Una rubrica per guidare i bambini della scuola primaria ad «accorgersi» della varietà dei fenomeni fisici presenti nella realtà quotidiana. Per dare soddisfazione a quella curiosità infantile, definita «sacra» da Albert Einstein e tipica dei grandi scienziati, ma che è spesso mortificata da approcci ludici o fantasiosi se non addirittura aridamente formalistici. Una sfida che l’autore ha raccolto, coniugando semplicità e rigore concettuale e linguistico. In questo incontro «Zio Albert» conduce i lettori dentro l’atomo alla scoperta dell’elettricità: suggerendo una curiosa analogia alla portata dell’intuizione dei piccoli, evita astratti nozionismi.



Un caro saluto ai miei piccoli lettori. Questa volta vorrei parlarvi di atomi ed elettricità, due argomenti apparentemente molto distanti fra di loro. Ma solo apparentemente! Poiché, come vedremo più avanti, tutti i fenomeni elettrici hanno a che fare proprio con le minuscole particelle di cui è composto un atomo. Capirlo non è stato facile e c’è voluto molto tempo.
Questa storia ha inizio fra il quinto e il quarto secolo avanti Cristo, quando due filosofi greci di nome Leucippo e Democrito ipotizzarono che tutta la materia presente sulla Terra fosse composta da particelle molto piccole (così minuscole che non è possibile osservarle) che non possono in alcun modo essere rotte e scomposte in pezzetti ancora più piccoli. Insomma, come se il mondo fosse fatto da tanti piccoli mattoncini Lego opportunamente assemblati. Essi chiamarono queste particelle «atomi», una parola che in greco significa proprio «indivisibile».
L’ipotesi dell’esistenza degli atomi era sicuramente una bella idea, ma tutta ancora da dimostrare! Cosa che puntualmente avvenne … circa 24 secoli dopo, agli inizi del diciannovesimo secolo, quando i chimici e i fisici di quel periodo scoprirono che gli atomi esistono per davvero. Anzi, non solo ne provarono l’esistenza ma, contrariamente a quanto credevano i filosofi greci, dimostrarono che non si trattava dei componenti più piccoli della materia. Al loro interno, infatti, erano state trovate particelle ancora più piccole.
Per il momento non è importante sapere come si chiamano, ma è interessante esaminare come si comportano, perché dal loro modo di agire dipendono molti dei fenomeni elettrici che quotidianamente ci capita di osservare.
Per fare questo si potrebbe sfruttare una semplice analogia e immaginare un atomo come una classe della vostra scuola, in cui sono presenti dei bambini, delle bambine e naturalmente dei banchi su cui sedersi. Ma attenzione, si tratta di una classe un po’ speciale dove i maschi e le femmine si comportano in maniera abbastanza strana.
Infatti, quando un maschio incontra un altro maschio, fra i due nasce subito una forte antipatia e quindi per evitarsi se ne vanno da parti opposte: in altre parole si respingono. La stessa cosa accade quando una femmina incontra un’altra femmina: immediatamente prendono direzioni opposte.
Al contrario, quando un maschio e una femmina si incontrano, ecco che allora fra i due sorge un’improvvisa simpatia e quindi corrono l’uno verso l’altra per abbracciarsi: in altre parole si attirano.
Questi comportamenti sono schematizzati nella figura qui a sinistra.
Ebbene, le particelle di cui sono composti gli atomi si comportano proprio come gli studenti di questa strana classe. Ci sono, infatti, le particelle «maschio» che respingono le altre particelle «maschio» e attirano quelle «femmina», le particelle «femmina» che si comportano allo stesso modo, e le particelle «banco» che invece se ne stanno li impalate (come i banchi, appunto) e non combinano mai niente di buono.



Come potete facilmente immaginare, perché gli atomi possano sopravvivere con una popolazione così litigiosa al loro interno è necessario che il numero delle particelle «maschio» sia sempre uguale a quello delle particelle «femmina», in modo tale che tutte le particelle abbiano un partner con cui fare amicizia e starsene li tranquille senza creare subbuglio.
Ma, cosa accadrebbe se a un certo punto arrivasse una nuova particella, per esempio una particella «femmina», a turbare l’equilibrio?
Poiché l’atomo è già al completo, la nuova particella non troverebbe posto al suo interno e quindi rimarrebbe lì in disparte ad aspettare qualche altra particella con cui fare amicizia, se «maschio» o litigare e respingerla, se «femmina».
Ebbene, anche voi, miei piccoli lettori, potete verificare questo strano comportamento. Basterà avere due palloncini (di quelli gonfiabili che si usano per addobbare le feste di compleanno), due pezzi di spago lunghi circa mezzo metro e un panno di lana.



Primo passo
Per prima cosa gonfiate i palloncini e legateli ai due pezzi di spago.

Secondo passo
Afferrate i due pezzi di spago (all’estremo libero) e lasciate penzolare i palloncini. Vedrete che i due palloncini si appoggeranno l’uno sull’altro.

Terzo passo
Ora strofinate i due palloncini con il panno di lana e lasciateli nuovamente penzolare. Noterete che questa volta i due palloncini anziché appoggiarsi l’uno sull’altro si respingeranno allontanandosi.

Spiegazione
Quando il panno di lana viene sfregato sulla superficie dei palloncini perde alcune delle particelle contenute nei suoi atomi, quelle «femmina» che sono più leggere, che rimangono così attaccate ai due palloncini.
Come abbiamo visto, queste particelle non trovano posto negli atomi dei palloncini e quindi rimangono isolate sulla loro superficie pronte a interagire con altre particelle «maschio» o «femmina» che potrebbe capitare loro di incontrare.
Quando i due palloncini si trovano nuovamente a contatto dopo l’operazione di sfregamento, le particelle perse dal panno che sono rimaste attaccate a un palloncino si trovano affacciate a quelle che sono rimaste attaccate all’altro palloncino e, poiché sono dello stesso genere, cioè «femmina», si respingono senza alcun indugio, provocando così l’allontanamento dei due palloncini.

P.S.
Per i più grandicelli, ricordo che le particelle che nell’analogia con la classe scolastica sono state classificate come «maschio» e «femmina» sono quelle che i fisici chiamano rispettivamente col nome di «protoni» e di «elettroni»; mentre le particelle «banco», siccome non interagiscono con nessuno, hanno preso il nome di «neutroni».

Vai al PDF dell’articolo

Sergio Musazzi (Ricercatore e divulgatore scientifico)© Pubblicato sul

n° 63 di Emmeciquadro

Leggi anche

SCIENZ@SCUOLA/ L’enigma dei pallonciniSCIENZ@SCUOLA/ L'angolo di zio Albert - A lume di candelaSCIENZ@SCUOLA/ L'angolo di Zio Albert - Sottile come un capello