Il racconto di un percorso sul mondo vegetale, svolto proprio all’inizio del cammino scolastico, si snoda con chiarezza ed essenzialità seguendo i ritmi dettati dalle stagioni. I punti forti del lavoro, articolato secondo i criteri discussi più volte al gruppo di ricerca Educare insegnando e documentati con numerosi esempi pubblicati su questa rivista, si sono dimostrati fruttuosi.
Osservare, descrivere verbalmente o rappresentare con disegni (visto che siamo in una classe prima), dare un nome alle parti della pianta, misurare sono solo alcune delle azioni tipiche del ricercatore che vengono messe in gioco in un lavoro di «scienze». Con un occhio costante agli avvenimenti quotidiani (per esempio una nevicata) che sono spunto per ulteriori importanti approfondimenti. E un esperimento: usare il seme raccolto sul campo per far crescere una nuova pianta di quercia.
Un racconto quindi pieno di suggestioni e documentato con le immagini dei quaderni dei bambini su cui sono stati registrati i passi compiuti verso l’acquisizione sicura di un metodo per entrare in rapporto con il mondo della natura.
Quest’anno ho lavorato in una classe prima. La proposta dei primi giorni di scuola aveva un tema principale: I colori.
Ho pensato che anche per il lavoro di scienze, il tema dei colori poteva essere interessante: la natura in generale, gli alberi in particolare ci offrono la possibilità di osservare una grande quantità di colori e sfumature, soprattutto se li si osserva nel variare delle stagioni.
Così nelle prime settimane di scuola siamo andati a fare una breve passeggiata nel parco vicino alla scuola, con l’obiettivo preciso di osservare i colori degli alberi: che grande scoperta notare che ogni albero era caratterizzato da un verde diverso e che anche le singole foglie non erano semplicemente verdi, ma almeno di due verdi diversi a seconda della parte in cui si guardava.
Quel giorno abbiamo preso un’importante decisione, abbiamo scelto l’albero che più ci aveva colpito e lo abbiamo «adottato»: così la grande quercia del parco è diventata la «nostra quercia»!
Osservare tutto
Un paio di settimane più tardi siamo tornati al parco, portandoci fogli e matite colorate.
Prima ci siamo avvicinati alla nostra quercia per vederla da vicino (abbiamo denominato le diverse parti), per toccarla (abbiamo provato ad abbracciare il tronco, accorgendoci che nessuno di noi riusciva ad abbracciarlo per intero e accorgendoci del morbido muschio che lo ricopriva), per annusare l’odore dell’umidità del parco (piccolo avvio all’uso dei cinque sensi), per raccogliere i suoi frutti caduti per terra (abbiamo imparato che si chiamano ghiande).
Osservare e rappresentare
Questo primo lavoro ha coinvolto anche la disciplina di «arte e immagine», perché abbiamo riprodotto la quercia in grande su un cartellone, facendo la corteccia con della carta crespa per riprodurre le sue qualità e riproducendo le foglie con la stessa forma di quelle «vere» viste al parco.
Guardare, toccare, sperimentare
Guardando all’interno, abbiamo scoperto il seme.
Così, abbiamo deciso di provare a sotterrare una ghianda con la speranza di veder nascere una nuova quercia.
Osservare in autunno
Ma, soprattutto, ci siamo chiesti il perché di tali cambiamenti.
Raccogliere dati: cambiano le condizioni ambientali
È stato immediato far notare ai bambini che il loro abbigliamento era diverso da quello della volta precedente a causa dell’abbassamento della temperatura e che allo stesso modo la quercia, cambiando il colore delle foglie e facendole cadere, stava affrontando le nuove condizioni meteorologiche.
In più, in quel periodo stavamo compilando il calendario di classe con il tempo e la temperatura: anche questo è stato un valido strumento per accorgerci dei cambiamenti stagionali.
Una quercia nuova
Viventi e non viventi
Curare la piantina mi ha permesso di definire insieme ai bambini le caratteristiche di un vivente, potendo poi dedurre con molta immediatezza ciò che non è vivente. Ne è derivato un lavoro sul quaderno che ha approfondito questo argomento.
La quercia in inverno
Neve che, una volta arrivati in classe con le foglie raccolte, si è sciolta.
Non potevo perdere l’occasione per denominare e schematizzare con i bambini alcuni stati dell’acqua con le loro trasformazioni!
Per esempio, quando le foglie si sono asciugate perché l’acqua (neve fusa per il calore ambientale) è evaporata, ho chiesto loro in quali situazioni avevano già conosciuto il vapore ed è stato proprio interessante accorgermi che avevano ben chiaro di cosa si trattava: hanno parlato del vapore quando bolle l’acqua della pasta, quello del ferro da stiro della mamma, eccetera.
La quercia in primavera
Con l’avanzare della primavera poi, hanno potuto constatare che tali foglie sono diventate quelle grandi e verdi che loro ricordavano di aver osservato alla fine dell’estate.
Il nostro lavoro si è concluso, proprio osservando che la «nostra quercia» aveva di nuovo l’aspetto di quando l’avevamo «incontrata» a metà settembre: abbiamo cioè capito che una pianta «caducifoglie» è caratterizzata da «cambiamenti ciclici» e a tal fine abbiamo finito il quaderno con le immagini reali (fotografie) della quercia nelle quattro stagioni.
La nostra quercia
Negli ultimi giorni di scuola abbiamo organizzato un grande pic-nic sotto la nostra quercia, per festeggiare la fine dell’anno e per rilassarci sotto la sua enorme ombra!
Un’ultima osservazione che non mi sembra secondaria: ho intitolato questo lavoro Adottiamo una quercia perché per i miei alunni quell’albero è davvero diventato loro e questo «attaccamento» ha permesso anche una particolare passione e curiosità nello studio che non mi sembrano guadagni da poco.
Senza sottolineare il fatto che, in occasione di passeggiate in bicicletta con i loro genitori, i bambini chiedevano di andare in quel parco per trovare il loro caro albero.
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Simona Bardessaghi
(Insegnante presso la Scuola Primaria Statale “Giuseppe Ungaretti” a Melzo. L’attività descritta è stata svolta nella classe prima C nell’anno scolastico 2012/2013 ed è stata discussa nell’ambito del Gruppo di Ricerca “Educare Insegnando” promosso dalla Associazione “Il rischio educativo”)
© Pubblicato sul n° 53 di Emmeciquadro