Basterebbe commentare punto per punto il brano di Einstein che abbiamo posto a esergo di questo numero, per confermare e rilanciare la convinzione profonda che ha guidato questi diciotto anni di Emmeciquadro attraverso i sessanta numeri della rivista, dapprima in forma cartacea poi, dall’agosto 2011, disponibili on line.
Educare alla scienza, educare con la scienza: è questa la linea guida; e la convinzione, verificata nell’esperienza di tanti che ci hanno seguito e hanno trovato interessante collaborare a questa nostra impresa, è che ciò sia possibile, necessario e bello.
Per educare alla scienza bisogna essere convinti che ne valga la pena, cioè che le discipline scientifiche contengano qualcosa di importante e utile per la crescita della persona, per la sua capacità di rapportarsi con la realtà, per la formazione di quelle «personalità armoniose» di cui parlava Einstein.
Per educare con la scienza bisogna prendere sul serio la preoccupazione espressa da Einstein, che l’apprendimento scientifico si possa ridurre alla «acquisizione di conoscenze specializzate»; un rischio che se già era incombente un secolo fa oggi è ampiamente presente, sostenuto dalla abbondanza e dalla facile disponibilità di strumenti che rendono accessibili informazioni e contenuti dando l’illusione che così si alimenti la conoscenza.
L’avvertimento del padre della Relatività contiene però anche una preziosa indicazione metodologica che può aiutare a tracciare la strada per conseguire l’obiettivo che abbiamo posto nel titolo: si tratta di insegnare a pensare, a giudicare, a lavorare autonomamente. Le discipline scientifiche sono un potente e valido strumento in questa direzione; a condizione di non ridurre il loro insegnamento a una pura sequenza di informazioni o alla rincorsa agli effetti spettacolari o all’addestramento a procedure operative.
A scuola. Abbiamo aggiunto questa precisazione, che potrebbe sembrare superflua ma che riteniamo utile sottolineare in un momento in cui lo scenario educativo si arricchisce di nuovi elementi e si fa più complesso e spesso confuso.
Il contesto attuale è, ovviamente, molto diverso da quello della prima metà del Novecento e un vistoso elemento di diversità è la continua sollecitazione conoscitiva alla quale siamo sottoposti.
I giovani, specialmente, sono esposti a una pressante e caotica pioggia di informazioni, tra le quali è arduo distinguere le vere novità dai cloni, i risultati autentici dalle bufale, i fatti dalle semplici opinioni. Hanno inoltre a disposizione numerose e frequenti opportunità di vivere esperienze conoscitive, di incontro con la scienza e con le sue conquiste e i suoi problemi: ci sono sempre più musei interattivi, festival, eventi di ogni tipo, che propongono iniziative e pacchetti confezionati appositamente per gli studenti; e poi naturalmente c’è la TV, anche con i canali tematici, c’è Internet, ci sono prodotti multimediali di ogni genere (e qualità).
Non si vuol negare il contributo che tutto ciò può dare alla diffusione del sapere e all’ampliamento delle conoscenze; è innegabile però il carattere frammentario ed episodico di tutte queste opportunità; come pure la facile confusione dei livelli della comunicazione, la labilità del confine tra apprendimento, intrattenimento, gioco…
Il problema, lo ribadiamo, non è tanto opporsi a queste possibilità quanto piuttosto sostenere l’importanza di un luogo dove anche queste possano diventare tappe di un percorso educativo, dove l’interesse suscitato episodicamente diventi lavoro sistematico, dove la capacità autonoma di apprendimento diventi personalizzazione di quanto proposto da una guida e scoperto in un cammino insieme.
Un luogo dove anche gli incontri occasionali con la bellezza della scienza e i link con la sterminata varietà di contenuti digitali diventino fattori di crescita all’interno di relazioni educative significative.



Mario Gargantini
(Direttore della rivista Emmeciquadro)

© Pubblicato sul n° 60 di Emmeciquadro

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