Le Indicazioni nazionali non sono «programmi» rigidi, ma un’indicazione di contenuti che lasciano al docente il compito di costruire un percorso: «Alla professionalità del docente si deve intendere affidata la responsabilità di declinare in modo coerente alla tipologia del Liceo in cui opera, i percorsi di cui si sono indicate le tappe concettuali essenziali». Questo compito non è sempre facile anche per i limiti di orario che in alcuni casi, come quello della Fisica nei Licei Umanistici, rendono problematico realizzare la ricchezza di tematiche e obiettivi delle Indicazioni. L’autore propone un percorso, che da anni sperimenta con successo nel Liceo Classico in cui insegna, ma che può dare utili suggerimenti anche a chi opera in uno degli altri Licei Umanistici.
Le Indicazioni Nazionali, descrivendo le competenze attese al termine del percorso dell’insegnamento della Fisica al Liceo classico, recitano:
«Al termine del percorso liceale lo studente avrà appreso i concetti fondamentali della Fisica, acquisendo consapevolezza del valore culturale della disciplina e della sua evoluzione storica ed epistemologica. In particolare, lo studente avrà acquisito le seguenti competenze: osservare e identificare fenomeni; affrontare e risolvere semplici problemi di Fisica usando gli strumenti matematici adeguati al suo percorso didattico; avere consapevolezza dei vari aspetti del metodo sperimentale, dove l’esperimento è inteso come interrogazione ragionata dei fenomeni naturali, analisi critica dei dati e dell’affidabilità di un processo di misura, costruzione e/o validazione di modelli; comprendere e valutare le scelte scientifiche e tecnologiche che interessano la società in cui vive.»1
In coerenza con il Profilo educativo culturale dello studente ricordato proprio nel testo richiamato – concordemente con le Raccomandazioni di Lisbona per l’apprendimento permanente e il Regolamento sull’obbligo di istruzione – alla formazione di tale profilo concorrono «tutti gli aspetti del lavoro scolastico: lo studio delle discipline in una prospettiva sistematica, storica e critica; la pratica dei metodi di indagine propri dei diversi ambiti disciplinari […] l’uso costante del laboratorio per l’insegnamento delle discipline scientifiche; la pratica dell’argomentazione e del confronto; […]»2
In queste affermazioni si può leggere la giusta preoccupazione del legislatore che l’insegnamento della Fisica e in generale delle scienze sia l’occasione per gli studenti di incontrare il corrispondente metodo di indagine nella sua integralità, in un contesto ricco di significato e di unitarietà con le altre attività umane.
Tutto questo sembra però in contraddizione con lo spazio dedicato alle materie scientifiche nel curricolo di uno studente del Liceo classico: per esempio l’insegnamento della Fisica si svolge solo negli anni del secondo biennio e nel quinto anno, con due ore settimanali.
Sicuramente questa riforma, nella considerazione delle materie scientifiche, compie un piccolo passo avanti rispetto alla situazione precedente, dove l’insegnamento della Fisica era relegato agli ultimi due anni, quarto (due ore) e quinto (tre ore). Tuttavia ritengo lecito porre la domanda su come sia possibile, in questa situazione, realizzare, senza ridurre, gli obiettivi proposti dai redattori delle Indicazioni Nazionali.
La prima perplessità nasce dalla richiesta, con un quadro orario così ridotto, di dare spazio all’«approccio sperimentale».
La seconda nasce dalla difficoltà di creare un percorso organico e di tenere il filo del discorso con continuità. È noto a chiunque abbia fatto esperienza di insegnamento, che con due ore settimanali, magari non disposte in modo felice durante la settimana, questo è molto difficile.
Un percorso organico ed essenziale
Per cercare di non tradire la dimensione integrale dell’attività scientifica ritengo che sia importante che l’insegnante sia consapevole del valore e della portata culturale del suo insegnamento e che sappia trasmettere questa consapevolezza anche agli studenti. Questo vale più di tutti gli escamotage e di tutti i supporti didattici che, come gadget, stanno invadendo le scuole.
Sarà quindi utile creare dei percorsi organici ed essenziali, incentrati su nodi concettuali o su domande guida intorno alle quali sviluppare il discorso in cui i vari argomenti trattati acquistino il loro peso e significato.3
Non ultima va ricordata l’importanza di creare una trama di rapporti all’interno della scuola che renda possibile la collaborazione e il confronto con gli insegnanti di Scienze e di Matematica e di saper scegliere, nel vasto mondo editoriale, testi che siano impostati secondo i criteri suggeriti dagli O.S.A..
Il percorso che presento vuole quindi essere una esemplificazione nella consapevolezza della sua parzialità e del fatto che esso nasce all’interno del contesto in cui attualmente lavoro e che non è detto sia valido in altre situazioni.
In una visione integrale e sintetica dell’attività scientifica che propongo, tengo presente in particolare nel primo anno la dimensione sperimentale, nel secondo la dimensione storica e nel terzo, che rappresenta il punto di sintesi degli studi liceali, la costruzione concettuale.
Primo anno del secondo biennio
All’inizio del percorso i concetti di grandezza e di misura, il Sistema Internazionale e la notazione scientifica andranno sicuramente richiamati e ripresi dal corso di Scienze del primo biennio. In particolare, mi sembra importante ribadire il concetto di misura facendo eseguire agli studenti una misura diretta che può essere per esempio quella del periodo del pendolo, o del tempo di soluzione delle zollette di zucchero in acqua. In questo modo verranno ripresi concetti di valore medio e di incertezza che erano già stati incontrati nel primo biennio con lo studio della statistica.
Per introdurre le grandezze vettoriali si farà uso dei vettori spostamento e forza. A questo proposito, l’esecuzione di prove di verifica della legge del parallelogramma con un sistema di corde, carrucole e pesini offrirà un utile spunto per far riflettere gli studenti sulla differenza tra le leggi di composizione tra grandezze scalari e quelle tra grandezze vettoriali.
Percorso relativo alla meccanica
Fatta salva la parte introduttiva sui concetti di misura e di grandezze scalari e vettoriali, gli argomenti sono scelti in vista dell’obiettivo finale, coronamento di tutto lo sforzo teorico e concettuale della meccanica, cioè del problema cosmologico e della legge della gravitazione universale e sono i seguenti: concetti fondamentali per la descrizione del moto e moti rettilinei; introduzione al concetto di forza e descrizione dinamica dei moti rettilinei; principio di inerzia e principio di composizione dei movimenti; terza legge della dinamica, urti e principio di conservazione della quantità di moto; moto circolare da un punto di vista cinematico e dinamico; problema cosmologico e legge della gravitazione universale.
Impostazione dell’attività sperimentale
Ai fini del raggiungimento della competenza «avere consapevolezza dei vari aspetti del metodo sperimentale» [O.S.A., p. 219] è importante che l’attività svolta in laboratorio miri ad introdurre gli studenti alla dimensione sperimentale.
A tale scopo, prima di eseguire un esperimento, è necessario presentarne il contesto teorico, descrivere il procedimento di misura e l’apparato sperimentale.
Dopo l’esecuzione dell’esperimento da parte degli studenti suddivisi in gruppi o dall’insegnante, gli studenti dovranno stilare una relazione individuale, anche se il lavoro è stato svolto in gruppo. Questa non viene costruita a partire da schede prestampate, ma a partire da una scaletta di domande guida con cui gli studenti sono invitati a riflettere sulle misure eseguite, su quanto osservato, eccetera. In seguito queste relazioni vengono discusse in classe. La verifica, in questo caso, mira all’accertamento dell’avvenuta comprensione da parte dello studente del proprio operato e contiene quindi domande sull’apparato sperimentale e sulla modalità con cui è stato eseguito l’esperimento; lo studente dovrà mostrare di padroneggiare gli strumenti propri del linguaggio di cui si serve la Fisica: tabelle, grafici, funzioni eccetera.
Questa modalità di lavoro può essere utilizzata nel primo anno per lo studio dei moti rettilinei affrontati sia da un punto di vista cinematico, sia da un punto di vista dinamico, per esempio con l’esperimento di Fletcher, per verificare le leggi della dinamica e approfondire il concetto di massa inerziale.
Infine con lo studio degli urti, con l’esperimento dell’urto elastico di due carrelli su una rotaia orizzontale, è possibile approfondire il significato di sistema dinamicamente isolato.
Non tutti gli argomenti vanno proposti per via sperimentale (non è necessario oltre che non sempre possibile), ma ritengo che almeno un esperimento per quadrimestre possa essere utilmente presentato. In questo caso sarà opportuno scegliere un esperimento sintetico che coinvolga diverse parti toccate nel programma, come per esempio lo studio da un punto di vista dinamico e cinematico del moto di un carrello su un piano inclinato.
L’uso del laboratorio per svolgere gli esperimenti non va confuso con la generica espressione «attività laboratoriale» che include anche l’utilizzo di filmati o di simulazioni didattiche; questi sono sicuramente strumenti utili per la comprensione delle leggi, ma certamente non portano lo studente ad «avere consapevolezza dei vari aspetti del metodo sperimentale».4
Nei filmati per esempio si può osservare un esperimento, ma nulla viene detto di come l’apparato sperimentale è stato pensato o di come si sia isolato il fenomeno che si vuole osservare e nelle simulazioni sono presenti solo i parametri introdotti dal programmatore.
Secondo anno del secondo biennio
Per il secondo anno, i temi sono: la conservazione dell’energia; i fenomeni ondulatori, quest’ultimo propedeutico al terzo tema, quello della natura della luce.
Conservazione dell’energia
Gli argomenti affrontati sono: il principio della conservazione della energia meccanica; calore e temperatura; conservazione e conversione dell’energia.
L’ energia è una grandezza fisica piuttosto astratta la cui definizione ha subito una evoluzione lenta e non sempre lineare. Pertanto ritengo conveniente creare un percorso che parte dall’introduzione dei concetti di lavoro e potenza che portano all’enunciato della conservazione dell’energia meccanica di cui si evidenzia l’ambito di validità.
[Statua di James Prescott Joule (1818-1889) alla Manchester Town Hall]
Dalla constatazione della presenza di «calore», in corrispondenza dell’azione di forze d’attrito, si introduce l’ipotesi dell’esistenza di una energia termica e di una forma più generale del principio di conservazione dell’energia.
Le domande guida saranno, in questa fase, quelle sulla natura della temperatura e del calore La risposta porterà alla interpretazione di queste due grandezze mediante il modello microscopico del gas ideale di Clausius. Una volta chiariti questi due concetti, è possibile, descrivendo l’esperimento storico di Joule, giungere all’equivalenza tra la caloria e il Joule e quindi scrivere il primo principio della termodinamica che viene letto come la generalizzazione del principio di conservazione dell’energia.
Dall’osservazione che in tale bilancio energetico, nella realtà non si possono sostituire valori qualsiasi del calore e del lavoro, si passa al problema della conversione del calore in lavoro.
Questo argomento viene sviluppato a partire dalla presentazione delle prime macchine termiche e, attraverso la riflessione di Carnot sul loro funzionamento, si arriva a formulare gli enunciati del secondo principio della termodinamica. Il concetto di degradazione di energia infine può essere introdotto per arrivare alla definizione dell’entropia.
Al termine di questo percorso può essere utile far costruire agli studenti una tavola cronologica in cui siano presenti gli avvenimenti più significativi negli ambiti teorico, tecnologico e sperimentale. Questo quadro cronologico può inoltre offrire lo spunto per riflettere sul rapporto tra scienza e tecnologia.
Gli esperimenti che possono essere eseguiti sono: misure di temperatura durante il raffreddamento di un bicchiere di acqua calda a temperatura ambiente, misura del calore specifico di un solido con il calorimetro delle mescolanze, misure di pressione e volume dell’aria in una siringa di plastica.
Fenomeni ondulatori
In questo caso il punto di raccordo è il concetto di modello che si presta a descrivere più fenomeni presenti in natura.
Il percorso parte dallo studio del moto armonico considerato dal punto di vista cinematico, dinamico ed energetico: lo studio del moto di una massa appesa a una molla tramite un sistema di acquisizione e la discussione in classe dei risultati è un modo molto efficace per affrontare questo argomento. Il concetto di onda può essere introdotto da una riflessione sull’osservazione della propagazione di impulsi in corde e molle; questi fenomeni, per quanto semplici, per essere descritti richiedono la conoscenza delle grandezze fisiche coinvolte nel fenomeno e l’acquisizione di un linguaggio matematico appropriato.
Per trattare i fenomeni caratteristici delle onde un valido aiuto può essere fornito dall’ondoscopio con cui è possibile visualizzare i fenomeni di riflessione, rifrazione, interferenza e diffrazione nel caso di onde superficiali.
La conoscenza del comportamento delle onde può essere utilizzata per spiegare alcuni fenomeni come la produzione di onde stazionarie su corde vibranti o fenomeni caratteristici del suono come i battimenti o la risonanza, che sono facilmente realizzabili con dei diapason.
La natura della luce
Questo tema si presta bene per sviluppare un percorso che si basi sull’osservazione dei fenomeni e può essere trattato secondo un taglio storico che segua l’evoluzione del dibattito che si aprì nel 1600 sulla natura della luce.
Partendo dall’osservazione dei fenomeni di propagazione, riflessione e rifrazione della luce e dalla descrizione mediante il modello del raggio luminoso, si confrontano le due ipotesi sulla sua natura: corpuscolare e ondulatoria.
In seguito, con l’osservazione dei fenomeni dell’interferenza e della diffrazione della luce, si arriva all’affermazione del modello ondulatorio e si introduce la domanda di quale tipo di onda sia la luce e quindi si pone il problema del mezzo di propagazione. Per le dimensioni delle grandezze in gioco, e la natura dell’esperimento, potrebbe essere significativo eseguire la misura della lunghezza d’onda.
Quinto anno
Per il quinto anno gli O.S.A. chiedono di affrontare il tema dell’elettromagnetismo e auspicano si realizzino uno o più percorsi di Fisica del XX secolo.
Percorso relativo all’Elettromagnetismo
[A destra: Hans Christian Oersted (1777-1851)]
Gli argomenti vengono affrontati con la prospettiva della sintesi formale dell’elettromagnetismo; i contenuti e nodi concettuali sono in sintesi: dal modello newtoniano di interazione a distanza che si instaura istantaneamente al modello di campo; campo elettrostatico dal punto di vista statico e dinamico; interazione carica-campo elettrostatico dal punto di vista statico e dinamico; ineluttabilità del modello di campo per l’interpretazione del fenomeno magnetico; la realtà del campo: esperimento di Oersted e esperimenti di Faraday come prime evidenze significative, equivalenza magnete-corrente; campo di induzione magnetica uniforme e interazione campo di induzione magnetica – carica in moto; campo magnetico variabile nel tempo e campo elettrico variabile nel tempo, genesi delle onde elettromagnetiche nel vuoto
La crisi della visione meccanica della realtà
Il nodo concettuale intorno al quale sviluppare questo tema è la crisi della visione meccanica della realtà, ovvero l’insufficienza del modello dell’azione a distanza per la descrizione dei fenomeni elettromagnetici e l’introduzione del concetto di campo.
Il percorso inizia in laboratorio con la presentazione dei fenomeni di elettrizzazione, di cui si fornisce una spiegazione a partire dalla struttura atomica della materia, e con la introduzione della legge di Coulomb per la descrizione dell’interazione tra le cariche.
Dal problema di come due oggetti inanimati possano interagire tra loro in assenza di un contatto diretto, si introduce il concetto di campo e lo si paragona a quello dell’azione a distanza.
Dopo aver studiato il campo elettrico da un punto di vista dinamico ed energetico e dopo averne dato le caratteristiche formali, si passa alla definizione di corrente elettrica dandone l’interpretazione microscopica nel caso dei conduttori metallici. Il campo di applicazione di questo concetto sarà quello dei conduttori metallici e verranno presi in considerazione solo semplici circuiti che richiedono, per essere risolti, l’utilizzo delle leggi di Ohm.
Il magnetismo viene introdotto con una lezione di taglio storico, svolta in laboratorio, in cui si mostrano i primi effetti magnetici, evidenziandone le differenze e le analogie con quelli elettrici, e in cui si esegue l’esperimento storico di Oersted, sottolineandone l’importanza e descrivendo il dibattito che ne seguì per la sua interpretazione.
Nello studio del campo magnetico, che, come il campo elettrico, viene affrontato nel vuoto, si descrivono i campi magnetici generati da alcuni tipici elementi circuitali per mostrare l’equivalenza tra magnete e carica in moto, secondo l’ipotesi di Ampère.
Dopo aver paragonato i due campi elettrico e magnetico a partire dalle loro caratteristiche formali, si passa, tramite lo studio del moto di una particella carica in un campo magnetico, soggetta alla forza di Lorentz, alla descrizione dell’azione dinamica del campo magnetico sui circuiti.
Anche il fenomeno dell’induzione magnetica può essere introdotto con una lezione di taglio storico svolta in laboratorio, in cui, utilizzando qualche passo tratto da una memoria storica di Faraday, si descrivono ed eseguono alcuni suoi esperimenti, come per esempio quello dell’anello di ferro dolce, evidenziando quali sono le grandezze fisiche coinvolte e in che modo.
Il percorso termina con la presentazione del paradosso di Maxwell, con la sintesi formale dell’elettromagnetismo mediante le equazioni di Maxwell scritte con un formalismo adeguato alle conoscenze matematiche degli studenti e con la scoperta dell’esistenza della radiazione elettromagnetica.
Fisica del XX secolo
Per sviluppare quest’ultima parte, un ottimo spunto è l’analisi delle problematiche che restano aperte a partire dalla sintesi maxwelliana dell’elettromagnetismo e dalle divergenze tra risultati sperimentali e previsioni teoriche nel contesto della fisica classica.
Un tema da approfondire può essere quello della Fisica quantistica che permette di chiudere il percorso relativo alla natura della luce, oppure si può decidere di lasciare spazio alla presentazione della relatività per risignificare i concetti di spazio e di tempo, di massa e di energia.
Tutto evidentemente dipende dal tempo a disposizione e dal tipo di percorso svolto in precedenza. Un’altra modalità potrebbe essere quella di proporre questi temi come approfondimenti, suddividendo la classe per gruppi di interesse.
Valutazione
In coerenza alla scelta degli obiettivi prefissati, si mirerà a verificare l’acquisizione di un linguaggio appropriato, la comprensione dei fenomeni e delle leggi che li descrivono e la consapevolezza del quadro teorico concettuale in cui questi sono inseriti.
Strumenti per la valutazione saranno: interrogazioni, viste come momento di dialogo scientifico; semplici problemi e non solo esercizi che richiedano la sola applicazione di formule; test che mettono in luce sia la conoscenza di contenuti specifici sia la competenza linguistica; verifiche dei contenuti e delle procedure relative agli esperimenti svolti in laboratorio.
A proposito del progetto CLIL
Per quanto riguarda la possibilità di insegnare la Fisica nella lingua straniera studiata dagli studenti, (progetto CLIL), ritengo che il suo utilizzo rappresenti un ostacolo a una adeguata comprensione degli strumenti concettuali propri di questa disciplina; in particolare, nella fase conclusiva in cui gli studenti dovrebbero raggiungere la competenza logico-argomentativa, il problema si fa ancor più delicato.
In questo senso, faccio mia l’affermazione di Giovanni Gobber (Ordinario di Linguistica generale all’Università Cattolica di Milano): «È lecito ritenere che la comunicazione didattica e l’organizzazione del sapere vengano pregiudicate dall’uso di una lingua che non sia pienamente dominata sia dal mittente sia dal destinatario.»5
Va anche aggiunto il fatto che gli O.S.A. non fanno alcuna menzione di questo progetto che, per le problematiche che introduce sulle dinamiche dell’apprendimento e sulla costruzione dei concetti, sembrerebbe se non in controtendenza, perlomeno giustapposto alle intenzioni formative dichiarate.
A mio avviso, l’idea di inserire l’uso della seconda lingua può essere efficace e arricchire il curriculum degli studenti in una seconda fase del lavoro, quando cioè gli studenti hanno già acquisito con chiarezza e sicurezza gli argomenti trattati. In quel momento potrà essere utile. proporre letture in lingua originale di scienziati o chiedere agli studenti di costruire in lingua mappe concettuali riassuntive del lavoro svolto.
Conclusioni
Vorrei terminare con le parole di Pavel Florenskij che esprimono meglio di tante altre quello che ho cercato di comunicare con questo articolo:
«[..] la lezione non è un tragitto su un tram che ti trascina avanti inesorabilmente su binari fissi e ti porta alla meta per la via più breve [..]. Per chi passeggia è importante camminare e non solo arrivare […]. A volte si guarda indietro ammirando il paesaggio oppure ritorna sui suoi passi, ricordando di non aver osservato per bene qualcosa di istruttivo […]. In una parola, una passeggiata per respirare un po’ d’aria pura e darsi alla contemplazione e non per raggiungere più in fretta possibile la fine stabilita del viaggio, trafelato e coperto di polvere.»6
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Barbara Chierichetti
(Docente di Matematica e Fisica al Liceo Classico “G. Berchet” di Milano)
Note
MIUR, Schema di regolamento recante Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui all’art. 10,comma 3, del d.P.R. 15 marzo 2010. p. 219.
Ibidem , p. 9
Alla professionalità del docente si deve intendere affidata la responsabilità di declinare in modo coerente alla tipologia del Liceo in cui opera, i percorsi di cui si sono indicate le tappe concettuali essenziali.» (Documento del MIUR (cfr nota 1), p. 219).f
Ibidem, p. 219
Giovanni Gobber, Riflessioni sul progetto CLIL, Content and Language Integrated Learning, in Emmeciquadro n° 48-Marzo 2013;
Pavel Florenskij, Lezione e Lectio, in Emmeciquadro n° 40-Dicembre 2010
Indicazioni bibliografiche
P. Marazzini, M.E. Bergamaschini, L. Mazzoni, Fisica, ipotesi teorie esperimenti, testo per il secondo biennio e il quinto anno dei Licei umanistici, MINERVA SCUOLA, Milano 2012.
A. B. Arons, Guida all’insegnamento della Fisica, Zanichelli, Bologna 1992 (Prima edizione). Recensione pubblicata in Emmeciquadro n° 13-Dicembre 2001 nella Sezione “SCIENZA&CLASSICI”
AA.VV. La cultura scientifica nella scuola (a cura di Mario Gargantini), Marietti 1820, Genova-Milano 2006. Recensione pubblicata in Emmeciquadro n° 26-Aprile 2006 nella Sezione “SCIENZA&LIBRI”
E. Agazzi, Le rivoluzioni scientifiche e il mondo moderno, Fondazione Achille e Giulia Boroli, Novara 2008. Recensione pubblicata in Emmeciquadro n° 40-Dicembre 2010 nella Sezione “SCIENZA&LIBRI”
© Pubblicato sul n° 53 di Emmeciquadro