Una didattica innovativa non consiste solo nel trovare nuove forme rispetto alla «vecchia» lezione frontale: una nuova forma è efficace se intercetta le esigenze degli studenti e la loro categorialità.
Per i ragazzi della secondaria di primo e di secondo grado si pensa che il «gioco» non possa essere un’attività che genera apprendimento. Certo, la scuola deve essere una cosa seria, perciò non si tratta di «gioco» come intrattenimento o riempitivo. È vero, però, che una situazione di gioco, se ben costruita, offre anche a ragazzi grandi un contesto efficace di azione e rielaborazione, uscendo dalla routine scolastica, pur riguardando contenuti scolastici.
L’autore propone esempi di giochi, che offrono modalità di accesso ai concetti, diverse dalla sequenza esercizio/applicazione/ripetizione, coinvolgendo i ragazzi con risultati apprezzabili.
Da quando un alunno del primo anno di liceo artistico mi disse che aveva scelto quel tipo di scuola perché dava spazio alla creatività, alla bellezza, all’immaginazione, alla manualità, e che la matematica, siccome non era tutto questo, non l’avrebbe mai studiata, ho cominciato a cercare un modo di insegnare matematica in cui effettivamente tutti questi desideri buoni possano non essere pian piano offuscati.
Inoltre, quelle parole gli erano state dette dall’insegnante di italiano della scuola media. Così ho iniziato a lavorare su due fronti: cercare un tipo di didattica che rendesse i miei alunni protagonisti del loro apprendimento, e sviluppare rapporti con docenti di altre discipline.
A ogni età il suo gioco
Contemporaneamente, osservavo i miei figli che cominciavano a giocare insieme con giochi, del tipo Memory, Indovina chi, Tombola, e notavo la modalità del gioco come possibilità di entrare in rapporto personale con qualcosa. Infatti, per i bambini il gioco è una cosa seria, ci si tuffano dentro, si arrabbiano se non vincono …; vedevo che nel gioco può emergere la persona come protagonista di un’attività. Inoltre, in molti giochi spesso manca un algoritmo definito o non c’è un unico schema di comportamento, occorre individuare strategie diverse in ogni partita.
Ciò interessa in modo particolare alla matematica. «Nel gioco si può spezzare il circolo vizioso regola-applicazione, problema-schema risolutivo che avvilisce l’apprendimento matematico e lo riduce ad addestramento, e si possono reintrodurre invece elementi di intuizione, creatività, prefigurazione, competizione e infine divertimento, che non dovrebbero mancare in nessuna attività matematica»1.
Nel gioco, inoltre, è spontaneo raccogliere la sfida di un problema e trovare motivi di coinvolgimento. Un ragazzo, quando gioca, sorprende se stesso in azione e nella sorpresa acquisisce nuove modalità per entrare in rapporto con il mondo esterno, così può sviluppare le proprie potenzialità intellettive e affettive. La modalità del gioco, inoltre, richiede una sana competizione, e favorisce anche l’imitazione tra pari, perché i ragazzi si osservano e quando vedono una modalità vincente cercano di imitarla.
È nata così l’idea del kit Creattivamath, tra i banchi di scuola di un liceo artistico e dall’intuizione di creare giochi di modalità simili a quelle più diffuse, ma a soggetto matematico, che possano coinvolgere anche ragazzi grandi. È possibile, infatti, che attraverso un gioco fatto insieme, i ragazzi vedano ciò che studiano in un contesto non prettamente scolastico e formale e comprendano ciò che hanno acquisito sotto una nuova prospettiva: a volte questo può essere di stimolo per una ripresa dello studio e per una assimilazione migliore dei contenuti.
Non va sottovalutato, poi, che nel gioco, l’errore è guardato come qualcosa di normale, diventa un punto su cui riflettere per evitarlo nella successiva partita. Si scopre così che l’errore non è di per sé negativo, ma è piuttosto un punto da cui ripartire.
Anche se il gioco non è l’unica possibilità per percepire che la matematica è un’attività da fare in prima persona, esso può essere un inizio, può offrire l’opportunità di un’esperienza umana che tiene insieme ragione e cuore, dunque coinvolgente.
Creattivamath: un nuovo strumento
Da queste considerazioni si è sviluppata l’idea di rivisitare, modificandoli in giochi a squadre prettamente matematici, alcuni giochi di società generalmente conosciuti: sono così nati, costruiti con materiale semplice e presentati con le relative regole, più o meno variate sulle regole usuali, Bingo equation, Traduci math, Taboo math, Wanted, Domino e due giochi inventati da me, Doppio senso algebrico e Cosa vedi.
I giochi scelti sono stati pensati rispetto a questi obiettivi didattici: riflettere sulle definizioni degli oggetti matematici e sulle loro proprietà; acquisire padronanza del linguaggio e del formalismo matematico e riconoscerne la funzionalità; riconoscere le differenze tra i vari oggetti matematici, siano essi oggetti algebrici o geometrici o le loro rappresentazioni; trasformare espressioni simboliche (algebriche); approfondire le relazioni di uguaglianza e di equivalenza; descrivere le caratteristiche peculiari degli oggetti matematici.
Tutti i giochi sono a squadre, perché nel gioco si possano anche acquisire competenze utili per lavorare in team: saper ascoltare, proporre congetture e argomentarle, cambiare idea e strategia quando è necessario.
Di seguito ne do una breve presentazione.
Bingo equation
Simile alla tombola anche se senza ambo, terno, quaterno e cinquina. Ogni alunno ha la sua tabella, in cui sceglie lui stesso 8 numeri interi diversi, compresi tra -20 e 20, da inserire.
Il docente estrae da un mazzo una carta, su cui è scritta un’equazione, e la legge ad alta voce. La soluzione dell’equazione sarà il numero che si potrà cancellare, se c’è, nella propria tabella.
Vince chi fa bingo, cioè chi cancella per primo tutte le caselle della propria tabella. All’interno del mazzo ci sono anche equazioni impossibili e indeterminate: se esce un’equazione impossibile, non si può cancellare nessun numero della cartella, se invece esce un’equazione indeterminata, si possono cancellare tutti i numeri; siccome vince chi se ne accorge per primo… occorre imparare a riconoscere questi tipi di equazione!
Traduci math
Si divide la classe in due squadre, A e B. Si dispone un mazzo di carte al centro, si decide chi inizia: sia per esempio la A. La squadra A pesca una carta, legge in modo chiaro la frase in italiano, che descrive un oggetto matematico, alla squadra B, la quale ha un minuto di tempo per rispondere. Se la risposta è corretta la squadra A pesca un’altra carta e ripete il procedimento, altrimenti le parti si invertono. Comunque dopo tre risposte consecutive corrette il gioco passa di mano.
Per ogni risposta corretta si avanza di una casella sul tabellone e vince chi arriva prima all’ultima casella.
Taboo math
La classe si divide in due squadre. Ogni squadra a rotazione sceglie il «pescatore» che deve mettersi di fronte alla propria squadra, girare la clessidra, pescare una carta e cercare di farla indovinare, ma attenzione, non deve pronunciare alcune delle parole inserite nella carta, che sono «taboo». Se le dice, i compagni della squadra avversaria «buzzerranno» e dovrà cambiare carta.
Il numero di carte indovinate nel tempo scandito dalla clessidra corrisponde al numero di caselle di cui la pedina della squadra avanza nel tabellone.
Wanted
Il gioco si ispira a Indovina chi?. La classe si divide in due squadre: rossi e blu. Si hanno a disposizione tre mazzi di carte su cui sono rappresentate o figure geometriche (primo livello del gioco) o grafici di funzione (secondo livello di gioco).
A ciascuna squadra viene dato un mazzo, i ragazzi posizionano le carte sui banchi rivolte verso l’alto. Dal terzo mazzo le due squadre pescano una carta. Quella pescata sarà la carta che l’altra squadra dovrà indovinare.
Per indovinare, le squadre devono porre domande alla squadra avversaria, domande che devono avere come risposta solo o sì o no (per esempio: è una funzione limitata?). Ogni squadra a turno fa una domanda, in base alla risposta toglie dal banco le carte che non hanno la proprietà o la caratteristica che invece ha la carta da scoprire. Il turno poi passa alla squadra avversaria e si continua in questo modo. Vince chi indovina per primo la carta pescata dall’altra squadra.
Domino relativo
Si gioca come nel domino normale. Ai ragazzi viene distribuito un numero uguale di carte (non tutte!), sulle quali è scritta una breve espressione numerica, come per esempio -2-3: in corrispondenza, bisogna collocare una carta la cui somma dei numeri relativi sia uguale a -5. Vince chi termina per primo e senza errori le proprie carte. A ogni errore, bisogna pescare una carta di quelle avanzate dal mazzo.
Doppio senso algebrico
La classe si divide in due squadre. A ciascuna squadra si dà un mazzo di colore diverso che viene distribuito ai ragazzi in modo equo. In un mazzo compariranno espressioni algebriche, del tipo: (2x+3)2. La squadra che ha questo tipo di mazzo deve svolgere il prodotto notevole e dire ad alta voce il risultato. Un ragazzo della squadra avversaria avrà la carta corrispondente: 4x2+9+12x.
Se la squadra che chiama la carta dice bene il risultato, acquista un punto. Al turno successivo è l’altra squadra a chiamare e quindi questa dovrà fare il processo inverso, cioè riconoscere il prodotto notevole e risalirvi. Se chiamerà la carta giusta acquisterà un punto.
Finite le carte, le squadre si scambiano i mazzi e si ricomincia. Vince la squadra che ha totalizzato un maggior punteggio.
Cosa vedi
La classe si divide in due squadre. Il giocatore, scelto a rotazione dalla squadra, pesca una carta da un mazzo, e in un minuto di tempo dice tutti i modi in cui riesce a vedere la formula scritta sulla carta. La squadra va avanti di tante caselle sul tabellone quante sono le risposte giuste. Poi il turno passa alla squadra successiva. Vince chi arriva prima all’ultima casella del tabellone.
Dopo aver mostrato questi giochi nel 2013 a diversi colleghi di matematica, all’interno della Bottega di Matematica nel convegno annuale dell’Associazione DIESSE (Didattica E Innovazione Scolastica), grazie all’interesse e all’entusiasmo dei docenti presenti, ho avuto l’idea di produrre una scatola kit con i giochi.
A oggi ne sono già state fatte due ristampe, per gennaio 2016 uscirà la terza ristampa con ulteriori aggiustamenti e approfondimenti, perché il kit è uno strumento da arricchire e integrare di anno in anno.
Il nome scelto, Creattivamath, è legato all’esperienza del fare matematica: la ragione che si muove, che si attiva ponendo domande, azionando degli «ingranaggi» (le deduzioni, le conseguenze).
La verifica nell’esperienza dei docenti
I giochi del kit che sono stati più utilizzati tra i docenti di scuole secondarie di primo e secondo grado, sono stati finora Bingo equation, Wanted e Tabù math, forse anche perché sono i più semplici.
Per quanto concerne il primo gioco, Bingo equation, tutti gli insegnanti che l’hanno sperimentato in classe l’hanno ritenuto un modo valido per far capire la differenza tra equazioni indeterminate e impossibili.
Nel gioco conoscere questa differenza è fondamentale, perché vince chi riconosce e dice per primo che la carta ha un’equazione indeterminata! Spesso dopo sole due ore di gioco i «ragazzi degli ultimi banchi» riescono a competere attivamente e a vincere, rimettendosi a livello degli altri.
I docenti che hanno sperimentato il gioco Wanted delle funzioni raccontano: «I ragazzi sono stati portati naturalmente a riferirsi in modo ordinato alle trasformazioni, diventando consapevoli di quali modifiche esse determinino sull’equazione e sul grafico di una funzione.» L’esperienza raccontata per Wanted evidenzia l’efficacia rispetto all’obiettivo didattico del gioco: mettere ordine tra le proprietà dei poligoni per Wanted geometrico o riconoscere le trasformazioni per quanto concerne le funzioni, da quella più generale a quella che definisce l’oggetto considerato.
L’esperienza sul Tabù math è ritenuta interessante dai docenti, perché permette di verificare se i propri alunni se hanno studiato le definizioni e acquisito i concetti in modo mnemonico o ragionato. Alcuni insegnanti riferiscono: «È difficile incanalare il linguaggio in modo che sia matematico. Per esempio, se si trovano di fronte a parole come relazione o angolo, i ragazzi cercano di suggerirle descrivendo o la relazione di coppia, o quando il pugile mette all’angolo il suo avversario».
Ritengo che questo non sia un aspetto negativo del gioco, ma dia la possibilità all’insegnante di riprendere quelle parole e di riscoprire in esse analogie e differenze tra la lingua italiana e il concetto matematico. Successivamente, approfondito questo tipo di parole, il docente potrà porre l’ulteriore regola nel gioco di Taboo math, quella di non uscire dal contesto matematico.
Mentre i ragazzi giocano, l’insegnante può osservare le dinamiche relazionali, il loro modo di procedere e di esprimersi, le difficoltà riscontrate, scoprire errori o lacune su alcuni concetti, familiarizzare e relazionarsi con i ragazzi in modo diverso, scoprire in loro potenzialità prima sconosciute.
I giochi del kit non servono per introdurre concetti, come se fosse possibile imparare senza fatica, ma per la maggior parte sono nati per rendere più familiare uno sguardo diverso su ciò che si sta studiando in dato momento, per favorire un salto di conoscenza (fuori dagli schemi!), per osservare meglio i ragazzi e la loro modalità di approccio al problema. In questo senso, finora si stanno rivelando efficaci, per gli insegnanti disposti a rischiare una modalità nuova nel loro lavoro di classe.
Ho constatato che i giochi meno utilizzati sono il Traduci math e il Cosa vedi. Io stessa, sperimentandoli in classe, ho notato che sono i giochi ritenuti più difficili dai ragazzi: il primo perché richiede di tradurre il testo di un problema in linguaggio matematico formale, il secondo perché richiede di manipolare una formula goniometrica in quanti più modi possibili utilizzando di volta in volta regole diverse.
Credo che anche questi due giochi possano avere una significativa ricaduta didattica, il primo perché aiuta il docente e i ragazzi a riflettere sull’uso delle parole e dei connettivi in un testo (lavoro che potrebbe essere coordinato anche con l’insegnamento dell’italiano), il secondo perché aiuta nel cambiare prospettiva di fronte a un problema.
Finora, sono stati venduti e testati in classe più di un centinaio di kit. I ragazzi coinvolti hanno sempre apprezzato l’aspetto ludico, i docenti raccontano con entusiasmo l’esperienza, tanto che loro stessi hanno sia ampliato le carte dei giochi, per poter continuare a lavorare in quel modo anche per altri argomenti, sia creato nuovi giochi. Sono stati ampliati il Bingo equation in Bingo polinomi e Bingo potenze; il Doppio senso algebrico, che aveva le carte con le scomposizioni e i prodotti notevoli, è stato arricchito con carte sulle frazioni algebriche (la loro semplificazione e anche le condizioni di esistenza) ed è stato inventato un Pictionary Math e uno strumento per lo studio degli archi associati in goniometria, utile in particolare per i ragazzi con DSA.
Credo che questo kit possa adeguatamente rispondere all’esigenza di rendere lo studente protagonista attivo nel suo processo di conoscenza, in modo tale che sia più consapevole degli argomenti e degli oggetti trattati in ambito scolastico. Infatti, ogni volta che un ragazzo prenderà uno strumento del kit, rifletterà sulle domande poste, cercherà una nuova strategia, ricorderà gli errori commessi e metterà «in movimento gli ingranaggi del pensiero», percorrendo una nuova strada, la sua!
Così, per lo studente, il kit può costituire un trampolino di lancio per riscoprire cosa significa «fare matematica», e può essere un’occasione perché si renda conto di quanto sia interessante e affascinante raccogliere la sfida di un problema e attivarsi per la sua risoluzione.
Vai all’articolo in formato PDF
Grazia Cotroni
(Docente di Matematica e Fisica presso il Liceo Scientifico di Carsoli (AQ))
Chi desidera mettersi in contatto con l’autore, può farne richiesta alla redazione: [email protected]
Note
R. Manara, La matematica e la realtà, Marietti 1820, Milano-Torino 2002
© Pubblicato sul n° 58 di Emmeciquadro