Chris Impey, Vicedirettore del Dipartimento di Astronomia dell’Università di Arizona, ha ottenuto riconoscimenti importanti non solo per le sue attività di ricerca nell’ambito dell’astronomia galattica ed extra-galattica, della cosmologia e della formazione delle stelle, ma anche per aver dato vita a progetti importanti che riguardano la diffusione delle conoscenze astronomiche attraverso il supporto delle nuove tecnologie, in particolare attraverso un sito di grande successo. È anche autore di libri di argomento scientifico rivolti al grande pubblico.
In occasione del Meeting per l’Amicizia tra i Popoli 2014, a Rimini, gli sono state rivolte alcune domande sul motivo del suo interesse per la comunicazione e per la formazione scientifica dei giovani.
Professor Impey, ci parli un po’ di lei: quando ha iniziato a occuparsi della formazione degli studenti, oltre che di ricerca ?
Sono nato in Scozia a Edimburgo dove mi sono laureato in fisica. Ho cominciato a insegnare in Arizona quando ho iniziato il mio lavoro di ricerca in astronomia, non avendo, come da prassi, nessuna esperienza di insegnamento. Da subito ho potuto apprezzare l’importanza di insegnare mentre si fa ricerca. Infatti inevitabilmente come ricercatore si ha a che fare con aspetti tecnici molto specialistici. Insegnare consente di non dimenticare le grandi domande ancora non risolte, del tipo: cos’è il tempo e come si misura? e costringe a chiedersi e a giustificare perché vale la pena occuparsi di ricerca.
Mi ha aiutato a vedere le cose in una diversa prospettiva, anche perché gli studenti a cui tenevo il corso nella mia prima esperienza di insegnamento studiavano letteratura, economia, discipline non scientifiche; dunque il loro approccio era completamente diverso.
Quali sono i principali problemi che ha riscontrato insegnando astronomia e quali difficoltà ha rilevato da parte degli studenti?
Uno dei principali problemi che ho constatato negli studenti a cui io insegno è che non dispongono assolutamente di una cultura scientifica: le poche e povere informazioni che hanno non sono connesse fra loro, facilmente le dimenticano proprio perché sono frammentate oltre che scarse.
Questo dipende dal fatto che in famiglia non parlano di argomenti scientifici e neppure fra di loro; al massimo fanno commenti sui professori ma non sulle materie che apprendono. Certamente questo è dovuto anche a come si insegnano le scienze: tra le diverse discipline non c’è comunicazione, il sapere diventa sempre più specializzato.
Tuttavia c’è da considerare anche un altro aspetto: oggigiorno la quantità di conoscenza è troppo vasta perché uno scienziato riesca a tenersi informato su un campo di ricerca affine o addirittura sul suo stesso campo di ricerca. Gli scienziati tendono a specializzarsi, e perciò devono conoscere ogni aspetto del proprio particolare argomento. Ai tempi di Galileo la conoscenza scientifica era minore ed era dunque possibile per una persona istruita sapere quasi tutto. Inoltre c’era una visione condivisa del mondo che consentiva con maggior facilità un dialogo tra filosofia, religione e astronomia.
Negli studenti di oggi manca del tutto la consapevolezza dell’importanza, in quanto cittadini, di avere conoscenze scientifiche. Parte di questa consapevolezza consiste nel conoscere il budget a livello nazionale destinato non solo alla ricerca ma anche alla formazione e divulgazione scientifica. Parte nel possedere dei criteri di giudizio riguardo alle scienze e in particolare alle nuove branche del sapere; per esempio riguardo ai cambiamenti del clima le persone non hanno le basi conoscitive generali per comprenderle, come il principio di conservazione dell’energia o la quantità di energia immagazzinata negli oceani e nell’atmosfera.
Di conseguenza la maggior parte delle persone non ha opinioni sulle tematiche scientifiche, non esiste un dibattito circa il ruolo della scienza nella società, non sono noti i vantaggi che potrebbero derivare dall’esplorazione spaziale; si guarda la scienza anche con sospetto, come se rappresentasse una minaccia.
Come si può a suo parere incrementare l’interesse per le scienze negli studenti?
Per quanto riguarda ciò che insegno la sfida è impegnativa in quanto l’astronomia di per sé non rappresenta un aspetto che riguarda la vita quotidiana. Dunque parto da contenuti che hanno maggiori connessioni con essa, che potrebbero interessare di più ed essere meglio compresi.
Si possono immaginare luoghi nello spazio che potrebbero essere esplorati mediante viaggi spaziali, luoghi dove altri viventi potrebbero essere scoperti o dove gli uomini potrebbero vivere nel futuro; tutto ciò ha il potere di insegnare anche qualcosa riguardo alla vita sul nostro pianeta.
Per fare un esempio importante e suggestivo, quando parlo agli studenti delle stelle e dell’età della terra a volte ne trovo alcuni che non sono interessati per niente all’astronomia. Ma andando più a fondo constato che quegli stessi studenti, invece, si stupiscono quando apprendono che ciascuno degli atomi di cui è costituito il loro corpo proviene da una certa generazione di stelle avente più di quattro miliardi e mezzo di anni. Perciò si potrebbe dire che la parte della nostra storia che racconta da dove arrivano gli atomi di carbonio, azoto e ossigeno di cui siamo fatti biologicamente, è una storia di astronomia. E questa storia può essere raccontata. Ritengo che qualunque persona ha l’esigenza di domandarsi da dove arriva e dovrebbe poter conoscere qual è la sua origine.
Per quanto riguarda i metodi di insegnamento che utilizzo, alla lezione frontale classica io non dedico mai più del 20-30% del tempo, perché non ritengo che la cosa più importante da apprendere siano le informazioni.
L’approccio che utilizzo è più dinamico: esperimenti pratici, stile hands-on, oppure esercizi che devono essere svolti a gruppi con il mio supporto (o di altri esperti) avendo a disposizione alcune informazioni chiave. Alcuni problemi possono avere molte soluzioni, altri essere insolubili: magari, come nella realtà, la risposta giusta non esiste o non è stata ancor trovata.
L’importante è innescare delle discussioni, coinvolgere le persone in un lavoro che alla fine viene giudicato insieme fra tutti i gruppi, per esempio l’osservazione di un oggetto per arrivare a definirlo, come farebbe un ricercatore. Oppure partendo da un quesito che pongo immaginando una catastrofe fantascientifica o cose simili, invito a formulare ipotesi capaci di evitare le catastrofi incombenti. Di solito questo approccio funziona: gli studenti diventano più interessati al loro lavoro e dunque allo studio delle scienze.
Quali sono i progetti che lei ha contribuito ad avviare nell’ambito della formazione?
Galaxy zoo è un progetto nato nel 2007 (passato da 100000 iscritti a 400000 nel 2011) per incentivare la partecipazione delle persone alla ricerca scientifica e per incrementare le conoscenze scientifiche.
Le persone coinvolte hanno imparato a classificare galassie dopo un po’ di allenamento consistito nell’imparare ad analizzare alcune fra i dieci milioni di galassie già classificate dai ricercatori, una per una perché il computer spesso commette degli errori.
I risultati sono stati eccellenti. La piattaforma Udemy è un buon mezzo per raggiungere molti studenti e astronomi; infatti attualmente nel sito sono registrati 17000 studenti, di cui il 40-45% sono stranieri. Viene utilizzata per offrire un corso universitario on-line gratuito, richiede solo un certificato. Contiene interviste a ricercatori, discussioni, video scientifici, materiale da leggere.
Il mio obiettivo è di utilizzare il sito anche per permettere agli studenti universitari in USA di maturare crediti; per gli altri sarà più difficile, occorrerà certamente più tempo per via di ostacoli burocratici.
Vai all’articolo in formato PDF
a cura di Nadia Correale
(Docente di matematica e Scienze alla Scuola Secondaria di primo grado)
Indicazioni sitografiche
Riferimenti per i progetti già avviati:
http://chrisimpey-astronomy.com/
© Pubblicato sul n° 55 di Emmeciquadro