Una raccolta di storie di scienziati che avvince anche più di quanto titolo e sottotitolo sembrano promettere. Nella mentalità corrente la ricerca biologica si occupa di DNA e di genetica molecolare e tratta temi di oggi. Qui, invece, si parla di studi botanici compiuti da scienziati del passato, anche remoto, collocati nel racconto di vite avventurose e proposti evidenziando il loro significato rivoluzionario nella storia della scienza.
Il linguaggio è piano e la lettura scorrevole – perciò il libro è adatto anche a giovani studenti-, ma è piacevole anche per molti addetti ai lavori rileggere, in un quadro di sapiente tecnica comunicativa, l’avventura scientifica dei diversi personaggi. Per esempio, quando si parla di Mendel (capitolo IX, dal significativo titolo L’ereditarietà e le sue leggi) la chiusura del mondo scientifico ai suoi lavori è raccontata così: «molti dei presenti sono personalmente affezionati al simpatico monaco e lo apprezzano per alcune sue osservazioni naturalistiche […] ma quello che sta raccontando ora non ha alcun senso. Con meraviglia i presenti sentono parlare di rapporti numerici fra gli ibridi. Si guardano stupiti l’un l’altro: cosa significa tutta questa matematica? Da quando per descrivere degli incroci fra piante c’è bisogno di tutta questa complessità?» Così in poche righe viene illustrata la grandissima rivoluzione portata da Mendel nella biologia, lo studio statistico dei fenomeni, e l’indifferenza in cui le sue opere resteranno per il mezzo secolo successivo.
In questo filone si inseriscono anche le ricerche di altri uomini, noti spesso solo in una cerchia ristretta di addetti ai lavori, come per esempio Francesco Delpino (capitolo VII), ritenuto il fondatore della biologia vegetale (seconda metà dell’Ottocento), che studia i rapporti tra le piante e l’ambiente. Odoardo Beccari (capitolo VIII) che, studiando campioni raccolti durante numerose esplorazioni nei paesi esotici, ha anticipato molte idee dei biologi contemporanei. E la rilettura, in chiave botanica, dell’opera di scienziati famosi: Leonardo da Vinci (capitolo IV, I segreti della fillotassi), Marcello Malpighi (capitolo V, Dal semplice al complesso), Charles Darwin (capitolo VI, Farfalle e altre storie di famiglia). Per quanto riguarda Malpighi (1628-1694), «fondatore dell’anatomia microscopica e il primo vero istologo della storia», l’autore fa riferimento ad opere fondamentali per la botanica e precisa come il suo lavoro sia «straordinario […] anche dal punto di vista metodologico (pagina 55)».
Poi ci sono i botanici – agricoltori che hanno lavorato con l’intento di aiutare popolazioni afflitte dal flagello della fame. Per esempio George Washington Carver (capitolo I), nero d’America nato schiavo che diventa docente universitario, inventa un metodo di rotazione per le colture di cotone basato sulle arachidi e introduce l’uso di questo legume negli USA. Oppure il russo Nikolai Ivanovic Vavilov (capitolo II) che dedica tutta la sua breve vita (muore a cinquant’anni vittima del regime staliniano) al miglioramento genetico del grano e realizza una immensa banca dei semi giunta fino a noi nonostante la seconda guerra mondiale. O Ephraim Wales Bull (capitolo III) che nell’arco del XIX secolo e della sua lunga vita (muore nel 1895 a quasi 90 anni) riesce a selezionare e migliorare nel tempo una varietà di uva adatta ai rigori del clima nord americano.
Infine i personaggi famosi in altri campi del sapere: Johann Wolfgang Goethe, Jean-Jacques Rousseau e Charles Harrison Blackley a cui rimandiamo il lettore ora più curioso.




Stefano Mancuso

Uomini che amano le piante.
Storie di scienziati del mondo vegetale

Giunti Editore – Milano 2014

Pagine 144 – Euro 14,00

Recensione di Maria Cristina Speciani

© Pubblicato sul n° 55 di Emmeciquadro

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