Non mancano i testi e le riflessioni sul tema “scienza e fede” ma questo ha il pregio di offrirci una ricognizione ampia alla luce del dibattito più attuale e di fornire alcune indicazioni particolarmente preziose per chi intende affrontare l’argomento dall’interno di un’esperienza di insegnamento.
Gli autori infatti sono due docenti di scuola superiore (oltre che collaboratori di enti di ricerca e universitari): uno di matematica e fisica, l’altro di storia e filosofia; e nella loro trattazione fanno emergere una sensibilità metodologica, accanto alla preoccupazione di dissipare i numerosi equivoci sottesi a molte delle posizioni più divulgate e più presenti nei media. A partire dall’equivoco sottile legato al tema del dialogo, tema che è il filo conduttore e il punto propositivo conclusivo del libro.
Dopo aver sottolineato il “nuovo clima di dialogo che si sta creando, supportato anche da rilevanti iniziative accademiche ed editoriali, gli autori segnalano opportunamente che alla base del reciproco avvicinamento in atto “non è, come a volte si crede, la tendenza di alcuni filosofi della scienza (si pensi a Paul Feyerabend) a relativizzare quest’ultima o la deriva di quei teologi che rinunciano ad essere legati al magistero della Chiesa. Non è, insomma, l’indebolimento della scienza o quello della fede a determinare il loro dialogo bensì, al contrario, il loro approfondimento”.
Si comprende quindi come un’azione educativa che favorisca una introduzione alla varie discipline senza sconti e secondo tutta la loro portata, possa costituire di fatto un passo rilevante verso il dialogo e la positiva interazione.
La rassegna delle posizioni in campo condotta dagli autori ci fa scorrere davanti alcune figure emblematiche sui diversi (presunti) fronti.
Così ritroviamo i volti noti di quel Richard Dawkins che sentenziava: “In qualsiasi forma, l’ipotesi di Dio è superflua”; o quello di Christopher Hitchens, che quasi fino ai suoi ultimi giorni ha trovato spazio sulla grande stampa inglese con le grossolane affermazioni del tipo: “ogni tentativo di conciliare la fede con la scienza e la ragione è destinato al ridicolo”; o quello dello sprezzante Paolo Flores d’Arcais, certo che le grandi domande tradizionali della filosofia “hanno già trovato – tutte –risposte adeguate e anzi spiegazioni che costringono all’ateismo”. C’è posto anche per i tentativi di mediazione, come quello di Orazio Franceschelli nei rapporti col darwinismo, o quello di Stephen Jay Gould con i suoi “magisteri non sovrapposti”.
La prospettiva interessante però non è quella della mediazione ma della ricomposizione in unità. Qui non possono non essere citati i numerosi scienziati che hanno testimoniato questa possibilità; richiamando la giusta osservazione di Alister McGrath che “il concetto comune di una protratta guerra tra scienza e Chiesa, che continua fino ai giorni nostri, è un esempio di propaganda vittoriana, assolutamente in conflitto con i fatti”.
Più che insistere sui contrasti e sulla possibilità o meno di una riconciliazione, sembra utile, soprattutto per una preoccupazione educativa, far venire allo scoperto il notevole arricchimento reciproco che un approccio unitario può favorire. Qui il testo offre diversi percorsi di approfondimento, a partire dal problema centrale dell’esistenza di Dio, al dibattito sulla specificità dell’homo sapiens, fino ai problemi posti dalle neuroscienze; sempre in una chiava propositiva e costruttiva, pur senza minimizzare o ignorare difficoltà, problemi e questioni irrisolte.
Molto opportuna anche l’idea di dedicare un capitolo all’etica, “un campo che si è prestato, forse più di altri, sia all’estremizzarsi del conflitto tra scienza e fede, sia all’apertura di una dialogo tra esse”. In contrapposizione con alcune tendenze contemporanee che sostengono il fondamento scientifico (evoluzionistico) della moralità, Briguglia e Savagnone si richiamano a Maritain “convinto assertore della natura razionale del discorso etico, ma di una razionalità diversa da quella scientifica”; e riprendono da Hans Jonas le considerazioni sul superamento della distinzione tra conoscere e fare, ovvero tra scienza pura e applicata, a causa delle profonde trasformazioni della ricerca scientifica odierna. Senza escludere di porre limiti etici a una invocata libertà di ricerca assoluta: “non è la fede ma la ragione a suggerirlo”.
Infine, il rinnovato invito al dialogo è accompagnato dall’indicazione di tre condizioni necessarie: il rispetto reciproco dei diversi domini di esperienza; la consapevolezza del limite dei propri metodi di indagine; l’attitudine interiore all’esplorazione di vie nuove.
Si potrà così andare molto più in là del semplice giudizio che i due ambiti, scienza e fede, sono compatibili; per arrivare a un dialogo che si trasformi in “reciproca provocazione intellettuale”.
Alfio Briguglia – Giuseppe Savagnone
Scienza e fede. La pazienza del dialogo
Editrice ELLEDICI – Leumann (TO) 2010
Pagine 207 – Euro 14,00
Recensione di Mario Gargantini
(Direttore della Rivista Emmeciquadro)
© Pubblicato sul n° 55 di Emmeciquadro