Tutto ciò che costituisce il mondo intorno a noi è bello da vedere, ma è ancora più bello da conoscere. È il caso delle rocce che incontriamo nella vita di ogni giorno, se abbiamo gli occhi spalancati sulla realtà. L’inizio fortunato del percorso didattico descritto in questo contributo è una visita guidata al sito archeologico in cui hanno vissuto i Camuni. Che ha suscitato domande sui materiali usati dall’uomo e sulle loro caratteristiche. Così, alle soglie dell’adolescenza, una attività che potrebbe sembrare solo di studio si trasforma in una avventura affascinante nel mondo della scienza, una occasione per imparare e praticare le azioni fondamentali del «fare scienza». Una sfida per chi sostiene che lo studio sistematico è noioso e ripetitivo, una dimostrazione che descrivere, confrontare, ordinare, classificare sono operazioni che mettono in moto la ragione. Una conquista di metodo che apre a percorsi di studio che si annunciano interessanti.
Lo spunto per realizzare il percorso descritto in questo contributo è stata l’uscita didattica in Valcamonica, effettuata nel mese di settembre 2013, al Museo e Riserva Naturale Incisioni Rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo.
Durante questa giornata i ragazzi hanno potuto osservare l’ambiente, le rocce su cui i Camuni incidevano e i mezzi utilizzati per tale attività.
Da qui è sorta una prima, generica, domanda: «Perché i Camuni hanno scelto questo luogo e perché proprio quel tipo di rocce?». Ecco alcune risposte dei ragazzi: perché erano lisce, erano facili da incidere ma nello stesso tempo resistenti nel tempo, erano grandi, si trovavano in una posizione precisa (per esempio rivolte a ponente), avevano una forma particolare.
Ma le domande si sono poi moltiplicate e diversificate. Come è possibile che i Camuni senza nessuno strumento scientifico potessero arrivare a scoprire le proprietà delle rocce? Cosa mette in atto l’uomo per conoscere la realtà che lo circonda? Qual è l’origine di una scoperta scientifica?
Questi interrogativi sono stati il punto di partenza del nostro percorso di apprendimento.
L’obiettivo didattico principale è stato quello di far ripercorrere ai ragazzi le stesse tappe che da sempre compie l’uomo, dall’antichità fino ai nostri giorni, per conoscere la realtà utilizzando mezzi semplici come i sensi o strumenti scientifici più sofisticati e precisi.
Il lavoro svolto è descritto di seguito seguendo le diverse fasi di realizzazione. E delinea un percorso di apprendimento in cui entrano in gioco i diversi atteggiamenti tipici dello scienziato e della ricerca scientifica. Così, come si vedrà alla fine, attraverso una attività concreta e adeguata alla capacità di comprensione dell’età, gli studenti hanno sperimentato in prima persona, e quindi «imparato» come si procede allo studio del mondo naturale con il metodo scientifico.
Prima fase. Osservazione e descrizione delle rocce
A ciascun alunno è stato chiesto di scegliere un sasso (tra quelli disponibili nel laboratorio scientifico della scuola), di osservarlo con attenzione e di descriverlo tenendo conto di queste caratteristiche: colore; trasparenza/opacità; superficie al tatto (liscia, ruvida, sabbiosa, tagliente, compatta, porosa …); forma; odore.
Per compiere tutte queste osservazioni i ragazzi hanno dovuto mettere in gioco i sensi del loro corpo (vista, tatto, olfatto …) e stabilire relazioni con esperienze o apprendimenti già acquisiti, per esempio nella rilevazione della forma geometrica.
Dopo aver descritto il proprio sasso, sia a parole che attraverso un disegno, è stato chiesto di ripercorrere le stesse tappe osservative utilizzando la lente di ingrandimento.
Dalla registrazione delle caratteristiche sul quaderno emerge chiaramente quanti particolari in più si possono «notare» utilizzando la lente di ingrandimento. E come questi possono essere rappresentati anche nel disegno.
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Per aumentare la quantità dei particolari visibili, in un secondo momento si è utilizzato il microscopio ottico. Questa scelta ha richiesto molto tempo sia perché è stata preceduta da un’introduzione sulle caratteristiche dello strumento, sia perché è stato necessario tornare più volte sull’osservazione per permettere ai ragazzi di cogliere quanti più particolari possibili.
Come al solito, l’attività svolta in laboratorio viene «raccontata» da ogni ragazzo sul proprio quaderno, per ripercorrere i passi del lavoro compiuto e per confermare, attraverso l’esposizione, quanto ognuno ha imparato.
Di seguito un esempio di relazione, che chiamiamo «per filo e per segno».
Le rocce al microscopio Oggi siamo andati in laboratorio per imparare a usare il microscopio per studiare le rocce. Ci siamo seduti davanti a un tavolo con sopra delle tovagliette. Un geologo ci ha spiegato che il microscopio è uno strumento che permette di vedere oggetti di dimensioni dell’ordine del micron. Ci ha spiegato che il micron è l’unità di misura di lunghezza che equivale a un millesimo di millimetro (0,001 mm). Poi ci ha fatto vedere il microscopio e ci ha illustrato le sue parti.
Poi la nostra insegnante ha distribuito le rocce e ha detto che dovevamo estrarne la polvere e posarla su un vetrino rettangolare che ci è stato dato. Dopo aver raccolto questa polvere siamo andati ad esaminarla al microscopio. Guardando nel microscopio la polvere è tutta un’altra cosa.
Abbiamo visto anche che ci sono svariati tipi di lenti, che ingrandiscono per esempio 40X, 10 X eccetera si distinguono perché hanno scritto sopra appunto il numero che corrisponde all’ingrandimento. 40X 10X |
Soprattutto tenendo conto che è stato svolto nella classe prima, all’inizio del percorso della secondaria, l’intero lavoro è stato molto utile per allenare i ragazzi a osservare la realtà in modo non superficiale e per lavorare sulla precisione di linguaggio attraverso le descrizioni e le relazioni «per filo e per segno».
Ogni relazione svolta in questa fase è stata valutata tenendo conto principalmente dei seguenti obiettivi formativi: saper ripercorre i passi del lavoro svolto; saper seguire le indicazioni di metodo; saper osservare e descrivere utilizzando strumenti diversi.
Seconda fase. Ipotesi e verifica
Attraverso l’attenta osservazione sono nate diverse domande. Perché il mio sasso pur essendo di dimensioni maggiori di quello del mio compagno è più leggero? Perché il mio sasso si rompe facilmente?
Per rispondere abbiamo chiesto ai ragazzi di prendere in considerazione tre tipi di caratteristiche e di formulare diverse ipotesi sulla loro presenza nel sasso oggetto di studio a partire dall’osservazione di alcuni particolari.
- Presenza di aria (a partire dall’osservazione sulla presenza o meno di pori o cavità)
- Durezza (a partire dall’osservazione sulla compattezza)
- Presenza di calcare (a partire da osservazioni sull’odore o la friabilità del sasso)
Dopo aver riportato per iscritto le diverse ipotesi, complete di motivazione, abbiamo proposto di verificarle utilizzando tre tipi di prove sperimentali riassunte nel riquadro seguente e successivamente documentate attraverso le relazioni sul quaderno.
Test presenza di aria: si immerge completamente il sasso in una bacinella piena d’acqua e si osserva l’eventuale fuoriuscita di bollicine d’aria.
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Terminato l’esperimento ciascun ragazzo doveva riportare sia il procedimento che i risultati compilando una «scheda esperimento» così composta: Titolo, Ipotesi, Cosa uso (elenco materiali usati), Cosa faccio (elenco fasi dell’esperimento), Cosa osservo (risultato esperimento), Disegno, Cosa capisco (discussione ipotesi ed eventuali conclusioni).
Riportiamo alcuni esempi di relazioni sugli esperimenti svolti, sottolineando anche come ogni ragazzo non abbia solamente «compilato» una scheda, ma la abbia ricreata secondo la propria personalità.
Presenza di aria nel sasso Ipotesi. Osservando il mio sasso penso che dall’interno usciranno pochissime bollicine
Cosa capisco. C’era pochissima aria nel sasso |
Durezza delle rocce Siamo andati in laboratorio per lavorare con le rocce. Prima di tutto le abbiamo osservate e si presentavano con una consistenza diversa: poco dura, dura, molto dura e durissima. Cosa osservo Disegno dell’esperimento
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Test della presenza di calcare nelle rocce Siamo andati in laboratorio per scoprire la presenza di calcare nelle rocce. Prima di tutto la prof ci ha chiesto come potevamo ipotizzare che ci fosse calcare nelle rocce …. È venuta fuori la questione della presenza di calcare nell’acqua e dei segni bianchi che lascia sui lavandini e sulle pentole. Allora abbiamo fatto l’ipotesi che c’è calcare nelle rocce in cui ci sono parti di colore bianco. Abbiamo provato a confermare con un esperimento e quasi tutte le nostre ipotesi si sono rivelate esatte. Cosa uso. Io ho detto dobbiamo trovare una sostanza che trasformi il calcare in modo visibile … esatto. Per questo la prof aveva portato il limone
Cosa faccio. Spremo una fetta di limone sopra le diverse rocce.
Cosa osservo. Si formano bollicine dove c’è calcare e non accade niente in quelle in cui non c’è.
Disegno dell’esperimento
Cosa capisco. Le bollicine che si formano spremendo il limone sulle parti bianche di una roccia vengono dalla trasformazione del calcare presente |
Anche in questa seconda fase ogni scheda esperimento è stata valutata tenendo conto dei seguenti obiettivi formativi: saper ripercorrere i passi del lavoro svolto attraverso l’uso di un linguaggio scientifico sempre più preciso; saper allestire un esperimento; saper compilare correttamente la «scheda esperimento».
Terza fase. Ordinare e confrontare
La terza fase del lavoro si è sviluppata a partire dall’ampia attività preliminare di raccolta dati complessiva prima sul singolo sasso studiato da ogni alunno e poi su tutti i sassi osservati e studiati dall’intero gruppo classe.
Per poter dare un ordine ai dati raccolti durante le osservazioni è stato chiesto ai ragazzi di servirsi di tabelle di diverso tipo scelte a loro piacimento.
Ecco la tabella costruita dall’alunno n. 13 per la sua roccia (il numero d’ordine dei sassi corrisponde al numero d’ordine degli alunni).
E la tabella che confronta i dati raccolti da alcuni alunni:
E infine la tabella che raccoglie i dati di tutti gli alunni della classe (i numeri progressivi delle rocce coincidono con il numero progressivo dei ragazzi sul registro) in cui abbiamo riordinato tutti i dati raccolti fino a quel momento sia dagli esperimenti (aria, calcare e durezza) che dalle osservazioni iniziali a occhio nudo, con lente e microscopio (trasparenza, peso, forma, superficie al tatto, odore).
Dopo aver ordinato i dati, si è potuto passare alla fase successiva di confronto che ha portato a mettere in relazione diverse caratteristiche e a fare dei primi raggruppamenti.
Quarta fase. Distinguo e classifico
La prima distinzione proposta è stata quella tra minerale e roccia.
Per compiere tale classificazione è stata fornita una semplice ed essenziale definizione di minerale e di roccia e successivamente si è tentato di capire insieme quali osservazioni o dati si potevano utilizzare per scoprire a quale gruppo apparteneva ciascun sasso.
Le caratteristiche individuate come significative per riconoscere un minerale sono stati: la forma (il minerale presenta generalmente una forma geometrica); il colore (brillanti e vivaci per i minerali, più sulla tonalità del grigio e del marrone per le rocce); la trasparenza e la lucentezza (caratteristica propria di alcuni minerali); la durezza.
A questo punto è stato chiesto a ciascun ragazzo di provare a classificare il proprio sasso elencando le caratteristiche peculiari.
Riconoscere rocce e minerali
Come riconoscere un minerale
Il mio sasso ha delle parti che assomigliano al sasso scheelite e al sasso axinite Per me non è un minerale visto che con la lente vedo che ha buchi, non tutte le parti sono allo stesso modo e al centro ha dei cristalli. |
La seconda distinzione è stata fatta in base al luogo di origine: distinguendo così i sassi in endogeni o esogeni. Per compiere tale classificazione è stata molto utile, in alcuni casi, l’indagine iniziale sull’odore. Per i molti sassi dove non è stato possibile risalire al luogo di provenienza sono state fatte semplici ipotesi.
La terza distinzione è stata fatta sulla base del processo di formazione classificando le rocce in:
rocce magmatiche o ignee: generate per il raffreddamento del magma. Se il raffreddamento è lento si chiamano intrusive. Questo processo favorisce la formazione di minerali. Se il raffreddamento è veloce si chiamano effusive.
rocce sedimentarie: generate per sedimentazione di detriti non organici od organici e sali minerali consolidati dalla continua deposizione di una sostanza cementante.
rocce metamorfiche: rocce magmatiche o sedimentarie che si sono trasformate in condizioni di alta temperatura e pressione.
Per compiere tale classificazione è stato necessario considerare tutti i dati raccolti.
Quinta e ultima fase. Finalmente il nome
Il percorso si è concluso con la ricerca del nome di ciascun sasso aiutandosi con libri o ricerche in Internet. Quest’ultima consegna è stata molto coinvolgente per i ragazzi, ciascuno voleva sapere al termine di questo lungo lavoro, che sasso aveva avuto tra le mani! Ogni alunno ha scoperto quanto sia insito nell’uomo il desiderio di conoscere e di dare un nome alle cose! Il percorso infatti è stato un crescendo di interesse: più particolari scoprivano, più capivano che l’oggetto all’inizio apparentemente insignificante diventava prezioso.
Vincente è stata la scelta di assegnare a ciascun ragazzo un sasso diverso di cui noi insegnanti non conoscevamo a priori le caratteristiche…è stata una vera scoperta raggiunta utilizzando rigorosamente il metodo scientifico.
Al termine del percorso sono state fatte interrogazioni scritte e orali dove ciascun ragazzo di fronte a un sasso nuovo doveva, mettendo in atto il metodo e le conoscenze acquisite, arrivare a classificare e riconoscere lo stesso attribuendone un nome.
Osservazione e descrizione
Test aria Test calcare Dire se è roccia o minerale Classificazione motivata Disegno su foglio bianco |
Le tappe principali di questo lavoro sono state presentate dai ragazzi all’open day (vedi www.smpaolovi.org) raccogliendo tanti complimenti anche da esperti del settore (geologi e paleontologi).
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Emanuela Occhipinti, Ada Borello
(Insegnanti di Matematica e Scienze presso la scuola secondaria di primo grado “Paolo VI”, Rho. L’attività descritta è stata svolta nelle classi prima B e prima C nell’anno scolastico 2013-2014 ed è stata discussa nel Gruppo di Ricerca Educare Insegnando, promosso dalla Associazione Il Rischio Educativo – Milano)
© Pubblicato sul n° 52 di Emmeciquadro