L’Associazione Euresis propone per il Meeting dell’Amicizia fra i Popoli 2014 una mostra sull’esplorazione spaziale dal titolo «Explorers».
«Esplorare non è un’opzione, davvero: è un imperativo». Queste perentorie parole di Michael Collins, uno dei tre astronauti che portarono l’Apollo 11 sulla Luna, sottolineano bene un aspetto profondamente radicato nell’animo umano: l’esigenza di esplorare ciò che non si vede o che si intravvede soltanto sulla linea dell’orizzonte.
Da sempre l’uomo ha cercato di allargare i confini del mondo da lui conosciuto, in una corsa inesauribile a superare i confini geografici conosciuti. Dalle sue origini, con i moti di espansione che lo hanno portato ad invadere tutto il globo terrestre, fino ai grandi esploratori dei secoli fra il 1400 e il 1900, la linea dell’orizzonte e le zone non conosciute hanno costituito un irresistibile richiamo ad andare oltre, a inseguire la scoperta di qualcosa di ancora non conosciuto.
La mostra intende offrire ai visitatori la possibilità di rivivere i fattori fondamentali dell’esperienza dell’esplorazione spaziale, attraverso un percorso che li guiderà alla scoperta delle grandi imprese dallo Sputink in avanti, con particolare attenzione per alcune grandi missioni, prima fra tutte il Voyager.
L’esplorazione dello spazio rappresenta la prosecuzione in termini moderni dello sforzo degli esploratori di ogni tipo e momento del passato di conoscere ciò che è «altro», fosse un nuovo continente, una zona inesplorata del globo terrestre o un nuovo pianeta.
Così, partendo dalla lotta per la supremazia fra USA e URSS negli anni della Guerra fredda (Race to space) e inoltrandoci nella conoscenza del Sistema solare grazie agli sforzi compiuti per conoscere Marte e i grandi pianeti gassosi, la mostra porterà il visitatore fino al punto più lontano mai raggiunto da una sonda umana: lo spazio interstellare, in cui la sonda Voyager I si sta inoltrando da circa un anno dopo aver superato il Termination Shock, il confine dell’Eliosfera.
Lo sforzo di migliaia di scienziati in 57 anni di storia di «uscita» dall’atmosfera ha prodotto centinaia di missioni verso gli angoli più reconditi del Sistema solare, scoprendo dettagli, fenomeni, oggetti, particolarità inimmaginabili e bellissimi.
Fra tutte le missioni solo le due sonde Voyager portano con loro la «firma» completa del loro creatore: il famoso Golden Record [Immagine a sinistra], che contiene sia l’indirizzo del punto dal quale le sonde sono partite, sia la registrazione di suoni, musiche e immagini che «presentano» l’uomo, quasi una cartolina cosmica per un improbabile incontro con altri esseri coscienti. Proprio questo messaggio testimonia che alla ragione umana è sottesa un’attesa che non si può ridurre alla scoperta di «cose» nuove: esploriamo non solo per trovare, ma anche per essere trovati.
Alla fine del viaggio, il visitatore scoprirà come il percorso umano di scoperta dei nostri dintorni spaziali non siano altro che un infinitesimale tratto all’interno del colossale mare cosmico e potrà riscoprire da un punto di vista nuovo e inatteso il punto di origine di tutti i suoi sforzi: il pianeta Terra, la nostra meravigliosa casa, sospesa in un mare cosmico di dimensioni inimmaginabili.
Proprio l’andare alle periferie permette questa ri-scoperta commovente del valore della nostra «casa», un luogo delicato e accogliente, costruito per il vero «viaggiatore» ed esploratore del cosmo: l’uomo.



Nicola Sabatini
(Direttore del Camplus Città Studi della Fondazione CEUR e coordinatore della Mostra)

© Pubblicato sul n° 53 di Emmeciquadro

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