da esperienze concrete dell’umanità, molto naturali e antiche. È quello che si può dire anche per la genesi dei concetti matematici più semplici, come il concetto di numero naturale: in origine, senza un concetto di numero, si può dire che le zampe di un cavallo sono «tante quante» quelle di una mucca, percependo visivamente la corrispondenza biunivoca tra le zampe del primo animale e quelle del secondo.
Questo metodo rende scomodo il confronto tra le numerosità di due insiemi di oggetti lontani fra loro; possiamo solo tenere il conto di una piccola numerosità sulle dita, dato che quelle le portiamo sempre con noi.
[A sinsitra: I cinque poliedri regolari e la loro simbologia platonica: il fuoco (tetraedro), la terra (cubo), l’aria (ottaedro), l’acqua (l’icosaedro) e la quinta essenza che tutto avvolge e comprende (il dodecaedro)]
È utile allora inventare l’oggetto astratto «quattro», e una parola corrispondente, in modo da poter semplicemente dire che il cavallo e la mucca hanno quattro zampe, quindi in particolare hanno lo stesso numero di zampe. Si osservi l’analogia tra la nascita del concetto di numero e il passaggio dal baratto all’uso della moneta: anziché mettere in relazione un concreto con un altro concreto, si mette in relazione un concreto con un astratto, e questo astratto con un diverso concreto: il numero naturale o la moneta sono l’astratto che fa mediazione tra due diversi concreti, ugualmente numerosi o ugualmente costosi.
Secondo passo
Di astrazione in astrazione si creano oggetti che sono sempre più astratti ma, attraverso una lunga e talvolta complessa catena di rimandi, mantengono comunque un riferimento alla realtà più concreta: il conto corrente è un oggetto più astratto del denaro, che esiste perché esiste il denaro; la carta di credito è (non nella sua materialità di tessera di plastica, ma nella funzione che svolge) un oggetto più astratto di entrambi, la cui esistenza ha senso perché esistono il denaro e i conti correnti. Tuttavia grazie a questi oggetti astratti noi possiamo acquistare e portare a casa delle cose concrete.
Analogamente i numeri reali, con cui possiamo misurare la lunghezza dei segmenti (o qualunque altra grandezza scalare continua), sono qualcosa di più astratto rispetto ai numeri naturali con cui contiamo degli oggetti, ma sono costruiti a partire da quelli; le funzioni sono oggetti più astratti rispetto ai numeri reali, ma sono definite a partire da quelli, e possono servire a rappresentare grandezze fisiche strettamente legate alla realtà più concreta e tangibile.
Oggetti matematici sempre più astratti sono costruiti in termini di oggetti matematici meno astratti.
Terzo passo
Le analogie non sono ancora finite. L’ultima osservazione che ci attende è quella decisiva.
Nella nostra vita siamo talmente abituati a utilizzare denaro, conti correnti e carte di credito che questi oggetti astratti hanno acquisito per noi un interesse e un significato immediato, non solo un significato mediato dalla catena dei rimandi alla realtà più concreta e tangibile: per apprezzare il significato di un accredito sul nostro conto corrente noi non abbiamo bisogno di tradurre mentalmente la somma di denaro in termini di uova o confezioni di caffè.
Abbiamo sviluppato un’intuizione diretta sul significato del denaro. Per fare un esempio forse ancora più efficace, consideriamo il caso di un agente di borsa che sta valutando l’opportunità di acquistare un certo quantitativo di titoli derivati, per esempio di opzioni. L’agente sta trattando un oggetto astratto, che è definito da una lunga catena di astrazioni: l’opzione infatti è il diritto ad acquistare, a una certa data futura prefissata, un quantitativo prefissato di un certo titolo azionario a una quotazione prefissata.
A sua volta un’azione è una quota di partecipazione nella proprietà e negli utili di una certa società. E una società è a sua volta in un certo senso un oggetto astratto. Eppure l’agente ragiona sull’acquisto di opzioni con una comprensione diretta di ciò che sta facendo, senza bisogno di ripercorrere mentalmente ogni volta tutti i passi logici di questa catena di astrazioni, dall’opzione giù giù fino a cosa sia una Società per Azioni e come si lavori negli stabilimenti di quell’industria. La conoscenza che l’agente ha per «quel mondo» e l’interesse che nutre per esso lo abilitano a trattare oggetti anche molto astratti con una percezione del significato del proprio gesto che non è meno intensa e consapevole di quando acquista un oggetto concreto come un litro di latte al supermercato.
Analogamente, un matematico che sta studiando le proprietà di uno spazio di funzioni, manipola le funzioni come oggetti familiari, senza bisogno ogni volta di ripensare alla definizione di funzione in termini di numeri reali, alla costruzione dei numeri reali in termini di numeri naturali, e al significato dei numeri naturali in termini di conteggio di insiemi di oggetti concreti.
Di nuovo, la conoscenza che il matematico ha per «quel mondo» e l’interesse che nutre per esso lo abilitano a trattare oggetti anche molto astratti con una percezione immediata del significato del proprio gesto.
Altri esempi
L’esempio del denaro, a mio parere significativo, potrebbe suonare poco convincente per qualcuno, perché in qualche modo il denaro appare già in partenza strettamente imparentato con il numero, con la quantità, quindi potrebbe non esserci molto da stupirsi nel trovare analogie tra i concetti e gli oggetti relativi al denaro e gli oggetti matematici.
Ma non è difficile fare anche esempi diversi, che non hanno niente a che vedere con le quantità.
Una legge dello Stato è qualcosa di molto reale, che può condizionare la nostra vita in vari modi e che è in relazione con esperienze e fatti tangibili, eppure essa stessa è un oggetto astratto. La legge infatti non coincide con nessun oggetto fisico che ne contenga il testo. La legge è una regola normativa, concetto tipicamente umano e piuttosto astratto. Ma una specifica, ben precisa legge, è pur sempre un oggetto individuale ben determinato. Un oggetto reale e astratto.
Un giudice della Corte Costituzionale che sta valutando l’ammissibilità di una legge, infine, deve decidere se un certo insieme di regole (una legge) sia compatibile con un certo insieme di meta-regole (la Costituzione); qui il ragionamento si svolge tutto a livello dei principi giuridici, senza riferimento diretto a fatti specifici. Siamo evidentemente su un ulteriore livello di astrazione, e gli esempi si potrebbero moltiplicare.
È valida anche in questo contesto l’osservazione cruciale fatta discutendo gli esempi legati al denaro: la persona che per lavoro ha a che fare con la sfera giuridica ha sviluppato una conoscenza di quel mondo di oggetti e un interesse per quel mondo che gli permettono di trattare anche una norma piuttosto astratta con una comprensione diretta del suo significato, senza bisogno ogni volta di ripercorrere la lunga catena di passi logici che la pongono in relazione con «fatti concreti». L’oggetto astratto è diventato per lui interessante di per sé, meritevole della sua riflessione e dedizione professionale; la natura astratta della norma giuridica non va ogni volta scusata e giustificata ripercorrendo la lunga catena di nessi che la radica nell’esperienza concreta.
Anche gli enti e le strutture in cui è organizzata la nostra società sono oggetti astratti, ma reali. Un ospedale è un «oggetto concreto», ma il Sistema Sanitario Nazionale Italiano è un «oggetto astratto», che organizza e coordina in mille modi numerose realtà più concrete, secondo tutta una gerarchia di livelli di astrazione. Una certa Scuola Primaria è un oggetto concreto ma il Sistema Scolastico Italiano è un oggetto astratto. Uno stabilimento produttivo di una grande casa automobilistica con sedi in tutt’Italia è un oggetto concreto, ma la casa automobilistica di per sé è un oggetto astratto, che non coincide con la semplice somma degli stabilimenti, delle persone che ci lavorano, e dei vari «oggetti concreti» che ne fanno parte: è una realtà fatta anche da «oggetti astratti» come il capitale sociale, lo Statuto, la propria rete organizzativa, il sistema di accordi con concessionarie, produttori e così via.
Senza tutti questi oggetti astratti, persone e macchine non potrebbero produrre niente. Il lettore può proseguire da sé l’analogia individuando anche in questo caso i vari livelli di astrazione che sono gerarchizzati in questi mondi di oggetti, e rendersi conto che anche in questo caso esistono persone che per il lavoro che svolgono, quindi in forza della conoscenza di e dell’interesse per, quel mondo di oggetti sviluppano una percezione diretta, immediata del significato di quegli oggetti astratti, che non necessita ogni volta per fondarsi di ripercorrere i passi che li collegano a realtà ed esperienze materiali.
Vai alla Seconda Parte dell’Articolo pubblicata come Anticipazione al n° 50 – Settembre 2013 della Rivista
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Marco Bramanti
(Professore Associato di Analisi Matematica al Politecnico di Milano)
© Pubblicato sul n° 49 di Emmeciquadro