È l’ultimo saggio di Giorgio Israel, che conclude la sua vicenda scientifica e umana. Opera complessa, che richiede certamente una lettura più che attenta, ma di grande spessore per una riflessione epistemologica sulla scienza.
L’autore parte della definizione di meccanicismo, ma presto il tema si allarga, estendendosi alle tematiche del materialismo, del determinismo, dell’alternativa fra discreto e continuo, del problema del rapporto scienza e verità, e infine della validità dei modelli matematici nelle scienze biologiche e sociali.
In questa riflessione è seguito un percorso storico, che descriveremo esaminando più in dettaglio il contenuto del libro.
Nel primo capitolo, Meccanicismo, metodo analitico e geometria in Descartes si enunciano i significati contenuti nel termine meccanicismo, che serviranno come termini di confronto con le posizioni di scienziati e filosofi della scienza esaminati in seguito (e per questo a questo primo capitolo è qui dedicato un maggiore spazio).
In primo luogo meccanicismo significa che ogni fenomeno fisico è riconducibile a problemi di moto; in secondo luogo indica che ogni oggetto fisico è assimilabile a una macchina. Se poi si afferma che nella realtà esistono solo oggetti e processi di natura fisica, allora si perviene a un materialismo meccanicista. Infine il meccanicismo può avere un carattere causale: ogni evento meccanico è determinato dagli eventi che lo precedono e determina quelli che lo seguono; in modo più sintetico: una caratteristica del meccanicismo è il determinismo.
Il primo esponente del meccanicismo, e anche punto di riferimento per il suo sviluppo tematico nel corso dei secoli successivi è René Descartes. Secondo l’autore, «la concezione cartesiana contiene la prima coerente versione di una filosofia meccanicista della natura, secondo la quale ogni fenomeno fisico è il risultato del moto di corpi, e nient’altro che il moto dei corpi è all’opera nei processi materiali».
Tuttavia il meccanicismo cartesiano non è materialista, ma piuttosto dualista: Descartes distingue tra res extensa e res cogitans.
Il resto del capitolo è un’analisi della posizione di Descartes, non solo dal punto di vista del meccanicismo, ma anche della matematica, argomento comunque molto collegato al precedente: per Descartes, infatti, la materia è «estensione», e di qui l’importanza della Geometria.
Le considerazioni svolte comprendono anche riferimenti a filosofi della scienza come Popper e Koyré, e un primo paragone con l’impostazione di Newton della meccanica, che verrà ripreso nel capitolo successivo. Questa non linearità della trattazione, che si ripete anche in seguito, se non un difetto, costituisce certamente una difficoltà nella lettura e nella comprensione dell’opera, nonché nella scrittura di questa recensione.
Va comunque segnalata l’approfondita analisi della Geometria di Descartes, dove si precisa la sua concezione del rapporto algebra-geometria; a questo proposito è interessante la posizione dell’autore che afferma, contrariamente all’opinione comune: «la geometria cartesiana non è una tappa nella formazione della geometria analitica nel senso moderno del termine».
Nel secondo capitolo si esamina il secolo successivo a Descartes, dominato dalla meccanica newtoniana, che con l’azione a distanza distrugge il concetto cartesiano di azione solo per contatto e urto.
A sua volta la riflessione filosofica, condotta soprattutto dagli enciclopedisti, d’Alambert in testa, sostituisce al dualismo cartesiano il sensismo di Locke, che prelude al positivismo ottocentesco: «Locke è visto da d’Alambert come il filosofo che, sostituendo le idee chiare e distinte cartesiane con “le sensazioni chiare e distinte” ha ridotto la metafisica a quel che, in effetti, deve essere, “la fisica sperimentale dell’anima”».
Si innesca inoltre il dibattito fra continuismo cartesiano (per cui il vuoto, come per Aristotele, non esiste) e il rinascente atomismo, già presente nell’Ottica di Newton, che si impone nel corso del Settecento, pur non rinnegando, come schema mentale, una forma di continuismo implicitamente contenuto nel calcolo differenziale.
Questo dibattito fra discreto a continuo viene poi ripreso nel capitolo quarto, a partire dal concetto di punto materiale, per svilupparne gli aspetti problematici nella Fisica dell’Ottocento e del primo Novecento con la nascita della fisica quantistica.
Il terzo capitolo riguarda il rapporto fra determinismo e matematica: «Uno dei modi in cui si manifesta la trasformazione della causalità in senso metafisico in un principio scientifico […] è rappresentato dalla sua traduzione in linguaggio matematico, che la trasforma in teorema di esistenza e unicità delle equazioni differenziali ordinarie».
La validità di questa trasformazione è discussa dall’autore e in parte messa in crisi, per almeno due motivi: l’unicità della soluzione non è sempre garantita; il teorema ha un carattere «locale», mentre la causalità ha un carattere «globale». Dopo l’analisi del pensiero di Laplace. il capitolo si chiude con l’analisi della messa in crisi del determinismo dall’«effetto farfalla» cioè dalla sensibilità delle soluzioni dalle condizioni iniziali: una piccola variazione delle condizioni iniziali (che non sono mai conosciute con assoluta precisione), provoca una grande variazione nelle soluzioni; diventa difficile ogni previsione e questa situazione prende il nome di caos deterministico.
L’autore analizza questa tematica che inizia nell’Ottocento con i lavori di Poincaré e trova il suo «sviluppo più celebre» con il sistema di equazioni di Lorenz, che portano all’imprevedibilità delle condizioni atmosferiche nel lungo periodo (appunto l’effetto farfalla).
Il capitolo quinto, Oggettività e oggettivismo tratta della conoscenza scientifica: «esiste una frattura fra verità empiriche e verità assoluta che non può mai essere definitivamente colmata». Ma questa affermazione, secondo l’autore, non preclude ogni forma di oggettività alla conoscenza scientifica. Infatti: «sappiamo che esiste una realtà oggettiva e assoluta fuori di noi; […] se noi seguiamo un processo di avvicinamento e di approssimazione indefiniti […] verso di essa, siamo certi che le nostre deduzioni costituiscono un’approssimazione della verità e quindi partecipano, in modo sempre più perfezionato, della verità. Questa visione di importanza cruciale è il fondamento stesso dell’oggettivismo scientifico»
Il capitolo sesto e settimo riguardano problematiche ancora non risolte, su cui il dibattito vede spesso posizioni contrapposte. Nel sesto capitolo si discute la validità dei modelli deterministici in ambiti diversi dalla fisica, come quello biologico e quello sociale.
Nel settimo, si effettua una critica su quella forma di scientismo, che secondo l’autore risale a Galileo, che riserva la verità al metodo scientifico, mentre ogni altra attività umana (per esempio la letteratura) è solo il regno della fantasia e della creatività. In particolare si accenna all’’avanzare della tecno-scienza che tende a distruggere ogni forma di umanesimo, nuova versione del meccanicismo più volte messo in crisi nella storia, ma sempre risorgente in forme nuove.
La conclusione del libro non è però pessimista: «L’umanesimo è certamente in crisi, ma la sua intrinseca debolezza contiene elementi insopprimibili che possono farsi largo proprio mentre ci si vanta di averli ridotti e riassorbiti in un meccanicismo i cui trionfi non riescono a nascondere la crisi e l’assenza di risposte autenticamente umane».
Giorgio Israel
Meccanicismo.
Trionfi e miserie della visione meccanica del mondo
Zanichelli – Bologna 2015
Pagine 322 – Euro 28,00
Recensione di Lorenzo Mazzoni
(Redazione Emmeciquadro – Già docente di Matematica e Fisica al Liceo Scientifico)
© Pubblicato sul n° 61 di Emmeciquadro