L’autore descrive e commenta un percorso realizzato nella classe seconda in cui gli studenti sono guidati a incontrare il fenomeno luce nelle diverse sfaccettature con cui si presenta nella realtà che li circonda.
Dall’esperienza del guardare a quella del vedere, per intuire e poi verificare attraverso semplici attività sperimentali, somiglianze, differenze e relazioni sia di tipo qualitativo sia a volte di tipo quantitativo.
Evitando forme di arido nozionismo, per educare a porre domande e costruire insieme risposte adeguate, e per affinare lo sguardo andando oltre l’esperienza sensoriale.



 

 

 

Durante l’anno scolastico 2014-2015, nella classe seconda in cui insegno Matematica e Scienze ho proposto un percorso sulla luce che ho ideato a partire da esperienze precedentemente messe in atto che nel tempo mi hanno permesso di maturare l’attuale struttura. Inoltre mi sono riferita a due percorsi pubblicati su questa rivista1.
Una parte importante del percorso è stata realizzata in parallelo con una decina di ragazzi sempre di seconda (anche di altre sezioni), durante il corso di laboratorio di Scienze, facoltativo, offerto dalla scuola al pomeriggio tra settembre 2014 e febbraio 2015. I due gruppi di lavoro, quello del mattino e quello del pomeriggio, hanno collaborato in modo sinergico, con il vantaggio che i ragazzi del pomeriggio, essendo solo una decina, avevano sempre possibilità di realizzare in prima persona le attività sperimentali, esponendole poi agli studenti della mia classe (la strumentazione infatti non bastava per tutti gli studenti del gruppo classe).
Nel mese di gennaio durante l’open day, tutti gli studenti, suddivisi in gruppi, hanno eseguito e spiegato gli esperimenti realizzati nei mesi precedenti. Per ogni fase del percorso sono state fatte verifiche con «domande aperte» che richiedevano di «raccontare» quanto appreso, utilizzando anche il linguaggio grafico.
Parte della strumentazione necessaria è stato prestata alla scuola dalla professoressa Maria Bondani docente presso l’Università dell’Insubria di Como, la quale cura progetti e iniziative rivolte sia a docenti sia a studenti nell’ambito della Fisica2.
Altri esperimenti sono invece stati realizzati utilizzando un kit presente nel laboratorio della scuola, provvisto di un manuale di schede3 fra le quali ho selezionato le attività più significative. In particolare si è rivelato molto utile il laser montato su una piattaforma circolare dotata di goniometro su cui abbiamo posizionato uno specchio e oggetti di plexiglass di diversa forma per lo studio della rifrazione e riflessione; inoltre un semplice banco ottico dotato di schermo, lampadina, fori di diversa apertura da cui far passare la luce, lenti convergenti e divergenti per osservare l’ingrandimento o il rimpicciolimento dell’immagine di un oggetto.
Si potrà notare che questo percorso non affronta contenuti particolarmente originali o innovativi, ma ha come principale caratteristica quella di favorire un coinvolgimento degli studenti in attività sperimentali, a volte osservative a volte di misura, sempre guidate da me con domande-chiave; in una visione il più possibile unitaria del tema trattato, ho voluto mostrarne diverse sfaccettature e implicazioni. Il tutto allo scopo di introdurre al modo di procedere della scienza.



 

 

L’interazione della luce con i corpi

 

La cosa più incredibile di cui mi stupisco sempre quando si affronta un argomento di questa portata, è che sono moltissimi gli spunti che si possono ricavare dalla esperienza usuale del vedere. Tuttavia ci si accorge che rispondere alla domanda: «Cosa è la luce?» non è per niente scontato in quanto concerne un’esperienza fondamentale, che richiede un lavoro importante per sviscerarne la complessità. Si tratta tra l’altro di sfatare preconcetti e ingenuità, accettando il rischio di addentrarsi in vie insolite.
Proprio per evitare di disperdersi troppo non rendendo proficuo il lavoro, ho introdotto ogni fase del percorso con domande puntuali che emergevano sempre da osservazioni, sviluppando gradualmente e ordinatamente i contenuti.
La prima domanda «la luce che proviene da una sorgente, quando colpisce un corpo, si comporta sempre allo stesso modo?» ha condotto a una prima distinzione tra corpi simili al vetro (trasparenti), non del tutto trasparenti (traslucidi), che emettono il colore non assorbito se sono colorati, nessun colore se sono neri (opachi).



Abbiamo osservato con attenzione un forno solare che era stato realizzato da alcuni studenti della classe quando avevano partecipato ad alcuni laboratori scientifici durante la manifestazione annuale Bergamo Scienza.
[A sinistra: Forno solare]
Abbiamo così constatato che in esso tutti questi tipi di materiali sono presenti e hanno tutti funzioni diverse in base alle loro caratteristiche. Infatti il forno solare era stato costruito con una scatola di scarpe senza coperchio le cui facce laterali interne erano state ricoperte di domo-pack di alluminio, il fondo ricoperto di cartoncino nero; al posto del coperchio era stato incollato sul bordo uno strato di domo-pack trasparente e sullo spigolo più lungo era stato fissato un cartoncino rettangolare ricoperto di alluminio, mobile.
Abbiamo cominciato a riflettere sul percorso della luce deducendo che essa colpisce il coperchio semi-aperto, attraversa la superficie trasparente e poi colpisce la superficie riflettente. Il dispositivo nella sua globalità serve per catturare il maggior numero di raggi solari e di assorbirli (tramite il fondo nero) intrappolandoli nella scatola. Tali raggi, comprendendo anche la radiazione termica oltre che la luce visibile, permettono di scaldare i cibi.
Infine i ragazzi hanno realizzato uno schema che sintetizzava quanto emerso dalle osservazioni, cominciando a caratterizzare fenomeni che riguardano l’interazione della luce con la materia.

 

Fenomeni di interazione luce – materiali

La luce interagisce con i corpi materiali in diversi modi a seconda che essi siano opachi, traslucidi o trasparenti.

  1. MATERIALI OPACHI – Assorbono la luce e dietro ad un corpo opaco investito della luce si crea una zona d’ombra. Abbiamo osservato questa proprietà con corpi di legno, pietra, metallo e cartone.

  2. MATERIALI TRASLUCIDI – Permettono in parte il passaggio della luce ma impediscono di distinguere nitidamente gli oggetti retrostanti. Abbiamo osservato questa proprietà con un pezzo di vetro smerigliato e uno di carta velina.

  3. MATERIALI TRASPARENTI – Permettono il passaggio della luce e la visione nitida degli oggetti retrostanti. Ne sono esempi, oltre al vetro, l’aria, l’acqua limpida e il plexiglass.

  4. ASSORBIMENTO – Fenomeno che si verifica quando un corpo, illuminato da luce bianca (luce del sole o di una lampadina) trattiene del tutto o in parte la luce che lo colpisce. La luce bianca proviene dalla sovrapposizione dei sette colori dell’arcobaleno: lo abbiamo verificato con il cosiddetto disco di Newton.

  5. COLORE DEI CORPI – il corpo illuminato con luce bianca riflette il colore che non assorbe e appare ai nostri occhi di questo colore.

 

 

Le sorgenti di luce

 

Esaminando degli esempi (il sole, le stelle, il fuoco, la lampadina, la torcia, gli oggetti fosforescenti e fluorescenti) abbiamo eseguito una prima distinzione tra sorgenti naturali e artificiali che abbiamo annotato sul quaderno, accorgendoci che, talvolta, quelle che pensavamo fossero sorgenti di luce – per esempio la luna o i catarifrangenti – in effetti non lo sono, in quanto si tratta di corpi che riflettono la luce. Ho proposto di osservare bene immagini di alcune stelle.
Qualcuno chiede: come fanno a produrre luce?
Domanda legittima e importante che scriviamo sottolineandola, ma che lascio aperta per il secondo quadrimestre in cui studieremo le diverse forme di energia, in particolare quella elettrica e quella nucleare.

 

 

Il modello del raggio di luce

 

Abbiamo compreso che la luce si propaga in linea retta realizzando alcune attività sperimentali.
Nella prima abbiamo utilizzato una candela accesa; i raggi, provenienti dalla fiamma, passando attraverso un diaframma circolare (diametro 2 mm), erano raccolti su uno schermo (si veda l’immagine di apertura).
Abbiamo osservato che l’immagine della fiamma della candela appariva capovolta; questo è accaduto perché i raggi di luce della candela si sono «incrociati» passando attraverso il foro circolare. Abbiamo capito che la luce si propaga in linea retta.
Il secondo esperimento ha permesso di ricavare la legge di riflessione attraverso la misura dell’angolo di incidenza e di quello di riflessione di un raggio laser che colpisce uno specchio piano (il raggio laser è fissato su una piattaforma dove è posto un goniometro). Di seguito la descrizione tratta dal quaderno di un allievo.

 

La riflessione della luce

Se un fascio di luce colpisce una superficie liscia e levigata così da diventare lucida, i raggi subiscono la riflessione. l’esempio più comune di superficie riflettente è lo specchio, ma anche le superfici metalliche riflettono la luce seguendo le due leggi che riportiamo:

1° legge: il raggio incidente, quello riflesso e la perpendicolare (o normale) alla superficie piana riflettente sono sullo stesso piano
2° legge: l’ angolo di incidenza i è uguale all’angolo di riflessione r’

 
Schema geometrico della riflessione della luce

Gli specchi piani

Abbiamo usato uno specchio piano, che di un oggetto dà un’immagine invertita cioè simmetrica rispetto alla superficie piana dello specchio. Le superfici riflettenti di solito sono di vetro ricoperte da una patina di vernice, argento o metallo.
Abbiamo imparato che l’immagine fornita dallo specchio piano è virtuale; infatti se ponessimo una lastra fotografica dove si forma questa immagine, essa non verrebbe impressionata.
Nel nostro esperimento, ponendo lo specchio sulla piattaforma e puntando il laser su di esso abbiamo osservato che se cambia la direzione del raggio (ruotando la piattaforma in modo che il raggio incidente sia diversamente inclinato rispetto alla normale allo specchio nel punto di incidenza), si verifica che l’angolo di incidenza è sempre uguale all’angolo di riflessione.


Riflessione della luce da uno specchio piano

 

Abbiamo infine osservato l’immagine prodotta da superfici riflettenti concave e convesse, come cucchiai e pentole. Abbiamo cercato esempi noti di utilizzo di questo tipo di specchi, come lo specchietto (concavo) retrovisore dell’auto che rimpicciolisce le immagini ampliando la visuale del guidatore. Si è reso necessario specificare che, a seconda che l’immagine si formi intersecando i raggi o i loro prolungamenti, essa risulta reale (primo caso) o virtuale (secondo caso).
Abbiamo osservato che nei fanali delle auto ci sono specchi parabolici per amplificare l’intensità della sorgente di luce, dirigendola in un’unica direzione.

 

 

La rifrazione della luce

 

Con la terza attività sperimentale, abbiamo studiato il fenomeno della rifrazione della luce, osservando la deviazione di un raggio laser rosso quando attraversava un semi-cilindro a sezione circolare di plexiglass.
La luce quando passa dall’aria all’acqua, oppure dall’aria al vetro, o viceversa, quindi da un mezzo a uno altro con diversa densità, subisce un cambio di direzione: questo fenomeno si chiama rifrazione.
Abbiamo immerso nell’acqua contenuta in un bicchiere una parte di una matita, abbiamo osservato che a livello della superficie dell’acqua la matita sembrava spezzata.

 

Per effetto della rifrazione della luce la matita appare spezzata

 

In un filmato4, abbiamo visto che nel passaggio da un mezzo meno denso a uno più denso la velocità della luce diminuisce e la traiettoria percorsa dalla luce risulta più breve.
Abbiamo poi preso in esame una lente convergente del kit di cui dispone il laboratorio della scuola e abbiamo osservato l’immagine che si produceva, di un oggetto posto in diverse posizioni rispetto alla lente. Anche in questo caso occorreva conoscere la differenza tra immagine reale e virtuale.
Di seguito la breve relazione di uno studente.

 

Un’applicazione del fenomeno della rifrazione: le lenti

Le lenti che abbiamo a disposizione sono fatte di materiale trasparente e rifrangente (plexiglas) limitate da due superfici entrambe curve. Le lenti convergenti hanno lo spessore decrescente dal centro alla periferia, quelle divergenti, invece, lo spessore crescente.
La funzione della lente è quella di produrre un’ immagine o più piccola o più grande sfruttando il fenomeno della rifrazione. Abbiamo allineato una candela accesa alla lente convergente e a uno schermo (dotazione del kit); abbiamo potuto osservare che si possono ottenere diversi tipi di immagini della fiamma a seconda della distanza dell’oggetto dal fuoco della lente.
Di seguito lo schema approssimato dell’esperimento che abbiamo realizzato.

 

 

Abbiamo osservato un immagine reale, ingrandita e capovolta se la lente si trova a una distanza dall’oggetto compresa tra 6 cm – distanza focale – e 12 cm – ovvero la doppia distanza focale; si trova un’immagine reale, rimpicciolita e capovolta se la lente si trova a una distanza maggiore di 12 cm.
Il fuoco della lente è stato trovato illuminando con una torcia la lente (tenendo quest’ultima in direzione perpendicolare ai raggi) e abbiamo determinato la distanza focale, misurando la distanza tra la lente e lo schermo nella posizione in cui su di esso si vede un unico punto luminoso, cioè quando tutti i raggi sono concentrati in un punto.

 

 

Alcuni fenomeni complessi

 

L’arcobaleno
Per comprendere il meccanismo di interazione della luce con la materia nel fenomeno dell’arcobaleno prima di tutto abbiamo osservato attentamente delle foto e poi in laboratorio abbiamo realizzato una simulazione del fenomeno. Il frutto del nostro lavoro è qui di seguito riassunto.

Fenomeno dell’arcobaleno

Il fenomeno dell’ arcobaleno può verificarsi quando l’ atmosfera è ricca di goccioline d’acqua in presenza del Sole, inoltre viene osservato se il Sole si trova alle spalle dell’osservatore.
Quando un raggio di luce solare penetra in una goccia d’acqua viene deviato per rifrazione, poi viene riflesso dalla parete opposta, interna alla goccia, poi esce subendo una nuova rifrazione.
Quando la luce solare attraversa una goccia d’acqua accade, inoltre, lo stesso fenomeno che si osserva utilizzando al suo posto un prisma di vetro (come abbiamo potuto osservare direttamente usando il prisma del kit a nostra disposizione in laboratorio): la luce bianca subisce il fenomeno della dispersione cioè la scomposizione nei sette colori dell’arcobaleno.
Si parla infatti di luce policromatica (poli=molti, croma=colore).

 

Simulazione dell’arcobaleno5

Abbiamo simulato il fenomeno dell’arcobaleno utilizzando una sfera del diametro di 20 cm come modello di goccia ingrandita, una torcia (che simulava il Sole), un grande cartone con un foro all’altezza della sfera. La torcia ha inviato la luce nella sfera attraverso il foro.
La luce ha subito una prima rifrazione; quando ha colpito la superficie della sfera internamente è tornata indietro per riflessione ed è stata rifratta di nuovo uscendo dalla goccia. Poi è stata proiettata sul cartone dove ha formato una circonferenza d’ arcobaleno.
Nella realtà si osserva solo un arco perché la Terra impedisce di vedere la sua continuazione. I diversi colori di cui è composta la luce, vengono deviati in modo diverso: il rosso viene deviato di meno rispetto al violetto.
Il fenomeno nella realtà è più complesso in quanto sono presenti tante gocce; accade allora che l’osservatore, per la posizione in cui si trova, riceve da ogni goccia posta nel suo orizzonte visivo, solo un raggio luminoso di un certo colore, in modo da ottenere complessivamente comunque l’effetto dell’arcobaleno come osservato nel nostro modello.

 

Di seguito è riportata la fotografia del cartellone realizzato dagli studenti.

 

Cartellone realizzato dagli studenti sul fenomeno dell’arcobaleno

 

Come approfondimento storico abbiamo ricordato lo scienziato Isaac Newton che fu il primo a mostrare in forma semplice, attraverso un disco rotante diviso in spicchi colorati, che la luce bianca è effettivamente composta dai sette colori.
Grazie al kit a nostra disposizione che conteneva il disco rotante, abbiamo potuto osservare direttamente il fenomeno della scomposizione e ricomposizione dei colori.

 

 

La diffusione
Sfruttando anche il lavoro che i ragazzi stavano facendo con la docente di Arte abbiamo osservato il cielo nei dipinti di autori importanti e abbiamo notato che il colore del cielo cambiava a seconda dell’inclinazione dei raggi di luce che illuminavano la scena.
Allora ho proposto ai ragazzi di osservare il colore del cielo, in giornate serene, a mezzogiorno e al tramonto e, ai più coraggiosi, all’alba. Una volta raccolto le loro osservazioni ho fornito una spiegazione molto qualitativa senza utilizzare concetti a loro ancora estranei. Avevamo già imparato che la luce visibile di colore bianco che proviene dal Sole o da una torcia è formata dalla sovrapposizione di componenti che vanno dal colore viola al colore rosso passando per il blu, il verde, il giallo e l’arancio.
Ho spiegato che negli strati più bassi dell’atmosfera sono presenti particelle solide, polveri e fumo oltre alle molecole di azoto, ossigeno, argon, acqua in forma di vapore e di goccioline. La luce blu è diffusa, cioè riflessa in tutte le direzioni, dalle più piccole particelle degli strati più alti dell’atmosfera: in qualunque direzione si osservi, una frazione di questa luce giunge ai nostri occhi e quindi il cielo ci appare blu.
Al tramonto invece il cielo appare arancione perché la luce del Sole, per raggiungere i nostri occhi, deve attraversare un maggior spessore di atmosfera rispetto a quando il Sole è a mezzogiorno, in quanto i raggi arrivano a noi in direzione molto obliqua; quindi la luce blu è diffusa quasi totalmente all’inizio del percorso e ci raggiunge solo la luce rossa/arancione tipica del tramonto.
Le nuvole invece appaiono bianche a causa della maggiore dimensione delle particelle che le compongono, in particolare le goccioline di acqua, rispetto a quelle gassose dell’aria; esse diffondono i diversi colori della luce tutti allo stesso modo e quindi le nuvole ci appaiono bianche. Abbiamo realizzato in laboratorio una simulazione del fenomeno.

Simulazione del fenomeno della diffusione

Abbiamo simulato il fenomeno della diffusione utilizzando una bottiglia contenente acqua a cui erano state aggiunte delle gocce di latte che simulavano le particelle diverse presenti nell’atmosfera.
Puntando una lampada di fronte al collo della bottiglia coricata, chiusa con domo-pack trasparente in modo tale da permettere ai raggi di luce di entrare, abbiamo osservato che sul fondo di essa l’acqua si era colorata di arancione, mentre verso il collo era azzurra. La stessa cosa dunque che accade quando il Sole tramonta o sorge (il cielo è rosso-arancione) e quando il Sole è alto in cielo (il cielo è azzurro).
Nel modello da noi realizzato succede, in modo analogo, che nella zona vicina alla lampada si ha la diffusione dei componenti di colore blu da parte delle goccioline di latte e nella zona più lontana, verso il fondo della bottiglia, arrivano soltanto i componenti di colore arancione e qui vengono diffusi.

 

Simulazione della diffusione della luce nel cielo.

 

 

 

Le bolle di sapone
Uno studente ha posto una domanda significativa: le pozzanghere d’acqua miste a olio o benzina appaiono colorate per un fenomeno simile a quello dell’arcobaleno o abbiamo a che fare con un altro tipo di fenomeno.

 

Colori in una pozzanghera

 

Questo fenomeno non può essere spiegato con il modello di propagazione rettilinea a noi noto; dunque ho deciso di non introdurne neppure il nome (si tratta di interferenza costruttiva e distruttiva nell’ambito del modello ondulatorio) lasciando ai futuri studi la possibilità di comprenderlo compiutamente.
Abbiamo però osservato lo stesso fenomeno in una bolla di sapone.

 

La bolla di sapone

Una bolla di sapone è una sottile pellicola di acqua saponata di forma sferica. Cosa accade quando la luce bianca illumina una bolla di sapone?
I raggi di luce si rifrangono nella pellicola scomponendosi nei diversi colori e si riflettono all’interno; oltre ai colori vediamo però anche delle zone di buio come se i raggi di luce si annullassero.

 

Bolla di sapone illuminata da luce bianca

 

Quando la bolla viene illuminata da una sorgente di luce di un solo colore, rosso, osserviamo che la bolla si colora di rosso, ma compaiono ancora delle zone nere di buio.

 

Bolla di sapone illuminata da luce rossa.

 

Ci accorgiamo che quanto abbiamo imparato in base alla propagazione rettilinea della luce in questo caso non è più sufficiente a spiegare questo fenomeno: occorre avere conoscenze che ancora non abbiamo. Dunque per il momento non possiamo rispondere a questa domanda che teniamo aperta.

 

 

 

Conclusioni

 

Riflettendo sul percorso sono emersi aspetti che ritengo significativi dal punto di vista della formazione degli studenti, che possono essere brevemente descritti come segue.
I ragazzi sono passati dall’eseguire disegni approssimativi e intuitivi dei fenomeni osservati, a disegni più precisi di tipo tecnico, che si sono resi necessari per lo studio delle lenti.
Altra svolta decisiva, che mostra anche come procede la scienza nello studio dei fenomeni, è stata quella in cui ci siamo accorti che il modello di propagazione rettilinea non era più sufficiente a spiegare i fenomeni.
Per quanto riguarda la maturazione dei ragazzi in senso più generale, nel passaggio dalla seconda alla terza classe, ho potuto notare non solo uno sviluppo delle loro capacità logico matematiche ed espositive dei contenuti appresi, come è emerso chiaramente dalla verifica sommativa in cui dovevano descrivere in modo sintetico e libero i fenomeni che avevamo studiato, ma anche una buona familiarità con il metodo scientifico.

 

 

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Nadia Correale
(Docente di matematica e Scienze presso la Scuola Secondaria di primo grado “Orio Vergani” di Novate Milanese)

 

Note

  1. Claudia Finzi, Luce e colore . Scienza, Arte, Italiano nella secondaria di primo grado e Annamaria Berrino, Luce, ombre, geometria. Le traformazioni geometriche nella secondaria di primo grado in Emmeciquadro n° 41 – aprile 2011.
    In classe sono state eseguite attività che hanno permesso di comprendere le trasformazioni geometriche in modo simile a quanto sviluppato nell’articolo di Annamaria Berrino anche se in questo percorso non sono state descritte.

  2. Per esempio il progetto LuNA; si consulti il sito http://luna.dfm.uninsubria.it/ per saperne di più.

  3. La luce, i colori e la visione, guida agli esperimenti, apparecchiature scientifiche MAD. Per approfondimenti si consulti il sito www.edumad.com.

  4. www.raiscuola.rai.it/articoli/la-luce-e-i-suoi-percorsi-riflessione-e-rifrazione/4795/default.aspx

  5. Ci siamo avvalsi di un modello realizzato col supporto della strumentazione messa a disposizione dalla professoressa Maria Bondani. Si veda anche nota 2.

 

 

 

 

 

© Pubblicato sul n° 60 di Emmeciquadro

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