Le neuroscienze: un campo di ricerca di grande attualità in cui molti scienziati si mettono alla prova, elaborando posizioni teoriche molto complesse e articolate, e anche molto diverse (vedi per esempio: Le nuove frontiere delle neuroscienzecon l’intervista a Mauro Ceroni pubblicata sul n° 50 di questa Rivista). Temi che è piuttosto arduo sviluppare compiutamente nella scuola secondaria di secondo grado, ma su cui è opportuno dare alcune informazioni di base per mettere in grado gli studenti di accostarsi alle problematiche legate al funzionamento del cervello anche in percorsi post scolastici.
L’autore, già noto ai lettori di questa rivista, ha scelto di «isolare» il tema della memoria non solo per stimolare l’interesse negli studenti, spesso alle prese con la memorizzazione di contenuti e concetti, ma anche per progettare una trattazione adeguata all’età e alla capacità di comprensione. Il tema si è sviluppato a diversi livelli, da quello storico-filosofico (le prime teorie sulla memoria) a quello scientifico (le prime scoperte sulla struttura cellulare del cervello, mettendo a confronto Camillo Golgi e Ramón y Cajal – premi Nobel 1906) a quello sperimentale (eseguendo in classe alcune semplici osservazioni sulle condizioni che favoriscono la memorizzazione).
Dal desiderio di portare elementi di innovazione nella didattica della biologia è nato anche il percorso che racconto in questo contributo, un approccio alle neuroscienze mirato al tema della memoria, che ha visto l’interazione tra diverse componenti: il lavoro didattico tradizionale, sui contenuti anatomici e fisiologici del cervello, approfondimenti attraverso letture di saggi e l’uso di risorse sul territorio come, per esempio, la mostra Brain – Il mondo in testa visitata presso il WOW Science center di Genova e infine la realizzazione di esperimenti volti a verificare alcune condizioni che facilitano il ricordo.
Dalla lettura scientifica al percorso didattico
Come ho già proposto in contributi precedenti, per tenere vivo nei miei studenti il gusto all’apprendimento e la curiosità nei confronti dell’indagine biologica non mi interessa ripetere percorsi ideati in ambito accademico, ma inventare, nella situazione in cui opero, attività che siano reali occasioni di consolidamento del lavoro scolastico e promuovano la crescita culturale.
L’idea di costruire questo percorso didattico è nata dalla lettura del libro Il telaio della memoria, del biologo spagnolo Juan Carlos López, in cui l’autore cerca di rispondere ai più importanti quesiti in materia attraverso una riflessione che segue le tappe dell’evoluzione della ricerca scientifica nel campo della memoria (con riferimento anche alle filosofiche antiche). Come funziona la memoria? Perché non ricordiamo tutte le informazioni allo stesso modo? Da che cosa dipende la qualità della nostra memoria? Sembrerebbero tematiche riservate agli esperti accademici, invece coinvolgono in prima persona il docente di scuola superiore, in particolare per comunicarli in modo adeguato alle situazioni particolari.
In questo caso, il percorso didattico ha coinvolto studenti di classi terze e quarte liceo scientifico che avevano acquisito conoscenze fondamentali di anatomia e fisiologia del sistema nervoso ed i meccanismi chimico fisici della sinapsi. Ma questo percorso, che ho realizzato in diverse classi liceali da alcuni anni, richiede notevole flessibilità procedurale: diverso infatti il livello di riflessione, l’analisi dei testi, la rielaborazione informatica, la cooperazione tra gli studenti.
L’esecuzione in classe di semplici esperimenti ha aiutato a riconoscere alcune modalità di funzionamento della memoria e si è rivelata utile soprattutto per gli studenti che ritengono di avere scarse capacità mnemoniche. Ogni tappa del percorso è stata accompagnata da ricerche di testi e di approfondimenti in rete e dalla «comunicazione» dei risultati su diapositive, con una sintesi dei concetti chiave in lingua inglese, come nell’esempio sotto riportato.
L’importanza della memoria: dalla filosofia alla scienza
L’importanza dell’abilità a ricordare viene spesso trascurata dagli studenti e in alcuni casi anche dalla scuola. Allora, il primo passo per stimolare la curiosità sull’argomento è stato riflettere sull’importanza della memoria nella vita pratica, oltre che nell’apprendimento.
Abbiamo letto insieme, e commentato per iscritto, un testo che sottolinea l’importanza della memorizzazione nell’apprendimento delle discipline scientifiche: «Indipendentemente dalla specie di cui si parli, o di quale aspetto della vita mentale stiamo studiando, la capacità di imparare comincia insieme alla capacità di ricordare. Un organismo può imparare dall’esperienza solo se può ricablare il proprio sistema nervoso in modo durevole: non ci può essere alcun potenziamento senza memoria.» (da Gary Marcus, La nascita della mente, Codice Edizioni, Torino 2004).
Il percorso storico-filosofico e le teorie della memoria
L’approccio storico-filosofico, significativo anche per avviare collaborazioni con docenti di storia e filosofia, segue le tappe che hanno portato alla definizione del concetto di memoria. Le molte e diverse idee che si incontrano lungo il percorso mostrano quanto esso sia stato difficile. Dalle ipotesi dei filosofi dell’antica Grecia (Socrate, Platone e Aristotele), alle curiose idee di alcuni studiosi del Rinascimento, fino alla teoria associazionista dello psicologo tedesco Hermann Ebbinghaus (1850-1909), precursore degli studi sperimentali sulla memoria.
Per esempio, la concezione aristotelica di memoria è il fondamento di tutta la mnemonica successiva, che trova sulla sua strada anche il leggendario scopritore di alcune tecniche sulla memoria, il lirico greco Simonide di Ceo (556-468 a.C.).
A lui venne attribuita l’invenzione del «metodo della posizione» (fissare alcuni punti di riferimento visivi nello spazio) grazie al quale aveva potuto identificare alcune persone decedute durante un tragico evento solo in base a coordinate memorizzate. Anche Cicerone spiegava il processo di memorizzazione: sosteneva che le imagines, figure familiari a cui è possibile associare concetti di meno facile comprensione (leggi, norme, argomentazioni), erano custodite in loci ben distribuiti in tutta la mente.
Le origini della ricerca scientifica sulla memoria
Per quanto riguarda la ricerca scientifica, nel lavoro scolastico non ho sviluppato il dibattito attuale sulla «localizzazione» della memoria, che coinvolge studi avanzati e con prese di posizione non univoche; invece, ho voluto approfondire le figure e le ricerche di due famosi scienziati (Camillo Golgi e Santiago Ramón y Cajal) che, sul finire del XIX secolo, cominciarono a studiare la struttura cellulare del cervello, ponendo le basi per molte delle scoperte successive sulla trasmissione nervosa.
[A fianco: a sinistra, Camillo Golgi (1843-1926); a destra, Santiago Ramón y Cajal (1852-1934)]
Nel 1906 il premio Nobel per la medicina e la fisiologia fu assegnato congiuntamente allo scienziato spagnolo e a quello italiano “in recognition of their work on the structure of the nervous system“.
Partendo dalla lettura di alcuni testi sulla vita di Camillo Golgi, si è avviato un confronto comparato tra le attività sperimentali dei due ricercatori e anche tra la teoria reticolare di Golgi e la teoria del neurone di Ramón y Cajal.
D’altra parte, per renderci conto dei grandi passi compiuti nella ricerca scientifica, abbiamo visto con quali tecniche oggi si riesce a studiare l’attività del cervello in particolare a livello della corteccia (vedi diapositiva sotto riportata).
Quale memoria, quali strutture
È esperienza comune che si può ricordare un indirizzo, o un numero telefonico, per il tempo strettamente necessario al suo utilizzo, oppure si può ricordare anche dopo molti anni una poesia imparata. Una memoria o tante memorie? Per orientarsi occorre evidenziare la differenza tra memoria implicita ed esplicita e memoria a breve e lungo termine (vedi diapositiva seguente).
Quali strutture cerebrali partecipano in modo specifico alla fissazione del ricordo? Dove sono localizzate? Quali sono le tecniche di indagine del cervello? Perché si parla di plasticità sinaptica?
Queste, e molte altre domande sono nate nel lavoro, perciò ho guidato gli studenti a cercare informazioni sulle strutture e sulle molecole connesse alla memoria. In particolare per capire che cos’è l’acetilcolina e qual è il suo ruolo nel consolidamento della memoria.
Come lettura impegnativa ho proposto alcuni brani di Eric Kandel (premio Nobel 2000 insieme a Arvid Carlsson e Paul Greengard “for their discoveries concerning signal transduction in the nervous system“) tratti da Princìpi di neuroscienze, CEA, Milano 1994 e Alla ricerca della memoria. La storia di una nuova scienza della mente, Codice Edizioni, Torino 2007.
Un articolo di Cesare Peccarisi Ci vuole naso per avere memoria, ha aperto una finestra sui neuroni a stella e sulle condizioni che favoriscono la fissazione del ricordo (vedi riquadro successivo).
Per ricordare meglio Olfatto Emozioni Osservazione Associazioni |
Esperimenti di memorizzazione in classe
Progettati insieme agli studenti, sono stati effettuati alcuni semplici esperimenti per verificare le condizioni che facilitano la memorizzazione di alcune parole (nel primo esempio di carattere umanistico, nel secondo di carattere scientifico).
Abbiamo dimostrato che questo compito viene semplificato con l’utilizzo di collegamenti, anche buffi o inverosimili, tra i diversi termini perché situazioni del genere suscitano il nostro interesse e le nostre emozioni, facilitando quindi l’apprendimento.
Primo esperimento Associare e porre in sequenza parole del lessico ordinario |
Secondo esperimento Associare e porre in sequenza parole del lessico scientifico |
A conclusione del percorso ho promosso una riflessione sull’importanza della formazione (anche scientifica), a partire da un libro autobiografico di Emilio Brizzi, Idee per diventare neuroscienziato (vedi indicazioni bibliografiche): «Nel proprio percorso la cosa principale da fare è costruirsi delle buone basi, studiando innanzi tutto la matematica e la fisica. Quando un giovane ricercatore ha acquisito una solida formazione in matematica e fisica, è in grado di trattare i dati, di qualunque tipo essi siano; è in grado di fare calcoli, qualunque siano le sue esigenze. Potrà studiare e fare ricerche in chimica, biologia molecolare, oncologia o elettrofisiologia. La buona preparazione matematico-fisica è quindi imprescindibile per diventare uno scienziato moderno».
Al di là dei risultati che ognuno sarà in grado di ottenere, consigli da considerare per il futuro.
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Marina Minoli (Biologa dell’Ordine Nazionale, specializzata in Didattica delle scienze e in Comunicazione scientifica, è docente di ruolo di Scienze Naturali, chimica e geografia presso il liceo scientifico “G. Marconi” di Chiavari) Indicazioni bibliografiche
- E. Brizzi, Idee per diventare neuroscienziato, Zanichelli, Bologna 2007.
- G. Rizzolati e L. Vozza, Nella mente degli altri, Zanichelli, Bologna 2008.
- D. Ruelle, La mente matematica, Dedalo, Bari 2007.
- G. Marcus, La nascita della mente, Codice Edizioni, Torino 2004.
- P. Mazzarello, La biografia di Camillo Golgi: la vita del genio dell’osservazione
- M. Minoli (a cura di), Quaderno di Biologia Neuroscienze 2010, Linx Editore.
- M. Minoli, Da cellule matricola a laureate, in Le Scienze, marzo 2001.
- M. Minoli, Meglio imparare le lingue da giovani, in Mente e cervello, maggio 2003.
© Pubblicato sul
n° 53 di Emmeciquadro