Tutto si trasforma. Sono qui prese in considerazione le trasformazioni fisiche e vengono descritti alcuni esempi di diverse forme della materia: dai vari tipi di ghiaccio, alle nanostrutture, alla materia soffice.
Mostrando come possa essere affascinante avvicinarsi alla materia sulla «nostra» scala di lunghezze come pure su scale «micro» e «nano».



L’acqua che bolle, il ghiaccio che fonde, le nuvole che si formano, un pezzo di metallo che si dilata per riscaldamento, o che si magnetizza, lo zucchero che si scioglie nel caffè…: la vita quotidiana è un’esperienza continua di trasformazioni della materia.
Diversi sono gli stati di aggregazione e le forme in cui la materia si presenta: liquidi, solidi di diverso tipo, aeriformi; per non parlare della cosiddetta materia «soffice» (dentifrici, schiume… oggetto di profondo studio oggi!). E anche all’interno dello stato solido, non ci manca la varietà: l’ordine più o meno rigoroso, a «corto» o «lungo raggio», distingue uno stato solido cristallino da uno policristallino, da uno amorfo caratterizzato da una struttura totalmente disordinata.



Modello atomistico bi-dimensionale rappresentante uno stato cristallino, policristallino, amorfo

Dedicheremo queste righe principalmente alle trasformazioni fisiche e ad alcuni esempi di diverse forme della materia, ma senza la pretesa di un’esposizione sistematica di passaggi di stato, di diagrammi di fase e simili.
Prendiamo lo spunto da questo tema per parlare di trasformazioni che esulano un poco dagli studi curriculari scolastici, soprattutto «ficcando il naso» dentro alla mirabile varietà di aggregati che la Natura ci offre a partire, in fin dei conti, da pochi mattoncini elementari.



Diverse forme di acqua

Cominciamo il nostro breve viaggio con un esempio riguardante l’acqua, forse la materia più affascinante da cui siamo circondati: l’acqua è dappertutto, ci appare in molteplici fasi e forme, si trasforma in modo ciclico secondo quello che è noto come ciclo idrologico. I mattoncini son sempre quelli: molecole con due atomi di idrogeno e uno di ossigeno, H2O. Ma come si trasforma l’acqua nei vari passaggi? In particolare, come nascono le nuvole? Non consideriamola una domanda infantile e inutile…
Gli scienziati hanno affrontato seriamente il problema. Le nuvole si formano solo per l’alta concentrazione di vapor d’acqua? Due molecole di acqua che si scontrano in atmosfera, difficilmente si potranno legare tra loro a causa della loro elevata energia cinetica; serve un «nucleo di condensazione», ovvero un aggregato –solido o liquido- di altre molecole o particelle a cui il vapore deve «attaccarsi».
Come identificare queste particelle che formano il nucleo di condensazione? Si e` notato un legame strettissimo tra la formazione di questi e la presenza di due ingredienti in particolare: acido solforico e molecole organiche ossidate. Si è cercato allora di riprodurre in laboratorio le condizioni dell’atmosfera.
L’esperimento CLOUD (Cosmics Leaving Outdoor Droplets) al CERN ha studiato l’evoluzione di molecole dallo stato gassoso alla formazione di piccoli aggregati (cluster) e poi di particelle di maggiori dimensioni (aerosol) in condizioni simili allo strato inferiore dell’atmosfera [1, 2], confermando lo stretto legame tra acido solforico e molecole organiche ossidate sui tassi di formazione di questi particolari aerosol.
Ma cosa succede negli strati più alti? È ancora tutto da studiare e da capire.
Di acqua, pur se in forme diverse, ci sono tracce molto lontano… La sonda Rosetta ha raggiunto lo scorso anno la cometa 67P, evidenziando la presenza di acqua allo stato solido sulla superficie, non solo in stato di vapore nella coda. Si tratta però di acqua con caratteristiche diverse da quella del nostro pianeta, in quanto le sue molecole hanno una percentuale di deuterio tripla rispetto agli oceani della Terra [3].

Gli scienziati hanno «visto» (attraverso lo spettrometro VIRTIS, Visible-InfraRed and Thermal Imaging Spectrometer) il ghiaccio e hanno ipotizzato un ciclo giornaliero dell’acqua sulla cometa, con fasi di evaporazione e di solidificazione dell’acqua negli strati superficiali e subsuperficiali [4].
Per effetto dell’esposizione alla luce solare il ghiaccio da sotto la superficie sublima: parte del vapore acqueo sprigionato fuoriesce dal nucleo e si allontana dalla superficie, parte continua a sublimare, anche quando cessa l’esposizione di quella zona alla luce solare, e a ricondensarsi in vari strati [5].
Il processo di sublimazione potrebbe essere accompagnato anche da una trasformazione della struttura microscopica del ghiaccio dallo stato amorfo a quello cristallino, con liberazione di energia. Il ghiaccio amorfo si trova tipicamente a temperature molto basse, inferiori a -120 °C, e, comete a parte, è ottenibile solo in laboratorio.
Ma quale struttura ha il ghiaccio? Anzi, quali? Proprio così, perchè il ghiaccio di strutture ne ha tante: ben sedici sono le strutture del ghiaccio cristallino ad oggi conosciute. Il ghiaccio comune, diciamo così, ha una struttura nota come Ih (Ice one h).

 

Modello atomistico della struttura cristallina del ghiaccio «comune», detta Ih. In rosso/bianco gli atomi di ossigeno/idrogeno; tratteggiati i legami idrogeno intermolecolari.

 

 

Sono i legami idrogeno che tengono insieme le varie molecole d’acqua; tali legami hanno una direzionalità ben precisa e sono responsabili della struttura ordinata del cristallo. L’aumento della temperatura però causa vibrazioni di atomi e molecole attorno alle loro posizioni di equilibrio, finchè alcuni legami idrogeno intermolecolari si rompono e inizia la fusione, cioè il passaggio dallo stato solido a quello liquido.
L’acqua presenta fasi cosiddette «metastabili» che possono risultare da trasformazioni che avvengono in determinate condizioni di pressione o variazione di temperatura: è possibile per esempio ottenere acqua superfredda, ossia acqua che si conserva in fase liquida anche a temperature inferiori a zero gradi centigradi.
Basta poi una piccola perturbazione o una ulteriore riduzione della temperatura per causare un brusco aumento del numero di molecole di acqua che si legano fra loro per dare luogo al processo di congelamento e solidificazione.

 

 

Le nanostrutture

 

Focalizziamo ora la nostra attenzione sullo stato di aggregazione solido, per parlare di altre trasformazioni. Alcuni elementi hanno la possibilità di esistere in diverse forme: con il termine allotropia si intende lo stesso stato fisico, ma diversa struttura.
Un esempio è il carbonio, che in forma aggregata solida può presentarsi come diamante o grafite, o in forme ancora diverse, «nanostrutturate», come grafene, fullereni, nanotubi.

 

Modelli atomistici di diverse strutture formate da atomi di carbonio: (a) grafite, (b) diamante, (c) fullerene, (d) nanotubo. (e) grafene

 

 

Il grafene è costituito semplicemente da uno strato monoatomico di carbonio, dove i singoli atomi sono posizionati ai vertici di esagoni che formano una struttura a nido d’ape. La struttura planare è dovuta al particolare tipo di legame che si instaura tra gli atomi di carbonio, che è diverso da quello responsabile della coordinazione tetraedrica che caratterizza la struttura del diamante.
La scoperta del grafene risale al 2004 ad opera di Andre Geim (1974-…) e Kostantin Novoselov (1958-…), che per questo risultato sono stati insigniti nel 2010 del premio Nobel per la Fisica [6,7].
Il grafene presenta proprietà straordinarie e molto diverse per esempio da quelle del diamante: ha una conducibilità elettrica a temperatura ambiente che è circa 1 milione di volte superiore a quella del rame, il materiale che viene comunemente utilizzato per la realizzazione dei circuiti elettrici. Gli elettroni che viaggiano al suo interno si comportano come se fossero particelle che si muovono a una velocità prossima alla velocità della luce.

Il grafene è inoltre molto resistente dal punto di vista meccanico e si può flettere senza problemi. Le sue applicazioni sono promettenti, ma la sfida tecnologica ancora aperta sta nel poterne produrre fogli opportunamente estesi, privi di difetti e a un costo accessibile.
I nanotubi di carbonio sono tubi costituiti da un foglio di grafene arrotolato fino a formare un cilindro di diametro compreso fra circa 1 e 40 nm. Le loro caratteristiche dipendono moltissimo dal metodo con cui vengono sintetizzati. Sono degli ottimi candidati per applicazioni biomediche: recentissimi studi indicano la loro compatibilità con il tessuto nervoso e la capacità di supplire a collegamenti mancanti [8].
In certi casi (non in tutti!) sono possibili trasformazioni da una struttura all’altra (trasformazioni strutturali). Il diamante a temperature elevata (circa 1800 °C) subisce la trasformazione in grafite; il processo inverso, come ben si può immaginare, è ben più difficile, non si verifica spontaneamente ed è stato riprodotto solamente in laboratorio in condizioni di pressione e temperatura molto elevate.

 

 

Il caso della materia soffice

 

Il nostro breve viaggio nella struttura della materia e le sue trasformazioni non è ancora finito.
Abbiamo visto alcuni esempi, pochi ma diversificati, di solidi, liquidi, gas; ma come classifichiamo la nostra pelle, o i tessuti nel nostro corpo, o in generale i biomateriali?
Oggi si è introdotto il termine «materia soffice». Ne sono un esempio i cristalli liquidi, caratterizzati da fasi intermedie (mesofasi), che presentano contemporaneamente caratteristiche degli stati solido e liquido, che uniscono per esempio proprietà fisiche anisotrope (ottiche ed elettriche), che sono tipiche dei solidi, alla mobilità delle molecole che è invece tipica dei liquidi [9]. Pur essendo mobili, le molecole in un cristallo liquido in qualche modo rimangono organizzate.
La trasformazione di un composto dallo stato solido a quello liquido isotropo non necessariamente passa per un’unica mesofase, ma se ne possono verificare diverse con disordine crescente.
Si parla di mesofase nematica (la più semplice delle fasi liquido-cristalline) quando le molecole hanno un certo ordine statistico e mostrano un’orientazione preferita, ma non possiedono ordine posizionale. Nelle mesofasi smectiche, invece, esse mostrano una disposizione a strati.

 

Modelli molecolari di possibili mesofasi di un cristallo liquido: (a) fase nematica; (b) due diverse possibili fasi smectiche

 

L’ordine delle mesofasi può essere modificato dalla presenza di un campo elettrico o magnetico, permettendo di controllare, per esempio, la quantità di luce che può passare. Questo ha portato al largo impiego dei cristalli liquidi nella realizzazione di schermi di computer, televisioni, orologi, cellulari (LCD, Liquid Crystal Display).
I cristalli liquidi inoltre rispondono a variazioni di temperatura cambiando colore, e ciò ha portato al loro utilizzo come termometri. La trasformazione della struttura del materiale avviene su scala troppo piccola per essere vista direttamente, ma ciò che si vede è il cambiamento delle sue proprietà.
Altro esempio di materia soffice è dato dai colloidi. Un colloide è una sostanza che si trova in uno stato finemente disperso, intermedio tra la soluzione omogenea e la dispersione eterogenea: consiste cioè di una sostanza di dimensioni microscopiche (diametro da 1 nm a 1000 nm) dispersa in una fase continua. Normalmente le soluzioni sono limpide. I sistemi colloidali, invece, si presentano spesso torbidi; le dimensioni delle particelle sono paragonabili alla lunghezza d’onda della luce (400-700 nm) e si ha pertando il fenomeno della diffusione.
Esempi di sistemi colloidali tratti dalla vita quotidiana sono: burro, latte, maionese, yogurt e molti altri cibi. Un esempio interessante è il gelato. Perchè il gelato «vecchio» messo in freezer è diverso da quello appena fatto?
Il gelato messo in freezer subisce un processo di ri-cristallizzazione dell’acqua: microcristalli di ghiaccio di dimensioni maggiori si formano a spese di quelli piccoli e… il palato se ne accorge!

I sistemi colloidali offrono uno scenario ancora più vasto. Possiamo dire che sono anche un esempio di nanotecnologia ante litteram. Sospensioni colloidali di finissime particelle (oggi le chiamiamo nanoparticelle) d’oro e d’argento son state usate fin dal Medioevo per colorare il vetro: ne erano maestri gli artigiani delle splendide vetrate di molte cattedrali europee.
Nanoparticelle metalliche assorbono e diffondono la luce, e la trasmettono con un’intensità che dipende fortemente dall’angolo di incidenza. Le proprietà delle nanoparticelle dipendono non solo dalla loro composizione, ma anche dalla loro dimensione e dalla loro forma più o meno sferica.
Una sospensione di nanoparticelle d’oro può essere responsabile del colore rosso rubino, per assorbimento della luce nella regione del visibile attorno ai 520 nm, ma anche di un vivace giallo oro.
Gli artigiani medioevali a loro volta avevano forse preso ispirazione dalla coppa di Licurgo, risalente all’epoca romana (400 d.C.): un vaso in pasta vitrea che assume colore diverso a seconda che venga illuminato in luce riflessa o trasmessa.

 

Coppa di Licurgo, opera in pasta vitrea di epoca romana, che assume diversa colorazione a seconda dell’incidenza della radiazione: (5) rossa, se viene retroilluminata (la luce viene trasmessa), (6) verde, se illuminata frontalmente (la luce viene riflessa). Crediti: Johnbod e Brit_Mus

 

Oggi le nanoparticelle sembrano essere molto promettenti in vari campi, dall’optoelettronica, alla catalisi, alla medicina.
Citiamo solamente che le nanoparticelle possono anche essere opportunamente funzionalizzate, cioè coperte da uno strato di molecole per controllare determinate proprietà.

Modello atomistico di una nanoparticella di seleniuro di zinco (sferette in giallo e grigio: rispettivamente atomi di zolfo e zinco) «passivata» con uno strato di molecole di acido oleico (schematizzate con le strutture a catena quasi perpendicolari alla superficie della nanoparticella). (Credit Zherebetskyy)

Questo guscio protettivo ha un ruolo fondamentale nel determinare proprietà di solubilità, stabilità, riconoscimento di biomolecole. La funzionalizzazione di nanoparticelle può indurre in esse anche un cambiamento di struttura.

 

 

 

«Non ci sono due particelle uguali»

 

Concludiamo queste righe con qualche considerazione riguardante l’energia necessaria per una trasformazione.
Le trasformazioni della materia, incluse le reazioni chimiche, possono avvenire in modo spontaneo oppure indotto; a volte si cerca un «aiuto» efficiente e specifico per far avvenire proprio una trasformazione desiderata.
Si parla allora di catalisi. Un catalizzatore abbassa la barriera energetica per far avvenire una determinata reazione, senza venire alterato dalla reazione stessa.

 

Diagramma schematico di una trasformazione chimica in assenza o presenza di catalizzatore in termini di energia. La presenza di un catalizzatore riduce la barriera energetica (energia di attivazione) necessaria per far avvenire la reazione

 

 

Parte del lavoro di chi scrive, per esempio, riguarda l’identificazione mediante simulazioni al computer dei materiali e nanostrutture più opportuni per facilitare la cattura e le reazioni di trasformazione di specifiche molecole, quali per esempio quelle di importanza ambientale, monossido e biossido di carbonio.
Le nanoparticelle e, in generale, i sistemi nanostrutturati, sono ottimi candidati in questo senso, in primo luogo perchè, avendo dimensioni molto ridotte, un loro insieme offre una superficie esposta molto più ampia rispetto a un unico blocco di materiale, a parità di volume.
Siam partiti dall’acqua e dalle sue trasformazioni in stati fisici diversi. Finiamo ancora con l’acqua, sottoforma di ghiaccio, per un paio di spunti conclusivi.

Il primo riguarda la materia e la sua bellezza. Il cielo stellato ha ispirato poeti, pensatori, artisti, e senza dubbio commuove e affascina sempre ciascuno di noi.
Ma è altrettanto affascinante avvicinarsi alla materia sulla «nostra» scala di lunghezze o su scale «micro» e «nano», oltre che su quella cosmologica.

 

Fiocchi neve di Bentley (Credit Wilson Bentley)

 

] La figura mostra alcune delle 5381 microfotografie di fiocchi di neve fatte dal fotografo statunitense Wilson Bentley (1865-1931) nel corso di una quarantina d’anni [10]. Prendiamo un pò di tempo per ammirarle…
I fiocchi di neve sono «minuscoli miracoli di bellezza (tiny miracles of beauty)» e «non ci sono due fiocchi uguali» tra tutti quelli da lui fotografati, come lui stesso scrisse nel libro Snow Crystals (1931).
Keplero fu il primo scienziato europeo a occuparsi (1611) della simmetria esagonale dei fiocchi di neve. Si chiedeva se questa simmetria avesse una speciale funzione o meno. Confessò di non saperlo ma, confidente nel fatto che i suoi successori l’avrebbero potuta spiegare, concluse: «Io non credo che anche in un fiocco di neve questa struttura ordinata esista per caso».
È la posizione onesta di uno scienziato di fronte alla realtà, che la studia con tutte le sue forze e la sua capacità, ma conserva sempre un ammirato stupore e senso del mistero davanti alla materia e alla sua intelligibilità.
La materia si può trasformare in modo spontaneo, ma è soprattutto l’uomo a essere capace di trasformarla. Ce lo ricorda Papa Francesco nella sua lettera enciclica Laudato Sì, riconoscendo questa capacità come intrinseca all’essere umano e preziosissima: «La trasformazione della Natura a fini di utilità è una caratteristica del genere umano fin dai suoi inizi […] La tecnologia ha posto rimedio a innumerevoli mali che affliggevano e limitavano l’essere umano. (102)»
È opportuno però non lasciarsi travolgere dall’avanzare del paradigma tecnocratico imperante; la volontà di trasformazione a tutti i costi della Natura porta a una rottura dell’alleanza tra l’essere umano e le cose.
Guardiamo ad esse così come Bentley e Giovanni Keplero (1571-1630) guardavano i fiocchi di neve: «Prestare attenzione alla bellezza e amarla ci aiuta ad uscire dal pragmatismo utilitaristico.
Quando non si impara a fermarsi ad ammirare ed apprezzare il bello, non è strano che ogni cosa si trasformi in oggetto di uso e abuso senza scrupoli.» (215).

 

 

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Maria Peressi
(Università degli Studi di Trieste)

 

Nota

L’articolo fa riferimento alla lectio magistralis tenuta dall’autrice durante il Convegno ScienzAfirenze 2016 dal titolo: Tutto si trasforma: la materia nella vita di ogni giorno.

 

Riferimenti bibliografici e sitografici

  1. Almeida J. et al., Nature 502, 359 (2013)

  2. Riccobono F. et al., Science 344, 721 (2014)

  3. Altwegg K. et al., Science (2014), DOI: 10.1126/science.1261952

  4. De Sanctis et al., Nature 525, 500 (2015)

  5. http://sci.esa.int/rosetta/56513-rosetta-reveals-comet-s-water-ice-cycle/

  6. Novoselov, K. S. et al., Nature 438, 197–200 (2005)

  7. www.nobelprize.org/nobel_prizes/physics/laureates/2010/

  8. Usmani et al., Science Advances 2, n. 7, e1600087 (2016)

  9. P.G. De Gennes and J. Prost, The Physics of Liquid Crystals, Oxford Science, Oxford (1993)

  10. http://snowflakebentley.com/

 

 

 

 

© Pubblicato sul n° 62 di Emmeciquadro

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