Un’attività «normale» fin dalle prime classi della scuola primaria, la registrazione quotidiana e continuata delle condizioni meteorologiche, suscita nei bambini tante domande.
Come scoprire i meccanismi che provocano nuvole, pioggia, neve, nel primo biennio di scuola, quando l’esigenza di concretezza è così forte nei bambini?
Non solo un escamotage, leggere e rappresentare Il lungo viaggio di una goccia d’acqua, un racconto che fa continuo riferimento a fenomeni naturali e osservabili. Una rappresentazione della storia con diverse tecniche, accompagnata anche da attività pratiche, per costruire un «libro» che riassume tutte le scoperte compiute.
Il percorso si sviluppa con diverse modalità, anche pratiche, perché «fare scienza» a scuola è il primo passo per scoprire il mondo come si presenta ai nostri occhi.
Nelle “Indicazioni Nazionali” per la Scuola Primaria, nella sezione “Scienze” si legge: «L’osservazione dei fatti e lo spirito di ricerca dovrebbero caratterizzare anche un efficace insegnamento delle scienze e dovrebbero essere attuati attraverso un coinvolgimento diretto degli alunni incoraggiandoli, senza un ordine temporale rigido e senza forzare alcuna fase, a porre domande sui fenomeni e le cose, a progettare esperimenti/esplorazioni seguendo ipotesi di lavoro e a costruire i loro modelli interpretativi.» E tra gli obiettivi di apprendimento al termine della classe terza troviamo: «descrivere semplici fenomeni della vita quotidiana […]» e «avere familiarità con la variabilità dei fenomeni atmosferici (venti, nuvole, pioggia, ecc.)».
Nell’anno scolastico 2015-2016 ho iniziato la seconda classe avendo ben presenti queste indicazioni, esempi di percorsi articolati sulle azioni principali del «fare scienza» e l’esperienza già compiuta con i miei alunni nel corso della classe prima.
Le mie scelte sono state determinate dal fatto che quotidianamente in classe, già a partire dalla prima, vengono notate e registrate le condizioni atmosferiche. Partendo dalla curiosità espressa dai bambini verso i cambiamenti osservabili nel tempo, si è deciso di svolgere un lavoro su quella parte di programma convenzionalmente indicata come «ciclo dell’acqua», attraverso semplici esperimenti e la composizione di un libro.
Numerose discipline sono state coinvolte in questo lavoro: anzitutto le scienze, poi l’italiano perché abbiamo imparato molte parole nuove e abbiamo capito l’importanza di usarle in modo corretto; poi la lingua inglese: sotto la guida dell’insegnante madre-lingua i bambini hanno costruito una rappresentazione con i vocaboli inglesi corrispondenti alle parole italiane di cui avevano compreso il significato.
Una nota interessante è la creatività con cui i bambini hanno costruito le pagine del loro libro, utilizzando materiali molto diversi e trovando soluzioni che rappresentassero in modo espressivo i fenomeni che stavamo studiando: sicuramente un’esperienza positiva e fruttuosa nell’area tecnologia e di educazione all’immagine.
Dal punto di vista del metodo le parole chiave sono state poche ma dal significato e dalle implicazioni profonde: osservazione, denominazione, uso della ragione, lavoro ben fatto.
Come racconto di seguito, l’osservazione del mondo della natura e l’attenzione a dare un nome ai fenomeni che avvengono ogni giorno, mettono in moto la ragione – suscitano curiosità, domande e il desiderio di capire – e conducono, facilmente, a lavorare in modo preciso e creativo.
Il lungo viaggio di una goccia d’acqua
Per catturare l’attenzione dei bambini e semplificare la tematica ho deciso di affrontare il ciclo dell’acqua utilizzando alcune parti del testo «Il lungo viaggio di una goccia d’acqua» di M.Comassi.
All’inizio di ogni lezione di scienze ho letto una parte della storia, che prima i bambini hanno drammatizzato e, poi, hanno riscritto a computer, realizzando di volta in volta una pagina del loro libro.
Prima tappa: dal fondo del mare alla superficie, lo stato liquido
Ecco il mare profondo, oscuro. Laggiù non c’è luce. I raggi del Sole vengono a poco a poco assorbiti e cancellati dalle onde marine. Nell’oscurità e nel silenzio, nelle acque calmissime, si aggirano strani pesci con gli occhi luminosi e con piccole luci sparse sul corpo. Un vero mondo magico. |
La rappresentazione del mare e degli oggetti o dei viventi che in esso si muovono ha fatto ricordare ai bambini l’esperienza di un contatto con sostanze allo stato liquido e ha fatto percepire che un liquido, come può essere il mare, è costituito da tante parti più piccole (le goccioline).
La gocciolina d’acqua, attraverso un filo di spago, si può muovere manualmente dalla profondità del mare alla superficie dell’acqua e viceversa.
Seconda tappa: da liquido a gassoso, l’evaporazione
Qui rivide, dopo tanto tempo, il Sole. I raggi d’oro penetravano, tremuli e scintillanti, nelle acque azzurre; e la gocciolina si sentiva tutta riscaldare. Un gran movimento si era diffuso fra tutte le occe che le stavano vicine. Era un movimento meraviglioso, che diventava sempre più rapido, che rendeva sempre più leggeri. |
In modo interessante, per rappresentare il fenomeno dell’evaporazione i bambini hanno usato materiali diversi: la goccia che nel mare è di colore blu, nell’aria diventa invisibile – perciò raffigurata con un pezzetto di plastica trasparente. I raggi del Sole (e il calore che emettono) sono stati evidenziati usando pezzetti di scovolino e fettuccine di spugnette da cucina.
Per comprendere meglio il significato del fenomeno «evaporazione», abbiamo compiuto un esperimento. Abbiamo messo dell’acqua in un vaso; dopo aver segnato sul vetro, con un pennarello il livello iniziale, abbiamo esposto il vaso al Sole. Nel corso di una settimana i bambini hanno osservato e seguito la diminuzione del livello dell’acqua nel vaso.
Terza tappa: tante gocce formano le nuvole, la condensazione
Per stare meglio vicine, la nostra gocciolina e altre sue sorelle si strinsero ancora di più. |
Anche in questo caso la rappresentazione grafico-pittorica ha aiutato i bambini a comprendere, almeno schematicamente, qualche aspetto «invisibile» del fenomeno nube.
Prima i bambini hanno disegnato un gruppo di goccioline d’acqua per formare una nuvola, poi hanno creato una sagoma trasparente (plastica traslucida) da applicare sopra le goccioline.
Ricordando un fenomeno facilmente osservabile, il vapore acqueo contenuto nel fiato che diventa liquido contro il vetro freddo, i bambini hanno intuito che le nuvole che vediamo in cielo in realtà sono formate da tante goccioline di acqua, formate per raffreddamento del vapore acqueo.
Quarta tappa: la neve, ritorno allo stato solido
Naviga naviga, vola vola, la nube arrivò sopra altissimi monti, dove l’aria era fredda. |
Sanno bene i bambini che la neve, formata da tanti aghetti e cristalli di ghiaccio, è una sostanza allo stato solido. Per esempio quando giocano a palle di neve.
Dal racconto hanno imparato che in alto nel cielo, dove la temperatura è molto bassa, si formano aghetti di ghiaccio che possono ritornare a terra.
Quinta tappa: la neve fonde al calore del Sole, torna allo stato liquido
La gocciolina dormiva, ma il Sole lavorava. |
Il passaggio dallo stato solido (neve e ghiaccio) allo stato liquido (l’acqua di un ruscello) si chiama fusione.
Per la realizzazione del ruscello è stata utilizzata la tecnica del collage, che ha permesso di capire meglio che l’acqua è formata da tante goccioline.
Sesta tappa: il ritorno al mare
Dal ruscello la nostra gocciolina arrivò al fiume e dal fiume entrò nel mare. |
Il cammino della goccia, con le sue compagne, si conclude al mare, ma da lì riprende ogni volta.
Settima tappa: il viaggio ricomincia
Il Sole, con il suo caldo raggio la chiamava di nuovo nel cielo. Ora tornava a volare. |
La fine della storia ha offerto lo spunto per una sintesi iconografica del lavoro che è stata realizzata, anche in questo caso, con colorazioni e materiali diversi.
Come si vede nella parte sinistra dell’immagine, la gocciolina allo stato gassoso è sempre raffigurata con la plastica trasparente e le sue possibili trasformazioni sono riassunte nelle nuvolette.
Su un nuovo cartellone, sotto la guida dell’insegnante di lingua inglese, i bambini hanno rappresentato le fasi del ciclo dell’acqua con altri materiali e utilizzando i termini inglesi corrispondenti a quelli appena imparati.
Per finire, i bambini hanno realizzato un «modello» di quanto avevano imparato: il sacchetto del ciclo dell’acqua.
Hanno disegnato le varie fasi del ciclo su un sacchetto di plastica trasparente.
Hanno inserito l’acqua all’interno del sacchetto.
Si sono divertiti a girare e rigirare il sacchetto per rivivere il «viaggio della gocciolina».
Finalmente si poteva mettere anche la copertina al nostro libro, utilizzando una parola nuova, la parola «ciclo», per indicare, ora consapevolmente, una serie di fenomeni che si ripetono in modo simile ripartendo ogni volta come da una condizione iniziale che, nel nostro caso era l’evaporazione dell’acqua del mare.
Verifica e valutazione
Ho deciso di valutare l’apprendimento dei bambini riguardando insieme a ciascuno di loro il libro realizzato. Per ogni pagina ho chiesto di verbalizzare il contenuto del disegno, soffermandomi sulle motivazioni sottese ai materiali e alle tecniche usate e ai nuovi termini appresi.
Ho avuto un riscontro positivo, in quanto i bambini sono riusciti a spiegarmi in modo semplice, ma corretto, le principali fasi del ciclo dell’acqua, utilizzando con naturalezza i termini specifici.
Attraverso la drammatizzazione vissuta in prima persona e la stesura, passo dopo passo, delle pagine del libro, i bambini sono riusciti a intuire in modo semplice anche concetti complessi.
Stefania Tagliabue
(Docente presso la Scuola Primaria “Istituto san Vincenzo” di Erba (Como).
L’attività descritta, svolta nell’anno scolastico 2015-2016 nella classe seconda, è stata presentata e discussa al Gruppo di Ricerca di Scienze, «Educare Insegnando», promosso dall’Associazione “Il rischio Educativo” coordinato da Maria Elisa Bergamaschini e Maria Cristina Speciani.
© Pubblicato sul n° 63 di Emmeciquadro