Si parla molto delle difficoltà in matematica degli studenti e dell’ansia che questo comporta per loro stessi e per le famiglie. Secondo l’autore invece di aspettare di dover fare interventi di recupero, è decisamente meglio prevenire, fin dove è possibile, usando l’arma di una didattica che segua la strada del pensiero e possa essere calibrata su ciascuno.
Tra le difficoltà, grande attenzione viene data al campo dei numeri e delle operazioni, nell’ottica appunto di prevenire errori e difficoltà.
Nella scuola primaria il primo incontro con gli insiemi numerici avviene con i numeri naturali (interi positivi) e con il conteggio. Le operazioni tra numeri naturali, che vengono insegnate successivamente, hanno un legame molto stretto con il conteggio perché sono modi organizzati di contare.
Faccio un esempio: se acquisto 150 casse di mele al prezzo di 12 euro l’una, posso pagare preparando 150 buste contenenti ciascuna 12 euro, ma per pagare tutto il dovuto in una sola volta potrei prevedere quanto denaro consegnare sommando successivamente 12 euro a 12 euro per 150 volte, contando con le dita, oppure con un disegno schematico: per ogni euro un pallino, disegno 12 pallini e ancora 12 per 150 volte e poi conto uno a uno dall’inizio alla fine. Ma non è agevole, non è rapido, non è facile da portare a termine senza fare errori di distrazione.
Farebbe dunque molto comodo uno «strumento tecnico», analogo alla macchina della cassa di un negozio, per arrivare al risultato con poca fatica, minimizzando il rischio di errori. Sappiamo che si può introdurre la moltiplicazione come facilitazione nella scrittura: 12 + 12 +12+……..+12 (con 150 addendi uguali): la relazione allora si trasforma in 12×150, dove 12 è il costo in euro di una cassa e 150 il numero di volte.
Il vantaggio non riguarda solo la registrazione, ma anche le nuove possibilità di calcolo che essa apre. Infatti, gli algoritmi, che ci sono stati tramandati, sono la prima ingegnosa calcolatrice: non importa solo saperli eseguire, ci serve saper riconoscere quando sono utili.
Dunque, le operazioni che vogliamo insegnare ai bambini non consistono solo nei calcoli, ma soprattutto nel loro significato: questa osservazione è importante per capire e prevenire alcuni errori. Si dice spesso, infatti, che i bambini «sanno fare i calcoli, ma non sanno risolvere i problemi» e questo fa pensare che si sono ben allenati a eseguire, ma non hanno presente il significato di ciò che operano e non sanno interpretare la situazione numerica rispetto a un contesto. In breve, sanno calcolare meccanicamente, ma non afferrano il significato dei simboli e degli algoritmi che mettono in opera, cioè il loro rapporto con azioni e relazioni.
Il primo passo per conoscere un’operazione è conoscerne il significato. In questo primo momento di lavoro non c’è bisogno di conoscere e utilizzare un’operazione in colonna, che diventerà invece necessaria quando i numeri crescono. Le proprietà delle operazioni, essenziali per il calcolo, saranno utilizzate a livello intuitivo (teorema in atto, secondo la visione di G. Vergnaud).
Per capire le operazioni rispetto al contare, bisogna iniziare ad analizzare come può variare una situazione per mezzo di azioni e di relazioni e cioè porsi davanti a problemi, reali o immaginati. Solo dopo un tuffo personale nelle situazioni, il bambino imparerà a formalizzare con i numeri il processo «scoperto» mediante la rappresentazione con oggetti e disegni.
Farò alcuni esempi, limitandomi alle prime operazioni, somma e sottrazione. All’inizio si impara un metodo che poi, in seguito, risulterà naturale. Per la comprensione del testo, mi associo a quanto propone Adriana Davoli nell’articolo pubblicato sul numero 54 di questa rivista [Davoli, 2014].
Primo passo: risoluzione libera di problemi
Addizione
[1] Ho in tasca 9 monetine, ne aggiungo 5, poi ancora 2, quale è alla fine la situazione nella mia tasca?
Sottolineo che la vera domanda non è scrivere un’operazione, ma trovare la risposta. L’operazione riguarda il linguaggio della matematica, la risposta invece richiede di individuare un procedimento e riguarda il pensiero.
All’inizio un bambino può contare sulle dita: «parto da 9, se aggiungo 5 (mentre parla usa le dita di una mano per registrare 5 passi), conto 10, 11, 12, 13, 14, arrivo a 14, se poi aggiungo ancora 2 (conta 2 passi con le dita) arrivo a 16». Oppure può rappresentare le monete con 2 mucchietti di oggetti che pone sul banco e contarli tutti insieme, oppure può disegnarle su un foglio e contare servendosi del disegno.
Ogni bambino può procedere come vuole e fare rappresentazioni libere che lo aiutino a trasferire il conteggio delle monete (da immaginare) su oggetti o su piccoli segni. Alla fine sa che le monetine nella tasca sono 16 ed è in grado di rispondere alla domanda che è stata posta e di spiegare come ha fatto a trovarla.
In questa fase del lavoro sarà da incoraggiare il passaggio dal disegno realistico alla rappresentazione mediante oggetto o segni (simbolizzazione).
Parlare di insiemi?
Sottolineo che non è necessario introdurre gli insiemi riducendoli a puro segno grafico. Afferma Bruno D’Amore che nella scuola si è vissuto il sogno di poter facilitare l’apprendimento della matematica privilegiando la teoria degli insiemi. «Su questo fondamento onirico si fonda l’avventura iniziata negli anni settanta del secolo scorso, che portò il nome di Nuova Matematica e che si basava quasi del tutto sullo studio di una teoria (che qualcuno chiamava ingenua) degli insiemi.
Le ricerche condotte in tutto il mondo, anche in Italia, mostrarono che si trattava di un sogno, lontano da ogni realtà apprenditiva e la teoria degli insiemi venne abbandonata in fretta e furia». Questo non significa che non si possa disegnare qualche grafico che tutti sanno interpretare, ma solo che non occorre sviluppare teorie specifiche e che la parola «insieme» può essere sostituita da «raccolta» o parole simili [D’Amore, Fandiño Pinilla, 2014].
Sottrazione
[2a] Pierino ha 8 biglie, ne perde 3 giocando con Luigi, con quante biglie torna a casa?
Le biglie di Pierino diminuiscono; come prima si può contare sulle dita (tolgo 1 e sono 7, tolgo ancora 1 e sono 6, tolgo 1 per la terza volta e sono 5), oppure immaginando, usando oggetti per rappresentare le biglie, disegnando. Si scopre che Pierino torna a casa con 5 biglie e si può raccontare a voce il procedimento.
Le rappresentazioni grafiche sono libere perché hanno lo scopo di far riflettere sulla situazione, in particolare mettere in evidenza azioni e relazioni. Esse sono molto più efficaci del modo tradizionale di scrivere i dati sotto il testo del problema. Infatti i dati di un problema non sono solo numeri, ma azioni e relazioni. Ne consegue che una rappresentazione grafica non va giudicata come giusta o errata, ma come utile o inutile.
Una rappresentazione è «adeguata» se aiuta a rispondere alla domanda posta dal problema. Confrontiamo queste due possibili rappresentazioni del problema [2a] fatte da bambini:
(1) 0 0 0 0 0 0 0 0 (le 8 biglie di Pierino); 0 0 0 (le biglie che perde)
(2) Ǿ Ǿ Ǿ 0 0 0 0 0 (nel gruppo di 8 biglie sono segnate quelle perse da Pierino)
Nella seconda rappresentazione si legge la risposta, nella prima si vede una rappresentazione iconica dei numeri, ma non della loro relazione.
[2b] La damigiana da cui sto attingendo contiene 50 litri di ottimo vino piemontese. Ne attingo 7 litri per la grande cena di questa sera, quanto vino ho ancora di riserva?
Anche in questo caso non si tratta di aggiungere, ma di togliere e non è necessario ricorrere a operazioni in colonna. Ragionando sui numeri, per sapere quanto resta se da 50 tolgo 7, un bambino già esperto sulla rappresentazione dei numeri può considerare che 50 è 40 più 10 e allora: «tolgo 7 da 10 e resta 3, poi conto 3 dopo 40 e ottengo 43».
Si vede bene come la realizzazione del percorso intuito è indipendente dagli algoritmi ed è facilitata dalla capacità di scomporre rapidamente dei numeri:
50 = 40 + 10; 10 = 7 + 3; 10 – 7 = 3; 50 – 7 = 40 + 3 = 43
I problemi non sono semplici occasioni per far scrivere alcune operazioni, possono servire ad avviare al calcolo mentale e a scoprire relazioni tra i numeri. L’esempio fatto segnala un’abilità mentale interessante: la decina ha fornito una «immagine per pensare»; il numero 50, che a una prima lettura può essere immaginato come una successione di unità, qui è stato immaginato come una successione di decine, poi viene riconosciuto un passaggio intermedio su una sola decina e infine c’è un rientro nella quantità complessiva.
Si vede bene che conoscere la rappresentazione decimale posizionale non è solo conoscere alcuni nomi (decina, centinaio, eccetera), ma è impossessarsi globalmente di una struttura e richiamarla alla mente quando serve. In questo caso permette di contare non più per unità ma per gruppi di 10. Certamente non sarà una capacità posseduta da tutti al momento di risolvere il problema, ma il problema stesso, preso come occasione per il confronto e la discussione, diventerà occasione di ripresa e approfondimento.
Un bambino più sprovveduto può rappresentare i litri mediante simboli, per esempio bottiglie o pallini o crocette, rappresentarne 50 e poi fare un segno di cancellazione per indicare quei 7 che sono stati tolti.
Dal modo di procedere, l’insegnante osserva lo sviluppo del bambino, compie una valutazione che le serve per monitorare il percorso.
Nota bene
É conveniente in prima e seconda primaria proporre molte situazioni semplici su somma e sottrazione insistendo sul legame tra le due operazioni che sono una l’inversa dell’altra. É anche opportuno insegnare a comporre un testo a partire da una situazione vissuta che ponga qualche domanda interessante [Davoli, 2014].
Per passare alle operazioni in colonna, occorre una buona padronanza della scrittura dei numeri nel sistema decimale posizionale, che è quindi il contenuto fondamentale dei primi due anni. La maggior parte degli errori segnalati da vari autori su questo tema si possono ricondurre alla fragilità di questa conoscenza.
Rimangono da affrontare moltiplicazione e divisione, operazioni complesse, che è opportuno rimandare al secondo biennio. Anche per queste nuove operazioni, l’inizio richiede di esaminare situazioni e significati prima di imparare i relativi algoritmi. Dedicherò ad esse un nuovo articolo.
Secondo passo: introduzione del linguaggio specifico
Nell’apprendimento delle operazioni, il punto successivo è trascrivere i passaggi fatti per rispondere al quesito con un linguaggio diverso da quello comune, iniziando a introdurre i simboli caratteristici dell’aritmetica. In ciascuno dei problemi precedenti, si può enunciare il procedimento con una frase della lingua comune, a voce o scritta. Per esempio nel primo: «ho 9 monetine, ne aggiungo 5 e fa 14 monetine, a queste 14 ne aggiungo 2 e fa 16. Ho contato con le dita».
Questa frase può venire «tradotta» nel linguaggio della matematica, che utilizza molte convenzioni. Queste non si possono scoprire, occorre comunicarle: l’insegnante comunica che l’azione di aggiungere viene rappresentata dal segno «+» e che siccome ciascuno dei numeri rappresenta una quantità di monetine, si decide di trascurare questa parola. Prima del risultato si pone il segno «=» (uguale) che in questo caso traduce la parola «fa» e quindi la frase si trasforma così:
9 + 5 = 14; 14 + 2 = 16, che si può scrivere anche 9 + 5 + 2 = 14.
Faccio notare che è riduttivo collegare il segno «=» soltanto con «fa», perché non mette al riparo dall’errore delle catene di operazioni tipo: 9+5=14+2=16. Se la traduzione fosse solo «fa», andrebbe bene anche la catena.
É invece importante sottolineare che al di qua e al di là del segno «=» ci sono due termini che vengono dichiarati uguali nelle loro quantità, anche se sono diversi nella grafica.
Analogamente per gli altri problemi, nei quali si ottiene:
[2a] 8-2 = 5
[2b] 50 – 7 = 43
Per le biglie e per i litri di vino, vale ancora l’osservazione fatta per la somma di monetine: nel problema [2a] i numeri sono tutti numeri di biglie, nel problema [2b] tutti i numeri indicano litri di vino e si omette l’indicazione.
Si è così compiuto un cammino veramente impegnativo dall’analisi di situazioni alla padronanza del linguaggio formale. In particolare, occorre un’introduzione lenta e graduale al simbolo e alla simbolizzazione, lavoro continuo ad ampio raggio, che può essere esteso anche ad altre discipline.
Terzo passo: aumentare i numeri
Aumentando i numeri, il risultato diventa difficile da trovare in modo empirico. Ecco un esempio. [1 bis] Stiamo facendo un viaggio in macchina, il primo giorno percorriamo 425 km, il secondo 378, il terzo 532, desideriamo sapere quanti km abbiamo percorso complessivamente.
Lo schema è lo stesso del problema [1], si deve aggiungere e quindi tradurre questa azione con il segno «+», (cioè con un’addizione), ma il risultato non è immediato da trovare. Una strada possibile è la scomposizione additiva dei numeri, scritta o rappresentata con opportuni materiali:
425 = 4centinaia + 2decine + 5unità;
378 = 3centinaia + 7decine + 8unità;
532 = 5centinaia + 3decine + 2unità
È opportuno eseguire la somma in riga, sommando tra loro le centinaia, poi le decine, poi le unità, utilizzando in modo intuitivo le proprietà della somma, suggerite dal materiale, che rappresenta i numeri. Raduniamo le centinaia: 4 centinaia +3 centinaia + 5 centinaia sono 12 centinaia; raduniamo le decine: 2 + 7 + 3 sono 12 decine; raduniamo le unità: 5 + 8 + 2 sono 15 unità.
La padronanza della scrittura del sistema decimale posizionale fa riconoscere che non abbiamo determinato le cifre del numero che rappresenta la somma in quanto le «cifre» non possono superare il numero 9.
Per proseguire, utilizziamo una tabella, che i bambini dovrebbero già conoscere per il lavoro fatto quando hanno introdotto la base della scrittura decimale posizionale dei numeri:
Migliaia | Centinaia | Decine | Unità |
4 | 2 | 5 | |
3 | 7 | 8 | |
5 | 3 | 2 | |
12 = 10 + 2 | 12 = 10 + 2 | 15 = 10 + 5 | |
10 + 2 | 10 + 3 | 5 | |
10 + 3 | 3 | 5 | |
1 | 3 | 3 | 5 |
Nelle prime 3 righe sono scritti i 3 numeri da sommare; nella quarta riga è scritta la somma dei numeri contenuti in quella colonna nelle righe precedenti; nella quinta riga è stata lasciata la cifra delle unità (5) e trasferita una decina nella colonna vicina; nella sesta riga è invariata la cifra delle unità, nella seconda colonna resta la cifra delle decine (3) e viene trasferito il 10 (10 unità, cioè un centinaio) nella colonna delle centinaia; nell’ultima riga si sistemano le centinaia lasciando nella colonna la cifra relativa (3) e trasferendo la cifra delle migliaia nella sua colonna. Si ottiene il numero 1335.
Questi passaggi sono importanti perché con un po’ di pazienza si traducono nella ben nota operazione in colonna. Un procedimento analogo si può percorrere per la sottrazione.
Osservazioni
Quando si è riconosciuto che l’operazione che traduce il problema è una addizione, si è pronti, in linea teorica, per inventare qualche artificio nella rappresentazione del percorso da fare.
Il primo passo è una addizione, che possiamo scrivere (come un’utile memoria nel lavoro) anche se non è noto il risultato (425 + 378 = ??), con la semplice invenzione di un simbolo personale al posto del risultato. Il passo successivo è aggiungere il terzo dato al primo risultato trovato (?? + 532 = ???) aggiungendo un altro simbolo personale per il nuovo risultato. Questa è l’esigenza che porterà in seguito all’uso di lettere. Una rappresentazione con le lettere sarebbe inopportuna per i bambini del primo biennio, anzi della scuola primaria, ma l’esigenza di registrare può comunque essere messa in evidenza.
Capire la funzione del meccanismo (algoritmo della somma) dà senso alla fatica di impararlo. Per memorizzarlo e farne uso coretto, occorre inoltre comprendere il modo con cui viene costruito: occorre un lavoro basato sulla scrittura dei numeri, mediante continue scomposizioni e ricomposizioni di decine, centinaia, eccetera. Quindi anche l’organizzazione del calcolo diventa un problema da risolvere, in cui i bambini possono fare interessanti scoperte.
Dal cammino fatto per riuscire a sommare i tre numeri si deduce che per comprendere la costruzione degli algoritmi bisogna passare attraverso la dimestichezza con il sistema posizionale. Molti errori nelle operazioni hanno radice nella fragilità di questa conoscenza.
Nota sulla difficoltà nei problemi
Si è portati a credere che problemi che si risolvono con una stessa operazione siano tutti della stessa difficoltà. Niente di più falso. Fin dai primi anni della scuola primaria, la difficoltà di un problema non dipende solo dall’operazione, ma è legata a molti fattori, in parte linguistici, in parte dovuti alla conoscenza del contesto a cui si riferisce il problema. Un aspetto importante è la tipologia del problema, perché da questa dipendono le immagini che la mente deve elaborare per rappresentare la situazione, passo necessario per costruire un procedimento risolutivo.
Non è facile per gli insegnanti, ormai assuefatti al linguaggio formale, comprendere il faticoso lavoro di rappresentazione interiore che devono fare gli allievi. La diversità di immagini e di difficoltà è chiarita bene dalla classificazione dei problemi additivi e moltiplicativi [Vergnaud, 1994], che è stata ripresa e corredata da esempi in due articoli pubblicati su questa rivista, indicati in bibliografia [Longo, 2008; Radaelli, 2009].
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Anna Paola Longo
(Associazione Ma.P.Es. – Matematica Pensiero Esperienza e Associazione GRIMED – Gruppo Ricerca Matematica E Difficoltà)
Indicazioni bibliografiche
D’Amore B., Fandiño Pinilla M.I., 2014, Illusioni, panacee, miti nell’insegnamento-apprendimento della matematica, in: Difficoltà in Matematica, n. 11/1, Erickson, Trento.
Davoli A., 2014, La conversione culturale nell’insegnare matematica, in: Emmeciquadro, n° 54 – settembre 2014.
Longo P., 2007, Educazione linguistica in matematica (2), Problemi di differenza nella scuola primaria, in: Emmeciquadro, n° 29 – aprile 2007.
Longo P., 2008, Immagini mentali e rappresentazioni nella struttura additiva, in: Emmeciquadro, n° 34 – dicembre 2008.
Radaelli L., 2009, Le trasformazioni nella struttura additiva, in: Emmeciquadro, n° 36 – agosto 2009.
Vergnaud G., 1994, Il bambino, la matematica, la realtà, Armando, Roma.
© Pubblicato sul n° 55 di Emmeciquadro