Le iniziative di «scuola aperta» o, come più di frequente si usa dire, di open day, tendono spesso a creare vetrine in cui la scuola celebra se stessa, anziché accompagnare i visitatori, adulti e ragazzi potenziali utenti, dentro percorsi specifici quanto a contenuto, ma esemplificativi di un metodo di insegnamento/apprendimento, che li coinvolga in una esperienza significativa. Nel contributo che segue l’insegnante racconta come, dopo aver realizzato un percorso sui movimenti della Terra nella normale attività di classe, avendone messo a fuoco il valore di metodo, ha deciso di realizzare con i propri alunni una mostra per la giornata di «scuola aperta». Allo scopo sono stati costruiti modelli materiali che simulano i moti della Terra per spiegare alcuni dei fenomeni che da sempre sono stati visti dall’uomo, ne hanno influenzato la vita e lo hanno interrogato, come l’alternarsi della luce e del buio, l’avvicendarsi delle stagioni, le fasi lunari. Un percorso essenziale che ha impegnato docente e allievi in un lavoro sia teorico sia pratico.



Questo percorso di Astronomia sui moti della Terra, realizzato in una classe terza della Scuola Secondaria di primo grado, nei libri di testo più diffusi è spesso concentrato in poche pagine molto dense, che rischiano di semplificare, fino al punto di banalizzare e rendere poco comprensibili, contenuti ricchi di implicazioni pratiche e concettuali. Gli stessi contenuti vengono poi ripresi negli anni della scuola secondaria di secondo grado, ma possono risultare ancora di difficile comprensione se sono stati appresi in modo puramente mnemonico e non sono stati adeguatamente «masticati» negli anni della secondaria di primo grado.
Nella classe con cui ho lavorato, con molti ragazzi in difficoltà, desideravo che i passi di questo percorso fossero legati il più possibile a esperienze significative: da una parte l’osservazione di fenomeni e dall’altra la costruzione di modelli materiali, perché non accadesse quello che Richard Sennett, nel testo L’uomo artigiano, chiama «il divorzio tra la mano e la testa» (si veda la recensione del libro “L’uomo artigiano” pubblicata sul n° 43 – Dicembre 2011 di Emmeciquadro) . Di seguito riporto le tappe principali.



L’uscita notturna all’osservatorio

All’inizio dell’anno scolastico ho effettuato una uscita con tutta la classe all’osservatorio di Tradate; abbiamo in particolare osservato con il telescopio la Luna e introdotto lo studio della fasi lunari che abbiamo poi completato a scuola.

Il moto del Sole nel cielo

Il primo e più semplice fenomeno rilevabile tutti i giorni è il movimento del Sole nel cielo, ma la posizione della scuola rende impossibile l’ osservazione diretta scandita nel tempo e la registrazione quotidiana dei suoi movimenti; l’unica possibilità è stata di far notare ai ragazzi che alla mattina il Sole, quando c’è, illumina le aule che si affacciano sul cortile, purtroppo non la nostra nella quale però da mezzogiorno in avanti dobbiamo abbassare le tapparelle per non essere abbagliati dalla sua luce.
Ho chiesto agli allievi di riflettere su questo fatto e abbiamo quindi notato il moto apparente del Sole nel cielo, dal quale abbiamo ricavato e denominato i punti cardinali, arrivando a parlare di «orientamento» e a capire come è orientato l’edificio scolastico. Abbiamo poi verificato le nostre conclusioni utilizzando una bussola.



 

Il moto di rotazione della Terra: dove sorge il Sole?

 

Nella attività normale in classe abbiamo simulato questo fenomeno osservato, realizzando un modello con una sfera di polistirolo sorretta da un ferro da maglia che rappresentava la Terra; sulla sfera una puntina rappresentava un uomo in piedi. Tenendo ferma la sfera/Terra, abbiamo mosso una torcia/Sole, facendola ruotare a una certa distanza intorno alla sfera in senso orario: anche l’uomo/ puntina , come noi, vede il Sole sorgere a Est e tramontare a Ovest.

 

Riflettendo su questa prima parte di lavoro ho fatto notare ai ragazzi che avevamo ripercorso il cammino di secoli di osservazioni, di calcoli, eccetera, in cui gli astronomi osservando il cielo e vedendo il movimento del Sole hanno formulato la teoria geocentrica.
Ma oggi tutti ormai sappiamo che la Terra non è immobile al centro del Sistema solare, ma ruota su se stessa e ruota attorno al Sole che è il centro del Sistema solare. Quindi abbiamo deciso in primo luogo di fare ruotare la Terra sul proprio asse e tenere ferma la torcia che rappresentava il Sole.
Alla mia domanda riguardante il verso in cui far ruotare la Terra i ragazzi rispondono in coro, con molta sicurezza: «da Est a Ovest, come il Sole!». Ho frenato l’impulso di correggere immediatamente la loro congettura, e, tenendo fermo il Sole, abbiamo fatto ruotare la Terra in senso orario. Ma qualcosa non andava: l’uomo/puntina vedeva infatti il Sole sorgere a Ovest e tramontare a Est! Tutti si sono accorti che questo non rispondeva ai dati osservati, per cui bisognava ipotizzare che la Terra ruotasse nell’altro verso, da Ovest a Est.
Dopo aver cambiato verso di rotazione, per l’uomo/puntina, rappresentato sul modello, finalmente il Sole sorgeva dalla parte giusta. Per qualcuno dei ragazzi, con mia meraviglia, questa è stata una reale scoperta: non ci avevano mai pensato.

 

 

Il moto di rivoluzione della Terra: quanto durano il dì e la notte?

 

Dopo aver osservato che l’uomo/puntina vedeva, nel nostro modello, sorgere il Sole dalla parte giusta, ci siamo resi conto però che nella simulazione la sua giornata era divisa in due parti, il dì e la notte, di ugual durata e questo nella realtà non accade; infatti i ragazzi stessi affermavano che durante l’anno nella giornata la quantità di ore di luce e di buio cambia.
Come intervenire sul modello in modo da riprodurre anche questo dato? L’unico modo era ipotizzare che l’asse di rotazione della Terra fosse inclinato rispetto al piano dell’orbita. Abbiamo provato a inclinare il ferro da maglia: il circolo di illuminazione non passava più per i Poli e si vedeva bene che per l’uomo /puntina, la quantità di ore di luce rispetto a quelle di buio cambiava.
Ho fatto notare che l’inclinazione dell’asse terrestre fa variare la quantità di luce su alcuni punti della Terra, e che questi punti costituiscono nel loro insieme dei riferimenti geografici importanti . Infatti la latitudine dei Circoli polari e dei Tropici è strettamente legata all’angolo di inclinazione dell’asse terrestre rispetto al piano dell’orbita.

Per consolidare questa scoperta abbiamo raccolto da alcuni siti web l’ora dell’alba e l’ora del tramonto a Milano nel corso di un anno; con questi dati abbiamo costruito una tabella e il relativo grafico, che confermava il cambiamento della quantità di ore di luce e di buio. Abbiamo poi confrontato questo grafico con altri, costruiti con i dati di Singapore e di Buenos Aires; dall’osservazione è emerso che durante l’anno il cambiamento della durata del dì e della notte è ciclico: se la Terra fosse ferma rispetto al Sole questo non potrebbe accadere. Abbiamo dovuto quindi confermare che esiste anche un movimento della Terra intorno al Sole, il moto di rivoluzione.
Ci siamo soffermati anche a considerare la forma geometrica dell’orbita terrestre e ho dovuto introdurre alcuni semplici concetti geometrici per parlare di ellisse e per farla costruire.
Osservando con attenzione e analizzando le caratteristiche dell’illuminazione della Terra nelle varie fasi del passaggio sull’orbita, ho indicato alcuni punti importanti, che corrispondono ai solstizi e agli equinozi: abbiamo così messo a fuoco l’alternarsi delle stagioni.
Quando, a partire da un modello costruito sulla cattedra con mezzi di fortuna, i ragazzi hanno saputo riconoscere e localizzare la posizione della Terra in quel particolare momento dell’anno, ho capito che un passo importante di conoscenza era stato fatto.

 

 

Le giornate di «scuola aperta»

 

Quando nel consiglio di classe mi è stato chiesto di presentare il percorso ormai concluso realizzando una mostra per le giornate di «scuola aperta» ero un po’ preoccupata: come coinvolgere i ragazzi in modo che per ciascuno di essi la preparazione e la presentazione ai visitatori fosse una possibilità di approfondimento dei contenuti e anche un’esperienza di comunicazione significativa? Come rendere i nostri modelli, un po’ troppo approssimativi quanto a realizzazione, adeguati a una mostra?
Dalla condivisione di queste preoccupazioni con i colleghi di matematica, di educazione artistica e di lingua spagnola è iniziata una collaborazione in cui gli studenti si sono coinvolti con molto entusiasmo.
Abbiamo realizzato una mostra che per precisione e bellezza dei modelli, chiarezza di contenuti e spettacolarità è andata ben oltre ogni aspettativa, di noi docenti e dei ragazzi. Abbiamo costruito in particolare un modello Terra/Luna /Sole inquadrando la Luna con una web-cam.

Uno studente cambiava la posizione della Luna e della Terra rispetto a una sorgente di luce che simulava il Sole

E la telecamera proiettava su una schermo le immagini delle diverse fasi lunari, mentre un altro studente spiegava

L’effetto è risultato notevole.

 

Guarda il Video sulle “Fasi della Luna”


 

 

 

La mostra è ora allestita a scuola e può essere visitata.

I ragazzi si sono sorpresi perché capaci di esporre i contenuti della mostra, spiegando i diversi passaggi concettuali con il supporto dei modelli: si sono rivelati in grado di interloquire con i visitatori, prevederne le domande, chiarirne le obiezioni; e alla fine si sono resi conto che il loro livello di comprensione era nettamente migliorato, proprio nello sforzo di comunicare con chiarezza.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La verifica

 

Nei giorni successivi alla «scuola aperta» ho proposto una verifica scritta in classe, molto simile a una già somministrata in precedenza con risultati piuttosto scoraggianti; ma questa seconda verifica ha dimostrato conquista di consapevolezza e dominio dei contenuti da parte di quasi tutti i ragazzi.
Infine ho chiesto un resoconto personale delle fasi della preparazione e della presentazione della mostra. Sono convinta infatti che tornare a riflettere su una esperienza di lavoro intellettuale e manuale, ripercorrendone le tappe in un «racconto», permette ai ragazzi di fissare quanto hanno appreso, ma è anche una significativa presa di consapevolezza di sé. Riporto come esempio la conclusione della relazione di Luca, uno studente della classe:
«La preparazione dell’open day è stata molto impegnativa, ma il risultato è stato un grande successo, coronato addirittura da un applauso di un gruppo di visitatori (che non erano i genitori né miei né del compagno che in quel momento mi affiancava). Personalmente, l’open day mi ha fatto scoprire che mi piace molto esporre agli altri le conoscenze da me acquisite e che il pubblico (tranne forse il primissimo momento) non mi intimidisce quando mi sento padrone dei contenuti».

 

 

 

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Anna Manara
(Insegnante di Scienze alla Scuola Secondaria di primo grado “San Tommaso Moro” di Milano –  L’attività descritta è stata eseguita nell’anno 2013-2014 con la classe terza C)

 

 

 

 

© Pubblicato sul n° 52 di Emmeciquadro

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