In parallelo lo sviluppo della fisica atomica e nucleare e gli interventi di Pio XII. L’autore descrive i passi che hanno portato prima alla struttura dell’atomo, poi a quella del nucleo e alla scoperta della fissione nucleare.
Durante questo percorso gli interventi di Pio XII sono inizialmente di apprezzamento per le scoperte della fisica, e il loro valore conoscitivo, tanto da definire scienza e teologia «sorelle».
La possibilità prima e la realizzazione poi di un esplosione nucleare, la bomba atomica, lo portano a interventi preoccupati per le sciagure che potrebbero derivare da una guerra nucleare e ad affermare: «Guai alla scienza che non si volge ad amare!».



Le nuove scoperte della fine del XIX e della prima metà del XX secolo riguardanti la «teoria atomica» portano uno stravolgimento di prospettiva nel mondo scientifico: l’atomo è divisibile in particelle più piccole e questo comporta la possibilità di indagare la materia nei suoi più reconditi aspetti e di utilizzare l’enorme energia in essa contenuta.
Pio XII (1876-1958) fin dall’inizio del suo pontificato (1939-1958) si interessa delle scienze e del progresso tecnologico intrattenendo rapporti con gli scienziati, in modo particolare attraverso la Pontificia Accademia delle Scienze, «Senato scientifico»1 della Santa Sede. Grazie a contatti personali e alla lettura di opere scientifiche il Papa segue attivamente l’incredibile avventura dell’uomo impegnato nella ricerca sull’energia nucleare: esorta gli scienziati a svelare «l’arcano del vero, da secoli nascosto e sepolto nell’universo»2 ed esprime la sua posizione sulle finalità della ricerca scientifica e delle sue applicazioni: «L’uso di questa formidabile energia a scopi pacifici forma l’oggetto di accurate e continue indagini, alle quali vanno le Nostre benedizioni insieme coi consensi e i plausi di ogni anima onesta e di ogni popolo civile».3
Di seguito presentiamo una sintesi dello sviluppo della fisica atomica e nucleare e gli scienziati che ne furono i protagonisti; e contestualmente, riportiamo gli interventi di Pio XII tesi a valorizzare la ricerca scientifica, ma al tempo stesso preoccupati per le tragiche applicazioni in campo bellico che furono realizzate durante il suo pontificato.



La scoperta delle particelle subatomiche

Verso la fine del XIX secolo Joseph John Thomson (1856-1940) e i suoi giovani allievi del Laboratorio Cavendish di Cambridge demolirono un mito scientifico, cioè che l’atomo fosse un specie di palla da biliardo non divisibile in subunità più piccole: il termine viene dal greco atomos, che significa appunto «indivisibile». Scrisse Ernest Rutherford (1871-1937) una volta: «Sono stato educato a pensare all’atomo come a una cosa piccolina e dura, di colore rosso o grigio, a seconda dei gusti».4
Quella teoria era stato codificata nel 1804 dallo scienziato John Dalton (1766-1844) che scrisse: «1. Esistono piccole particelle, chiamate atomi, e tutta la materia ne è costituita; 2. Sono indivisibili e indistruttibili; 3. Gli atomi di uno stesso elemento chimico hanno le stesse proprietà chimiche e non trasmutano o si trasformano in elementi diversi».
Tale rigore sembrava mettere tutte le cose al posto giusto: non aveva senso condurre ricerche sull’atomo o un su un mondo subatomico, semplicemente perché non esisteva niente del genere.



L’elettrone
Negli anni Ottanta del XIX secolo molti scienziati stavano osservando gli effetti del passaggio dell’elettricità attraverso gas diversi, in diverse condizioni di pressione: all’interno di quelli che loro chiamavano «tubi catodici» si manifestavano strani e mutevoli fenomeni luminosi.
Thomson scoprì che i raggi catodici erano formati da minuscole particelle che chiamò «corpuscoli» e che noi oggi chiamiamo «elettroni»: particelle di carica negativa che orbitano attorno ai nuclei, carichi positivamente, degli atomi: l’annuncio ufficiale fu dato il 29 aprile 1897 al Royal Institute di Londra. Lo scienziato inglese stava suggerendo che gli atomi non fossero indivisibili e disse: «L’ipotesi di uno stato della materia che sia suddiviso in parti più piccole dell’atomo è qualcosa che lascia interdetti».5
Thomson in collaborazione con William Kelvin (1824-1907) pubblicò nel 1904 il modello atomico denominato a plum pudding: l’atomo era un sfera fatta di un qualcosa di carica positiva (il pudding) con gli elettroni, carichi negativamente, dispersi all’interno (come i pezzi di prugna nel pudding).

Alla fine del primo decennio del XX secolo nuovi esperimenti eseguiti da Rutherford sembrarono suggerire che l’atomo consistesse principalmente di spazio vuoto e il «modello Thomson-Kelvin» fu messo in discussione proprio da uno degli allievi del Cavendish.

 

Il protone
Dopo aver ricevuto il premio Nobel nel 1908 per aver dimostrato che la radioattività era la spontanea disintegrazione degli atomi, Rutherford continuò il suo lavoro riguardante le particella α per capire come fosse la struttura atomica, voleva «vedere» all’interno dell’atomo.
Da tempo aveva intuito che le particelle α fossero atomi di elio con doppia carica positiva, cioè con due elettroni in meno: il problema è che all’epoca nessuno sapeva come fosse fatto un atomo e sia l’idea di «nucleo» sia il termine «nucleo» non esistevano ancora.
Insieme al suo allievo Hans Geiger (1882-1945) sparò le particelle α contro lamine di diversi materiali per osservare con quale angolo queste deflettessero. Nel 1909, a seguito di un esperimento di scattering, Geiger esclamò: «Siamo riusciti ad acciuffare alcune delle particelle α mentre rimbalzano indietro! È stata la cosa più sbalorditiva che mi sia mai capita. Era incredibile, più o meno come sparare un proiettile calibro 38 contro un foglio di carta velina, vederselo tornare indietro e poi esserne colpito».6
Nel giugno dello stesso anno in un articolo intitolato On a Diffuse Reflection of the Alpha Particles, Rutherford scrisse: «Negli esperimenti seguenti […] è stata dimostrata la conclusiva evidenza dell’esistenza di riflessione diffusa delle particelle α. Una piccola frazione di particelle α inviate contro una piastra metallica subisce una tale variazione nella direzione del loro moto da riemergere dallo stesso lato d’incidenza».7 Scrisse Geiger in seguito: «In un primo momento tutto questo ci era totalmente incomprensibile».8
Il matematico Charles G. Darwin (1887-1962) in seguito a una cena di Natale del 1911 in casa Rutherford ricorda: «Dopo cena venne tirata in ballo la teoria nucleare […]. Lui ipotizzava una carica centrale nell’atomo – stiamo parlando di uno o due anni prima che fosse coniato il termine “nucleo” – capace di esercitare repulsione sulle particelle α. Mi ricordo anche che già in quella prima occasione Rutherford stava riflettendo anche su quanto piccolo il nucleo dovesse essere».9
Nel 1913 nel libro Radioactive Substances and Their Radiation, Rutherford affermò che la carica centrale dell’atomo, intorno alla quale orbitavano gli elettroni, era positiva e in quell’occasione usò la parola «nucleo», per indicarla: nacque il «modello atomico planetario», cioè la carica centrale positiva era circondata da piccole cariche negative in orbita attorno a essa come i pianeti intorno al Sole.
Sempre nel 1913 il modello fu perfezionato grazie alla stretta collaborazione con Niels Bohr (1885-1962) e agli studi di Max Planck (1858-1947) secondo il quale la luce era costituita da piccoli pacchetti di energia, i «quanti». In quello che divenne noto come il «modello di Bohr» dell’atomo, quando dell’energia entrava in contatto con gli atomi, gli elettroni la assorbivano e saltavano, facendo un «salto quantico», su orbite eccitate. Successivamente ci si accorse che la teoria di Bohr non era valida per atomi con molti elettroni, così fu necessario formulare ipotesi nuove.
Nel 1924 Louis De Broglie (1892-1987) ipotizzò la natura ondulatoria degli elettroni, teoria che fu confermata nel 1927 da lavori sperimentali; nel 1926 Erwin Schrödinger (1887-1961) formulò l’equazione d’onda dalle cui soluzioni possiamo ricavare solo informazioni probabilistiche sulla posizione degli elettroni. Nel 1927 a sostegno della concezione quanto-meccanica dell’atomo venne il «principio di indeterminazione» formulato da Werner Heisenberg (1901-1976), per il quale non possiamo conoscere nel medesimo istante dove si trovi l’elettrone e con che velocità si stia muovendo.

 

Il neutrone
Nel 1920 Rutherford tenne una conferenza alla Royal Society in cui parlò dell’idrogeno pesante, chiamato anche «deuterio», con un nucleo pari a due unità invece che una e un singolo elettrone: ipotizzò l’esistenza di particelle di carica neutra, quelle che successivamente verranno chiamate «neutroni».
Al Cavendish fu James Chadwick (1891-1974) lo scienziato che per più di dieci anni lavorò senza sosta alla ricerca della particella neutra: in seguito a diversi esperimenti di scattering Chadwick riconobbe particelle di massa simile al protone, ma di carica neutra.
Il 27 febbraio 1932 pubblicò su Nature l’articolo Possible Existence of a Neutron e nel 1935 ricevette il premio Nobel con la motivazione: For the discovery of the neutron.

Frédéric Joliot (1900-1958), che insieme alla moglie Irène Curie (1897-1956) ottenne risultati simili a quelli di Cambridge, ma non riuscì a interpretarli, disse: «Il termine “neutrone” era stato usato dal genio di Rutherford nel 1923, durante una conferenza, per indicare un’ipotetica particella neutra che, insieme ai protoni, costituiva il nucleo. Questa ipotesi era sfuggita alla maggior parte dei fisici, noi compresi. Ma era ben presente al Cavendish […]. I vecchi laboratori con un’antica tradizione hanno sempre delle risorse nascoste. Idee formulate in tempi passati dai nostri maestri, morti o viventi, considerate per qualche tempo e poi dimenticate, penetrano in maniera conscia o inconscia nella mente di chi lavora in queste vecchie istituzioni e, di tanto in tanto, portano dei frutti. Quella è la scoperta».10

 

 

L’era atomica

 

Nella biografia di Rutherford intitolata Rutherford, Simple Genius troviamo scritto: «Nel decennio tra il 1930 ed il 1940 la fisica sperimentale, guidata dal Cavendish, creò i più straordinari dieci anni di sviluppi che la scienza abbia mai conosciuto. Queste scoperte portarono la fisica nucleare dall’area più recondita delle scienze “pure” di laboratorio all’era atomica, all’età dello studio ingegneristico dell’energia nucleare e delle armi nucleari».11
Inizialmente gli scienziati tendevano a sminuire i possibili utilizzi dell’energia atomica, ma in seguito agli esperimenti sui «neutroni lenti» e di fissione nucleare, cominciarono a cambiare idea.

 

Gli scienziati e la fissione nucleare
Alla British Association nel settembre 1933 Rutherford disse: «Queste trasformazioni dell’atomo sono di straordinario interesse per gli scienziati, ma non possiamo controllare l’energia atomica al punto di renderla interessante commercialmente, e io penso sia molto improbabile che mai riusciremo a farlo […]. L’energia prodotta dall’atomo è davvero una cosa di poco conto. Chiunque si aspetti di ricavare una sorgente di energia dalla trasformazione di questi atomi sta parlando a vanvera».12
Anche Albert Einstein (1879-1955) era stato a lungo scettico sulla possibilità di imbrigliare l’energia atomica e nel 1934 a una domanda che riguardava la scissione dell’atomo mediante bombardamento, rispose: «Non sarebbe pratico. Sarebbe come un uomo cieco a caccia di anatre in una notte buia, che spara dirigendo il fucile verso il cielo di un paese dove ci sono poche anatre».13
Sempre nel 1934 la fissione nucleare fu ottenuta sperimentalmente per la prima volta dal gruppo guidato da Enrico Fermi (1901-1954) «bombardando» l’uranio con neutroni rallentati. Tuttavia i fisici italiani non compresero correttamente il processo che avevano creato identificando erroneamente i prodotti di fissione con nuovi elementi transuranici.
Nel 1936 a una conferenza in onore di Henry Sidgwick (1838-1900) Rutherford disse: «La recente scoperta del neutrone e la prova della sua straordinaria efficacia nel provocare trasformazioni a velocità molto basse apre nuove possibilità, se si riuscisse solamente a trovare un metodo per generare neutroni lenti in quantità sufficienti, con piccolo dispendio energetico».14
[A sinistra: Lise Meitner (1878-1968)]
Il 6 gennaio 1939 venne pubblicato l’articolo sulla rivista Die Naturwissenschaften circa i risultati radiochimici ottenuti da Otto Hahn (1879-1968) e Fritz Strassmann (1902-1980) come prova irrefutabile che l’uranio era stato scisso in frammenti più piccoli, costituiti da elementi più leggeri e l’11 febbraio l’articolo Disintegration of Uranium by Neutrons: a New Type of Nuclear Reaction sulla rivista Nature di Lise Meitner (1878-1968) e Otto R. Frisch (1904-1979) che pose le basi teoriche per lo sviluppo della fissione nucleare.
A quel punto, Einstein capì che con la fissione nucleare c’era la possibilità di produrre una reazione a catena esplosiva nell’uranio e quindi di progettare una bomba a elevatissimo potenziale, così il 2 agosto 1939 insieme a Leo Szilárd (1898-1964) scrisse una lettera al presidente Franklin D. Roosvelt (1882-1945), a cui fu consegnata il giorno 11 ottobre: «Potrebbe aprirsi la possibilità di avviare in una grande massa di uranio una reazione nucleare a catena, mediante la quale verrebbero generate enormi quantità di energia […]. Questi nuovi fenomeni condurrebbero anche alla costruzione di bombe […]».15
Il 6 dicembre 1941 gli USA diedero il via al «Progetto Manhattan», che avrebbe portato alla costruzione della bomba atomica.

Nel frattempo nella Germania nazista il «Club dell’Uranio» stava portando avanti il suo programma nucleare, ma come da informativa del Secret Intelligence Service (SIS) nell’ottobre del 1943 Hahn in visita in Svezia alla ex collega Meitner le disse che la possibilità di un utilizzo pratico della reazione a catena della fissione nucleare nell’uranio era ancora lontana molti anni,16 scenario già ragionevolmente previsto da Heisenberg in un colloquio con Planck a Budapest nel dicembre del 1942.17

 

 

Il Magistero di Pio XII nel rapporto tra Scienza e Fede

 

Max Planck, già accademico pontificio dal 1936, in seguito al raggiungimento sperimentale della fissione nucleare e degli sviluppi degli anni successivi, decise di mettere al corrente Pio XII di questa scoperta e delle potenzialità pratiche che questa avrebbe potuto avere.
Il Papa mise in guardia il mondo circa gli imminenti pericoli della guerra atomica nel suo discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze nel 1943: «Non possiamo astenerCi dal far menzione di un mirabile fenomeno (fissione nucleare, ndr), del quale il Nestore della fisica teorica, Max Planck, Nostro Accademico, ha scritto in un suo recente articolo Sinn und Grenzen der exakten Wissenschaft (in Europäische Revue, febbraio 1942). […] Sebbene non si possa ancora pensare a mettere tecnicamente a profitto un così tempestoso processo (reazione a catena, ndr), tuttavia esso spiana il cammino a serie possibilità, di maniera che il pensiero della costruzione di una macchina di uranio non può essere stimato come una mera utopia. Soprattutto però sarebbe importante che non si lasciasse effettuare tale processo a modo di esplosione, ma che se ne frenasse il corso con adatti e vigili mezzi chimici. Altrimenti ne potrebbe seguire non solo nel luogo stesso, ma anche per l’intiero nostro pianeta, una pericolosa catastrofe».18
Attratto dalla scienza e dal progresso tecnologico, Pio XII fin dall’inizio del suo pontificato ebbe sempre uno speciale riguardo per gli scienziati, incontrandoli in svariate occasioni.
[A destra: Pio XII (1876-1958)]
Il 3 dicembre 1939, nel suo primo discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, parlò per la prima volta di «atomo» nel Magistero: «Vi apprestate a scomporre lo stesso atomo, per tentar di penetrare più intimamente nella conoscenza della costituzione dei corpi».19  Inoltre sostenne che «la Chiesa riconosce la giusta libertà del metodo e dell’indagine, libertà, sulla quale il Nostro immortale Predecessore, Pio XI, fondava questa accademia».20
Addirittura, parlando ad un congresso di matematici il 12 dicembre 1942, il Papa presenta la teologia e la scienza come «sorelle», complementari nella conoscenza della verità divina: «La scienza sacra, che al servigio della fede si profonda nei misteri della divinità e del consiglio divino di salvezza, e la scienza profana, che instancabile lotta per una più vasta conoscenza delle cose create, non sono nemiche, ma sorelle. La più alta nobiltà dell’una, determinata dal fine a lei proprio, che s’innalza sopra la natura, non abbassa la grandezza, la importanza, la necessità, le benemerenze dell’altra, che studia e conquista nell’Universo l’opera del Creatore».21

 

 

Gli scienziati tra «Progetto Manhattan» e «Progetto Uranio»

 

Appena qualche giorno prima del discorso di Pio XII, sopracitato, il 2 dicembre 1942, Fermi realizzò la prima reazione a catena a Chicago, preludio della bomba atomica e da questo momento per i fisici era arrivato il momento di scegliere: Frisch, che aveva contribuito a riconoscere la fissione nucleare, fece parte del gruppo guidato da J. Robert Oppenheimer (1904-1967), Hahn dovette rimanere suo malgrado a Berlino con Geiger, diventato membro del Partito Nazionalsocialista.
Nel 1942, nominato direttore dell’Istituto di Fisica e responsabile del «Progetto Uranio», Heisenberg dovette trasferirsi a Berlino e il suo ruolo fu controverso; resta il fatto che il progetto diede scarsi risultati: nonostante fosse stato denominato «ebreo bianco» e contemporaneamente protetto da Heinrich Himmler (1929-1945) in persona, la storiografia non è ancora riuscita a dare un giudizio definitivo e forse la questione rimarrà aperta ancora a lungo in quanto le testimonianze del vecchio maestro Bohr, del collega e amico Carl Friedrich von Weizsäcker (1912-2007) e di altri testimoni sono piuttosto discordanti fra di loro.
Le scelte di Max Planck non furono sempre apprezzate dai colleghi, soprattutto nel periodo nazista, quando decise di non dichiarare pubblicamente il suo dissenso, ma di sfruttare la sua posizione per salvare il salvabile.

Pur discutibili che fossero le sue decisioni risulta comunque chiaro come in lui fosse sempre una ragione di ordine superiore a prevalere e mai sia giunto a compromessi con la propria coscienza.
Bohr domandò alla Meitner, esiliata in Svezia a causa delle sue origini ebraiche, di partecipare al Progetto Manhattan, ma lei rifiutò non volendo lavorare per un progetto militare; sulla pietra tombale fece porre questa iscrizione: «Lise Meitner. A physicist who never lost her humanity (Lise Meitner. Un fisico che non ha mai perduto la sua umanità)».22 I giorni 6 e 9 agosto 1945 vennero sganciate le bombe atomiche sul Giappone. 

 

 

Pio XII: il progresso tecnologico e l’amore per l’umanità

 

L’8 febbraio 1948 Pio XII, alla Pontificia Accademia delle Scienze, dovette tristemente ammettere che l’energia nucleare era stata impiegata a fini di distruzione e di morte e parlò della «bomba atomica, la più terribile arma che la mente umana abbia fino a oggi ideata».23
[A sinistra: La bomba atomica su Nagasaki- 9 agosto 1945]
La tragedia di Hiroshima e Nagasaki gli fece comprendere che un conflitto futuro, al quale la scienza avrebbe dato il suo contributo, sarebbe stato fatale per il mondo: «Quali sciagure l’umanità dovrebbe attendersi da un futuro conflitto, qualora dovesse dimostrarsi impossibile arrestare o frenare l’impiego di sempre nuove e sempre più sorprendenti invenzioni scientifiche?».24
Già nel 1947 il Papa fece il seguente appello: «Guai alla scienza che non si volge ad amare! […] Per se stessa, ogni scienza conduce all’amore. […] Nel campo delle applicazioni pratiche essa esercita l’amore verso gli uomini, di cui si mette al servigio per procurare loro ogni sorta di beni».25
Pio XII non pensava solamente alle armi nucleari, ma anche a tutto l’arsenale di sofisticati armamenti militari, dai missili alle armi chimiche, biologiche e convenzionali che erano il risultato dell’impiego e dello sviluppo della ricerca scientifica: durante tutto il suo pontificato in un secolo lacerato dalla violenza e caratterizzato da un progresso scientifico e tecnologico senza pari, con instancabile dedizione, il Papa continuò a seguire e indirizzare gli scienziati perché «il mondo indica con voce potente e irresistibile un Creatore»,26 incitandoli a proseguire gli studi e i lavori «nell’ammirazione del Creatore e Ordinatore sovrano dell’Universo, nella dedizione al bene e al progresso della umanità!».27

 

 

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Filippo Peschiera
(Docente di Matematica e Scienze presso la Scuola Paritaria Braida di Verona, membro del Centro di Documentazione Scienza e Fede – DISF presso l’Università della Santa Croce a Roma)

 

Note

  1. PIO XI, In multis solaciis, Città del Vaticano, 1936

  2. PIO XII, Discorso in occasione del IV anno della Pontificia Accademia delle Scienze, Città del Vaticano, 1939

  3. PIO XII, Messaggio Urbi et Orbi, Città del Vaticano, Pasqua 1956

  4. R. REEVES, Una forza della natura. Ernest Rutherford, genio di frontiera, Codice edizioni, Torino, 2010, 12-13

  5. R. REEVES, Una forza della natura. Ernest Rutherford, genio di frontiera, Codice edizioni, Torino, 2010, 17

  6. Ibidem, 41

  7. R. REEVES, Una forza della natura. Ernest Rutherford, genio di frontiera, Codice edizioni, Torino, 2010, 45

  8. Ibidem, 45

  9. Ibidem, 46

  10. R. REEVES, Una forza della natura. Ernest Rutherford, genio di frontiera, Codice edizioni, Torino, 2010, 73

  11. Ibidem, 109

  12. Ibidem, 109

  13. R. REEVES, Una forza della natura. Ernest Rutherford, genio di frontiera, Codice edizioni, Torino, 2010, 111

  14. Ibidem, 111

  15. W. ISAACSON, Einstein. La sua vita, il suo universo, Oscar Mondadori, Milano, 2013, 457-458

  16. F.H. HINSLEY, British intelligence in the Second World War, Vol. 3, Parte 2, Cambridge University Press, New York, 1988, 934

  17. T. POWERS, Heisenberg’s war: the secret history of the german bomb, Penguin Books, Londra, 1994, 283

  18. PIO XII, Discorso in occasione del VII anno della Pontificia Accademia delle Scienze, Città del Vaticano, 1943

  19. PIO XII, Discorso in occasione del IV anno della Pontificia Accademia delle Scienze, Città del Vaticano, 1939

  20. Ibidem

  21. PIO XII, Discorso ai partecipanti al Convegno Internazionale delle Alte Scienze Matematiche, Città del Vaticano

  22. P. GRECO, Lise Meitner, L’asino d’oro edizioni, Roma, 2014, 370

  23. PIO XII, Discorso per la Sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze, Città del Vaticano, 1948

  24. Ibidem

  25. PIO XII, Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale per il cinquantenario della scoperta marconiana della radio, Città del Vaticano, 1947

  26. PIO XII, Discorso nell’ottantesimo della Gioventù Italiana di Azione Cattolica, Città del Vaticano, 1948

  27. PIO XII, Discorso agli scienziati dell’Istituto Nazionale Italiano di Geofisica, Città del Vaticano, 1950

 

 

 

 

© Pubblicato sul n° 62 di Emmeciquadro

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