Una rubrica per guidare i bambini della scuola primaria ad «accorgersi» della varietà dei fenomeni fisici presenti nella realtà quotidiana. Per dare soddisfazione a quella curiosità infantile, definita «sacra» da Albert Einstein e tipica dei grandi scienziati, ma che è spesso mortificata da approcci ludici o fantasiosi se non addirittura aridamente formalistici. Una sfida che l’autore ha raccolto, coniugando semplicità e rigore concettuale e linguistico.
Un caro saluto ai miei piccoli lettori. Oggi vorrei raccontarvi una storia che risale a molto tempo fa. È ambientata nel terzo secolo prima di Cristo e precisamente nella città di Siracusa in Sicilia.
Si racconta che Gerone, il tiranno che a quei tempi governava la città, sospettasse che l’orefice che gli aveva fabbricato la corona regale, anziché fondere solo oro, per risparmiare avesse utilizzato anche metalli meno nobili come l’argento e il rame.
Il diffidente re incaricò allora il famoso matematico Archimede, suo amico personale, di scoprire l’eventuale frode, avendo però cura di non intaccare o rovinare in alcun modo la preziosa corona.
Archimede si mise subito d’impegno per cercare di accontentare il sovrano, ma con scarsi risultati. Il tempo passava senza che riuscisse a risolvere il problema. Finché un giorno, mentre faceva il bagno, immergendosi nella vasca ebbe l’intuizione giusta.
Sembra che per la contentezza di avere avuto questa idea Archimede sia balzato fuori nudo dalla vasca e, senza rivestirsi, abbia incominciato a correre per le vie della città gridando eureka (che in greco significa «ho trovato»).
La spinta di Archimede
Che cosa aveva realmente scoperto Archimede durante quel famoso bagno? Lo scienziato siracusano aveva intuito quella fondamentale legge della fisica – che da lui poi prese il nome – che spiega il perché del galleggiamento dei corpi.
Questa legge afferma che se due oggetti dello stesso peso ma fatti con materiali diversi vengono immersi nell’acqua (o in qualunque altro liquido), essi ricevono una spinta verso l’alto che dipende esclusivamente dal loro volume e non dalla loro composizione: più grande è il volume di acqua spostato dal corpo, maggiore è la spinta ricevuta.
Poiché, a parità di peso, il materiale più leggero occupa un volume maggiore (un chilo di legno, per esempio, occupa un volume maggiore di un chilo di ferro), esso riceve dal liquido una spinta maggiore.
Ecco allora come fece Archimede a verificare l’onestà dell’orefice.
Innanzitutto si procurò un lingotto d’oro dello stesso peso della corona. Poi appese il lingotto e la corona ai due bracci di una bilancia e li fece immergere in due recipienti colmi d’acqua. Se la corona fosse stata tutta d’oro, la bilancia avrebbe dovuto rimanere in equilibrio, perché corona e lingotto avrebbero occupato lo stesso volume e quindi la spinta dell’acqua sarebbe stata la stessa sui due piatti della bilancia.
In realtà, sembra che l’orefice fosse realmente disonesto e quindi il volume occupato dalla corona fosse maggiore di quello del lingotto d’oro a causa della presenza di materiali più leggeri. Di conseguenza la corona ricevette dal liquido una spinta maggiore che fece pendere la bilancia dalla parte del lingotto.
Anche voi potete facilmente verificare le caratteristiche della spinta di Archimede con un semplice esperimento.
Primo passo
Per prima cosa prendete un foglio di pellicola d’alluminio per cibi e accartocciatelo in modo da realizzare una pallina non troppo compressa di circa un paio di centimetri di diametro.
Secondo passo
Riempite poi una bacinella di acqua e appoggiate la pallina sulla superficie dell’acqua. Vedrete che la pallina galleggia senza difficoltà.
Terzo passo
Ora immergete la pallina nell’acqua e agitatela per una decina di secondi in modo tale che l’aria intrappolata al suo interno esca completamente: non si dovrà vedere uscire più nessuna bolla d’aria dalla pallina.
Se a questo punto lasciate la pallina, vedrete che rimarrà sul fondo senza risalire in superficie.
Spiegazione
La spiegazione di questo comportamento è semplice. La pallina inizialmente galleggia a causa dell’aria intrappolata al suo interno.
Con l’acqua al posto dell’aria la pallina ha una densità maggiore e a parità di volume ha un peso maggiore; quindi, poiché ora la spinta di Archimede è inferiore al suo peso, non riesce più a galleggiare e va a fondo.
Sergio Musazzi (Ricercatore e divulgatore scientifico)© Pubblicato sul
n° 62 di Emmeciquadro