Il 13 aprile 2010, in occasione del primo anniversario della morte di Stanley L. Jaki (17 agosto 1924 – 9 aprile 2009), il Pontificio Ateneo Regina Apostolorum ha organizzato una giornata di studio incentrata sul filosofo della scienza ungherese.
Questa iniziativa, intrapresa al fine di diffondere il suo pensiero, è stata tra le attività recenti più significative di questo Ateneo, con il quale lo stesso Jaki ha attivamente collaborato negli ultimi anni della sua vita. Questo volume, pertanto, raccoglie il contenuto delle relazioni presentate dai partecipanti al convegno.
L’attività di ricerca di Jaki ha riguardato principalmente la filosofia della scienza e la storia del pensiero scientifico, con particolare attenzione al rapporto tra scienza e fede. Dal momento che questi ambiti coinvolgono altri settori della conoscenza, la giornata di studio è stata suddivisa in base alle principali tematiche coinvolte.
Nel suo saluto introduttivo (pp. 7-11), Rafael Pascual, Decano della Facoltà di Filosofia e Direttore del Master in Scienza e Fede, specifica quali sono stati i suoi rapporti con Jaki. Pascual ha anche sottolineato il fatto che il nostro autore ha tenuto, nel periodo 2003-2009, diverse conferenze e seminari presso l’Ateneo Regina Apostolorum. Questo istituto, inoltre, ha già pubblicato alcune versioni italiane delle sue opere.
La giornata di studio è stata introdotta anche dal Cardinale Marcelo Sànchez Sorondo (pp. 13-16), Cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze, della quale Jaki è stato membro onorario. Sorondo ha evidenziato l’importanza del pensiero di Jaki, volto a rendere la conoscenza scientifica «integrata con la sapienza cristiana» (p. 15), dal momento che una delle sue tesi più fortemente ribadite riguarda il ruolo essenziale del cristianesimo e della Chiesa per la nascita della scienza esatta.
Alcuni dettagli biografici di Jaki si trovano nei contributi di John Beaumont (pp. 21-24), Direttore della Scuola di Legge presso la Leeds Metropolitan University, e di Antonio Colombo (pp. 17-20), uno dei due curatori di questo volume. Beaumont ha elencato alcuni dei riconoscimenti ottenuti da Jaki, come il Premio Templeton nel 1987, spiegando anche come al centro della sua vita vi sia stato un impegno costante per la ricerca della verità.
I risultati conseguiti si devono, oltre che alle sue straordinarie doti intellettuali, anche ad altri fattori, come la sua tenacia nel continuare le ricerche e la sua capacità di coinvolgere gli amici nei suoi progetti di studio. Colombo, che ha curato i testi delle opere di Jaki edite negli ultimi dieci anni di vita e ha tradotto la maggior parte delle sue opere uscite in edizione italiana, ha illustrato i momenti salienti della sua amicizia e collaborazione con Jaki. Fin dall’inizio Colombo ha immediatamente intravisto la grandezza dell’autore in questione e negli ultimi tempi si è impegnato con ottimi risultati nella diffusione delle sue idee.
Gli studi di ecclesiologia
Jaki, in quanto studioso e uomo di fede, si è occupato anche di ecclesiologia. Alexandra Von Teuffenbach (pp. 89-98), archivista e licenziata in storia ecclesiastica, tratta l’attualità dei contenuti espressi da Jaki fin dalla sua prima opera1, nella quale ha descritto una situazione generale della Chiesa, poi venuta alla luce durante i lavori del Concilio Vaticano II. Anche in altre opere di Jaki si ritrovano spunti ecclesiologici, sempre mirati a preservare l’unità della Chiesa stessa e il valore della tradizione cattolica.
Proprio questo attaccamento al cattolicesimo lo ha indotto, in più di un’occasione, a difendere la figura di John Henry Newman. Pedro Barrajòn (pp. 99-115), licenziato in filosofia, rileva il fatto che Jaki ha dedicato una serie di libri e saggi a Newman, soprattutto negli ultimi anni della sua ricerca. Del pensiero di Newman Jaki ha colto la dimensione apologetica incentrata su tre punti essenziali: la testimonianza della propria coscienza, la realtà del peccato, la convergenza delle probabilità.
Il giudizio positivo di Jaki su Newman è parte di una globale visione ecclesiologica che ha condannato alcune recenti teologie, tendenti a negare concetti come il significato della colpa e il valore della redenzione.
Le concezioni epistemologiche
Il primo contributo relativo alle concezioni epistemologiche di Jaki è quello di Jacques Vauthier (pp. 25-34), professore onorario di matematica alla Sorbona, che ha illustrato un particolare presente in tutte le opere di Jaki che trattano questioni scientifiche.
Si tratta del versetto biblico del Libro della Sapienza 11,20: omnia in mensura, et numero, et pondere disposuisti (Tu che hai disposto tutto con misura, calcolo e peso). Secondo Jaki la scienza si distingue dalle altre discipline del sapere per il fatto di vertere intorno alla quantificazione della realtà. Alla base della pratica scientifica, pertanto, vi è l’attività delle misurazioni. Il cristianesimo è stato un fondamento essenziale per il conseguimento della scienza e una delle ragioni è data proprio dall’importanza di questo versetto, uno dei più citati nei trattati medievali di filosofia naturale.
Nel saggio successivo Lucia Guerra Menéndez (pp. 35-43), Lettrice di Fisiologia Umana all’Università San Pablo CEU di Madrid, si è occupata della concezione bioetica di Jaki. Jaki non ha dedicato alla bioetica la maggior parte dei suoi scritti, anche se la sua visione è assolutamente degna di nota. La suddetta specificità matematica della scienza comporta la sua distinzione rispetto all’etica, poiché in quest’ultima disciplina le misurazioni non hanno alcun ruolo. Questa concezione porta automaticamente alla negazione dello scientismo, cioè la pretesa che tutte le nostre valutazioni, anche quelle etiche, poggino sui contenuti e i valori della ricerca scientifica. La conseguenza è quella di riconoscere che solo una prospettiva fondata sul cattolicesimo può avviare l’umanità verso un uso corretto del sapere scientifico e della tecnologia.
Nella società odierna la concezione scientista, secondo la quale la validità etica di un’applicazione tecnologica è data soltanto dalla sua validità scientifica, ha trovato un valido alleato nel relativismo che permea larghi strati della nostra società. Fenomeni di massa come le pratiche abortive, l’uso incontrollato delle tecnologie militari e il controllo sulla popolazione fondato su pessime visioni dell’uomo, come il Darwinismo Sociale, rappresentano, pertanto, diversi aspetti dello stesso problema. Si tratta di un errore epistemologico e, allo stesso tempo, etico.
Tali pratiche, infatti, riflettono una scorretta considerazione della scienza che si è innalzata impropriamente a giudice supremo della vita pubblica, andando ben al di là della sua impostazione meramente quantitativa. Il fatto che dei rappresentanti di altre confessioni cristiane abbiano legittimato alcune delle pratiche sopracitate conferma che solo la cultura cattolica, e la Chiesa come istituzione, sono in grado di proporre una valida alternativa alla contemporanea deriva morale.
La posizione filosofica
Nel corso della sua attività di ricerca Jaki ha assunto una precisa posizione filosofica, collocandosi nell’ambito del realismo metodico, ispirato dal pensiero di Etienne Gilson, e la filosofia del senso comune, affermata da autori come Antonio Livi. É questo il contenuto del lavoro di Hrvoje Relja (pp. 45-52), docente di metafisica e filosofia della religione presso l’Università di Split (Croazia). Cogliere la realtà oggettiva è il primo passo per un approccio veritativo al sapere e in questo senso i giudizi fondamentali del senso comune precedono la scienza.
Quest’ultima, infatti, poggia sulle nozioni primarie per articolare una conoscenza fondata sulle quantità. Le strade della scienza e le vie verso Dio2, dunque, costituiscono un unico percorso intellettuale che parte dalle certezze evidenti per giungere alla conoscenza scientifica e al riconoscimento dell’opera del Creatore.
Più specifico è il contributo offerto da Jason Mitchell (pp. 53-87), docente presso l’Ateneo Regina Apostolorum, che ha delineato la posizione di Jaki in merito alla metafisica tomista. Secondo Jaki, la scienza presuppone alcuni assunti metafisici: l’intellegibilità della natura, la sua semplicità e uniformità, il principio di simmetria. Nonostante che a partire dall’era del Positivismo gli scienziati abbiano escluso questa disciplina dai loro interessi, «la metafisica è un passo al di là della scienza, ma non un passo al di là della natura» (p. 56).
In generale, Jaki approva la teoria della conoscenza di San Tommaso, anche se critica il fatto che l’Aquinate abbia adottato la visione del mondo aristotelica. I risultati dell’odierna cosmologia, inoltre, confermano la validità della metafisica realista come concezione di un Universo che, in quanto tale, è una certezza ovvia, consistente nella totalità e unità dei fenomeni in interazione tra loro. Questi sono i capisaldi della metafisica tomista che risultano ancora validi oggi e che invalidano i contenuti di filosofie come quella kantiana o quella idealista.
Anche nel campo propriamente scientifico sono apparse concezioni inaccettabili, come quella dell’indeterminismo che nega il ruolo della causalità a livello subatomico. Solo il cristianesimo, dunque, è stato in grado di affermare quella metafisica che, eliminando i residui panteisti e teleologici del cosmo greco, ha aperto la strada all’avvio dell’impresa scientifica.
La nascita della scienza nel mondo cristiano
Gli ultimi due lavori di questa raccolta riguardano la teoria di Jaki concernente l’origine della scienza nel contesto cristiano.
Il Prof. Paul Haffner (pp. 117-148), della Pontificia Università Gregoriana, presenta un saggio basato sui contenuti di due sue recenti pubblicazioni riguardanti il pensatore ungherese. Haffner inizia con una dettagliata trattazione di quelli che Jaki definisce gli stillbirths of science, ovvero le mancate nascite della scienza nei contesti non cristiani.
Le visioni panteiste e animiste, che escludono l’esistenza di un Creatore dal nulla dell’Universo, sono state alla base delle cosmologie di molte antiche civiltà. Queste ultime, nonostante notevoli progressi nella tecnica e nella conoscenza matematica, non sono giunte alla scienza esatta che, secondo Jaki, consiste nella formulazione delle leggi del moto dei corpi. Anche in contesti monoteisti, come quello islamico ed ebraico, tuttavia, non si è avuta quella svolta fondamentale che è avvenuta solo nel mondo cristiano. Nel prosieguo del suo lavoro, Haffner affronta l’argomento della prospettiva metafisico-realista cristiana, culminata con i concetti della cristologia, che ha consentito al contesto dell’Europa occidentale di raggiungere la vera conoscenza scientifica.
Alessandro Giostra (pp. 149-160), insegnante di filosofia nelle scuole superiori, approfondisce la teoria di Jaki sulla nascita della scienza nel mondo cristiano. Tra le opere di Jaki, Giostra ha preso in considerazione soprattutto The Savior of Science3, uno dei lavori più completi pubblicati dal nostro autore. Alla base delle leggi del movimento vi è il principio di inerzia, espresso correttamente da Newton e, prima di lui, da Cartesio. L’origine del principio di inerzia, tuttavia, risale al periodo medievale e, in particolare, alla teoria dell’impetus di Buridano.
Questa teoria, infatti, oltre a rappresentare una prima, seppur imperfetta, formulazione dell’inerzia, ha unificato tutte le tipologie di moti di un Universo come creatura divina. Per tutto ciò il monoteismo cristiano ha avuto un’importanza decisiva. Nella sua analisi Giostra tratta la centralità della cristologia per questo processo di acquisizione del sapere. Solo concependo Cristo come Unigenito (Monogenes), cioè unica realtà generata da parte del Padre, la cosmologia cristiana ha evitato del tutto l’idea di un Universo come emanazione da un primo principio.
Questa è la ragione per la quale, anche le cosmologie islamiche ed ebraiche, nonostante il loro monoteismo, non sono riuscite a effettuare un determinante passo in avanti. In più di un’opera Jaki ha spiegato come Avicenna, noto esponente del pensiero medievale islamico, si sia avvicinato alla formulazione dell’impetus, ma che non sia riuscito a esprimere compiutamente questo concetto proprio a causa dei residui panteistici del cosmo da lui concepito. Jaki, con questa teoria, dimostra tutta la sua assoluta originalità e si pone in continuità con il pensiero di Pierre Duhem, lo scienziato francese che ha fondato la storia della scienza come disciplina specifica e ha individuato il collegamento tra la fisica medievale e quella moderna4.
Questa raccolta di saggi si distingue per l’ottimo livello di ogni singolo contributo e rappresenta un valido strumento per rendere noto il pensiero di Jaki non solo in ambito accademico, ma anche tra chiunque sia interessato alle tematiche della riflessione scientifica e ai rapporti tra scienza e fede.
Rafael Pascual, Antonio Colombo
Commemorazione di Padre Stanley L. Jaki OSB nel primo anniversario della sua morte
IF PRESS – Pagine 168 – Euro 15,00
Recensione di Alessandro Giostra
(Stanley Jaki Society)
Note
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S.L. Jaki, Les tendances nouvelles de l’Ecclésiologie, Roma, Herder 1957.
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S.L. Jaki, The road of science and the ways to God, Edinburgh, Scottish Academic Press 1980 – versione italiana: Le strade della scienza e le vie verso Dio, Milano, Jaca Book 1994.
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S.L. Jaki, The Savior of Science, Grand Rapids, Wm. B. Eerdmans Publishing Co. 2000.
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Lo stesso Jaki ha pubblicato qualche lavoro sulla figura di Duhem. Tra questi si segnala: Uneasy genius : the life and work of Pierre Duhem, The Hague, Martinus Nijhoff Publishers 1984.
© Pubblicato sul n° 55 di Emmeciquadro