Una accurata selezione di interventi di San Giovanni Paolo II sulla scienza e sulla figura dello scienziato. Ne emerge un giudizio positivo e un vivo apprezzamento per un’attività scientifica, che segua un corretto itinerario: in primo luogo l’impegno dell’intera persona: «l’impegno scientifico […] coinvolge l’uomo intero»; in secondo luogo, pur nella molteplicità dei metodi specifici di indagine, un cammino alla ricerca della verità, evitando «la frammentazione del sapere». Una immagine di scienza che deve ispirare gli insegnanti per dare un più ampio respiro al loro compito di trasmissione del sapere. 



Immaginiamo un’udienza di San Giovanni Paolo II con un gruppo di insegnanti di discipline scientifiche. Anche in mancanza di una testimonianza diretta, non è difficile ipotizzare il tono e i contenuti che avrebbero potuto animare l’incontro; almeno nelle sue linee portanti, fatta salva l’imprevedibilità e l’originalità di ogni incontro con uomini di quella statura.
Il Papa polacco avrebbe molto probabilmente iniziato richiamando l’attenzione sull’identità e sull’esperienza personale dei docenti, prima che sulle discipline o sulle, pur importanti, questioni epistemologiche e metodologiche. Ci piace pensare che avrebbe aperto il discorso ricordando la figura di un Maestro, in particolare di Sant’Alberto Magno, come ha fatto nel suo primo incontro con scienziati e studenti a Colonia il 15 novembre 1980.
Il grande vescovo e naturalista tedesco può a buon diritto essere posto alle radici della scienza nel Medio Evo europeo, non solo per la vastità dei suoi studi e per il peso che hanno avuto per alcuni secoli i suoi scritti scientifici; ma soprattutto per alcuni elementi di modernità del suo approccio alle scienze: come il grande realismo e il ruolo dell’osservazione come fattore determinante della conoscenza della natura. Non per nulla Pio XII nel 1941 lo ha proclamato patrono dei cultori delle Scienze naturali e Giovanni Paolo II ha ulteriormente precisato il valore di quella proclamazione additandolo come esempio di intellettuale cristiano: «Alberto riconosce l’articolarsi della scienza razionale in un complesso di ordine di conoscenze diverse, ove essa trova conferma della sua natura peculiare ed insieme si scopre orientata verso le mete proprie della fede. In questo modo Alberto ha concretizzato lo statuto di una intellettualità cristiana, i cui principi fondamentali sono da ritenersi ancor oggi validi».



La Pontificia Accademia delle Scienze

Approfondendo i contenuti che delineano la fisionomia di un maestro e di un uomo di scienza, possiamo pensare che, sempre nella nostra udienza ricostruita, Giovanni Paolo II avrebbe messo in primo piano due temi, collegati tra loro, che hanno un enorme risvolto pedagogico e culturale: l’unità della persona, del soggetto della conoscenza, e la tensione alla verità, come linea portante della conoscenza stessa; come aveva fatto qualche mese prima, rivolgendosi a un convegno di studenti universitari, nel mese di Aprile del 1980: «Vi invito, perciò, a scoprire, nell’integrale e grandiosa unità interiore dell’uomo, il criterio al quale debbono ispirarsi l’attività scientifica e lo studio, per poter procedere in armonia con la realtà profonda della persona, e quindi al servizio di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. L’impegno scientifico non è un’attività che riguarda la sola sfera intellettuale. Esso coinvolge l’uomo intero». È legittimo pensare che tale impegno scientifico comprenda anche l’esperienza dell’insegnamento delle discipline scientifiche, che quindi andrà impostato con lo stesso respiro e secondo la medesima prospettiva di integralità.
Subito dopo ecco il nesso con la ricerca della verità: «Questi [l’uomo] infatti si lancia con tutte le proprie forze nella ricerca della verità, proprio perché la verità gli appare come un bene. Esiste dunque una inscindibile corrispondenza fra la verità e il bene. Questo significa che tutto l’operare umano possiede una dimensione morale. In altre parole: qualunque cosa facciamo – anche lo studio – noi avvertiamo al fondo del nostro spirito un’esigenza di pienezza e di unità».



Sono parole difficili da pronunciare nell’attuale clima che avvolge il mondo della scuola; ma la loro urgenza appare ancor più evidente se si osserva il risultato ormai sotto gli occhi di tutti di quello che quarant’anni fa il Papa paventava come un rischio, la frammentazione del sapere che diventa distruzione della persona e incapacità di costruzione: «Cercare la verità e mettersi in cammino per attingere il bene supremo: ecco la chiave di un impegno intellettuale, che superi il rischio di consentire che la frammentazione del sapere scinda interiormente la persona, frantumandone la vita in una moltitudine di settori reciprocamente indipendenti e, nel loro insieme, indifferenti al dovere e al destino dell’uomo».
Rilanciare con forza il tema della verità anche, e soprattutto, in riferimento al sapere scientifico è un compito che, nel suo primo discorso agli scienziati per la commemorazione della nascita di Albert Einstein (Pontificia Accademia delle Scienze – novembre 1979), Giovanni Paolo II ha affidato a chi si occupa di scienza e quindi, in primis, agli insegnanti: «La ricerca della verità è il compito della scienza fondamentale. Il ricercatore che si muove su questo primo versante della scienza sente tutto il fascino delle parole di Sant’Agostino: “Intellectum valde ama”, ama molto l’intelligenza e la funzione che le è propria di conoscere la verità. La scienza pura è un bene, degno di essere molto amato, perché è conoscenza e quindi perfezione dell’uomo nella sua intelligenza: essa deve essere onorata per se stessa, ancor prima delle sue applicazioni tecniche, come parte integrante della cultura».
Nella enciclica Fides et Ratio (14 settembre 1998), la tensione dell’uomo verso la verità si connota anche di sottolineature esistenziali, e perciò molto preziose pedagogicamente, come questa: «“Tutti gli uomini desiderano sapere”, e oggetto proprio di questo desiderio è la verità. La stessa vita quotidiana mostra quanto ciascuno sia interessato a scoprire, oltre il semplice sentito dire, come stanno veramente le cose. L’uomo è l’unico essere in tutto il creato visibile che non solo è capace di sapere, ma sa anche di sapere, e per questo si interessa alla verità reale di ciò che gli appare. Nessuno può essere sinceramente indifferente alla verità del suo sapere. Se scopre che è falso, lo rigetta; se può, invece, accertarne la verità, si sente appagato».
[A destra: Giovanni Paolo II incontra il biochimico inglese Maurice H. F. Wilkins, Premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina nel 1962 con Francis H. C. Crick e James D. Watson]
Ma si tratta di un’impresa possibile? È un obiettivo proponibile nelle nostre scuole? Guardando lo smarrimento, lo scetticismo dilagante e la conseguente debolezza culturale di molti studenti si potrebbe pensare a un compito impraticabile. Ma al quale non si può abdicare. Non si può rinunciare all’impegno di ridare fiducia nelle possibilità umane di attingere alla verità, di intraprendere un cammino positivo di conoscenza e di rapporto significativo con la realtà in tutte le sue declinazioni.
Si può far questo mettendo in primo piano la ragione in tutta la sua potenzialità, senza riduzioni e chiusure aprioristiche. Nella stessa enciclica, viene indicato l’atteggiamento genuino che alimenta il dinamismo della ricerca: «Non è pensabile che una ricerca così profondamente radicata nella natura umana possa essere del tutto inutile e vana. La stessa capacità di cercare la verità e di porre domande implica già una prima risposta. L’uomo non inizierebbe a cercare ciò che ignorasse del tutto o stimasse assolutamente irraggiungibile. Solo la prospettiva di poter arrivare ad una risposta può indurlo a muovere il primo passo. Di fatto, proprio questo è ciò che normalmente accade nella ricerca scientifica. Quando uno scienziato, a seguito di una sua intuizione, si pone alla ricerca della spiegazione logica e verificabile di un determinato fenomeno, egli ha fiducia fin dall’inizio di trovare una risposta, e non s’arrende davanti agli insuccessi. Egli non ritiene inutile l’intuizione originaria solo perché non ha raggiunto l’obiettivo; con ragione dirà piuttosto che non ha trovato ancora la risposta adeguata».

Volendo evidenziare un termine che sintetizza la prospettiva suggerita da Giovanni Paolo II al mondo scientifico possiamo indicare la parola apertura; non nel senso semplicistico di un generico interesse per tante cose, ma nel senso più radicale nel quale l’uomo si apre alla realtà desiderando di incontrarla in tutte le sue dimensioni e in tutta la sua profondità.
Fino ad arrivare a raccogliere la sfida richiamata nel maggio 2000 in occasione del Giubileo degli Scienziati, riprendendo un passaggio ancora della Fides et Ratio: «Oggi, “una grande sfida ci aspetta… quella di saper compiere il passaggio, tanto necessario quanto urgente, dal fenomeno al fondamento. Non è possibile fermarsi alla sola esperienza; […] è necessario che la riflessione speculativa raggiunga la sostanza spirituale e il fondamento che la sorregge”. La ricerca scientifica si basa anch’essa sulle capacità della mente umana di scoprire ciò che è universale. Questa apertura alla conoscenza introduce al significato ultimo e fondamentale della persona umana nel mondo (cfr Enciclica Fides et ratio, n. 81)».
Una posizione di reale apertura, quindi, che diventa fondamentale per la formazione culturale dei giovani e per la costruzione di personalità mature e in grado di misurarsi con la realtà. Ma che è anche la chiave per superare, senza forzosi concordismi, i presunti contrasti tra ragione e fede, tra scienza e fede.
Sempre nel discorso per il Giubileo, il Papa esortava: «Quanti cercano di comprendere i segreti della creazione e i misteri dell’uomo devono essere pronti ad aprire la loro mente e il loro cuore alla verità profonda che ivi si manifesta e che “porta l’intelletto a dare il proprio consenso” (Sant’Alberto Magno)». E proseguiva, richiamandosi ancora all’enciclica: «La Chiesa nutre grande stima per la ricerca scientifica e per quella tecnica, poiché “costituiscono un’espressione significativa della signoria dell’uomo sulla creazione” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2293) e un servizio alla verità, al bene e alla bellezza. Da Copernico a Mendel, da Alberto Magno a Pascal, da Galileo a Marconi, la storia della Chiesa e la storia delle scienze ci mostrano chiaramente come vi sia una cultura scientifica radicata nel cristianesimo. Di fatto, si può dire che la ricerca, esplorando al contempo ciò che è più grande e ciò che è più piccolo, contribuisce alla gloria di Dio che si riflette in ogni parte dell’universo. La fede non teme la ragione. Esse “sono come le due ali con le quali lo spirito umano s’innalza verso la contemplazione della verità. È Dio ad aver posto nel cuore dell’uomo il desiderio di conoscere la verità e, in definitiva, di conoscere Lui perché, conoscendolo e amandolo, possa giungere anche alla piena verità su se stesso” (Fides et Ratio). Se nel passato la separazione fra fede e ragione ha costituito un dramma per l’uomo, che ha corso il rischio di perdere la propria unità interiore sotto la minaccia di un sapere sempre più frammentato, oggi la vostra missione consiste nel proseguire la ricerca convinti che, “per l’uomo intelligente […] tutte le cose si armonizzano e si accordano” (Gregorio Palamas)».

 

[I testi integrali di San Giovanni Paolo II sono reperibili sul sito della Santa Sede ove sono organizzati secondo un ordine cronologico, mese per mese.  Alcuni di tali testi sono stati pubblicati dalla Rivista Emmeciquadro:

  1. Discorso in occasione del Giubileo degli Scienziati” del 25 Maggio 2000 e pubblicato sul n° 09 – Agosto 2000
  2. Discorso all’Assemblea della Pontificia Accademia della Vita” del 24 febbraio 2003 e pubblicato sul n° 17- Aprile 2003
  3. Brani tratti dagli interventi all’Istituto dell’Enciclopedia Italia (13 settembre 1979) e alla Pontificia Accademia delle Scienze (8 novembre 2004)” pubblicato sul n° 23 – Aprile 2005]

 

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Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)

 

 

 

 

© Pubblicato sul n° 53 di Emmeciquadro

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