È vero per tutti e a tutte le età che nutrirsi bene è il primo passo per mantenersi in buona salute. Perciò l’educazione alimentare è uno degli obiettivi del lavoro con i bambini alla scuola primaria. Ma occorre che questa formazione si realizzi nel cammino scolastico «normale» e non solo affidandosi all’intervento estemporaneo di esperti, come spesso capita.
Questo contributo mostra come nella quarta classe della primaria lo studio dell’anatomia e fisiologia del sistema digerente, peraltro inserito in un percorso iniziato già nella classe prima, renda i bambini più consapevoli delle scelte da fare per «mangiare bene».
Un percorso sviluppato con diverse modalità, anche pratiche, perché «fare scienza» risponde a molte domande sul proprio corpo e aiuta a mantenere comportamenti alimentari corretti.
Come mangiare in modo da mantenere la propria salute?
Nel contributo che segue descrivo un percorso sull’alimentazione che, per circa due mesi, ha interessato le classi quarte della scuola primaria in cui ho svolto quest’anno l’area di scienze.
La mia intenzione è stata quella di trovare risposte alla domanda iniziale studiando l’anatomia e la fisiologia del sistema digerente. Nella programmazione «tradizionale» l’argomento viene svolto nella classe quinta, ma ho ritenuto che i bambini della mia classe, che hanno cominciato a conoscere la bocca e la digestione fin dall’inizio della scuola primaria, avessero conquistato, di anno in anno, un metodo adeguato a conoscere il corpo umano nonostante la sua complessità.
Il percorso che abbiamo realizzato è entrato a far parte degli exibit che “Imiberg” ha presentato a Bergamo Scienza 2016.
Un’esperienza varia che andava dalla compilazione di un grafico intorno ai comportamenti alimentari fino a definire un menù sano. In particolare sono state analizzate le tappe del processo digestivo attraverso alcuni esperimenti e sono state analizzate le etichette degli alimenti per promuovere un giusto approccio all’acquisto dei cibi.
Il tempo e il cibo immagine
02 bonati digerente.jpg Il percorso è iniziato facendo riflettere i bambini sull’importanza del tempo nell’alimentazione: quando mangiamo, quanto tempo dedichiamo a mangiare, come questo influenza le abitudini alimentari.
Ho posto alcuni quesiti: in quali momenti della giornata vi sentite affamati? Quando sentite un leggero appetito? Quando vi sentite sazi?
Così i bambini hanno potuto ripensare alla loro giornata e riflettere sulle diverse sensazioni legate alla fame. Non tutti avevano un’idea chiara sia sui momenti in cui avevano fame, sia sulle sensazioni, ma l’esperienza, comune a tutti, è quella di mangiare più per golosità che per fame e solitamente mangiare di fretta.
Per rendere più evidenti le affermazioni abbiamo costruito un «grafico della fame». Sull’asse verticale sono stati messi i valori da 0 a 5 che indicano il livello di fame (0 sazietà…5 molta fame); lungo l’asse orizzontale sono state segnate le 24 ore. In corrispondenza di ogni ora i bambini hanno fissato un punto sul grafico all’altezza corrispondente alla sensazione che di solito si avverte. Unendo i 24 punti hanno ottenuto il grafico «giornaliero» della fame.
I grafici disegnati erano ovviamente tutti diversi tra di loro perchè stavamo parlando di sensazioni soggettive. Condividendo i grafici abbiamo notato che molti bambini non fanno colazione perché dicono di non avere appetito e quindi arrivano al momento della merenda di metà mattina molto affamati, di conseguenza mangiano moltissimo.
Questa abitudine si ripercuote sul momento del pranzo, al quale arrivano ancora sazi dal pasto precedente, per poi mangiare ancora moltissimo a merenda. Molti bambini cenano piuttosto tardi e questo non permette loro di alzarsi con il giusto desiderio di fare colazione.
In questo modo abbiamo iniziato a segnalare l’importanza della colazione per fornire al corpo un giusto apporto energetico durante le ore in cui compie la maggiore attività lavorativa.
Il cibo e l’uomo: la storia e i territori
Anche collegandoci al lavoro svolto nell’area storica, abbiamo chiarito che, rispetto agli uomini primitivi, noi siamo molto fortunati: abbiamo a disposizione una grande varietà di cibi che possiamo reperire in ogni momento della giornata; gli uomini primitivi, che erano sempre in lotta per la sopravvivenza, mangiavano quello che trovavano nei luoghi dove vivevano.
Come fare? I bambini hanno dato svariate risposte, soprattutto legate ai suggerimenti ricevuti dalle mamme, dalle nonne e dalle maestre, (per esempio: mastica bene, mangia verdura e frutta …), ma non sembravano troppo convinti. Evidentemente bisognava approfondire.
Ho fatto esempi di piatti di cui i bambini sono golosi come la pizza, o le lasagne, per far capire che ciò che è «buono» al palato non è per forza «cattivo» per la nostra salute. L’importante è sapere cosa mangiamo e in che quantità lo mangiamo. Perché troppo cibo può far male.
La pizza: un piatto «unico»
A EXPO 2015 avevamo visitato il padiglione dell’Angola in cui si presentavano i piatti della loro tradizione: erano piatti «unici» perché combinavano ingredienti che richiamavano sia i primi, i secondi piatti e il contorno, usando prodotti tipici del territorio. Anche la pizza, piatto della tradizione italiana, è un piatto unico preparato con ingredienti tipici del territorio in cui è nata.
Abbiamo analizzato la ricetta della pizza, oltre a scoprirne la storia e le origini.
I suoi ingredienti principali sono:
Oltre a una serie di variabili che ne costituiscono la farcitura, utilizzate secondo il gusto e la fantasia. Tra queste la più usata è la mozzarella.
Mi è sembrato giusto anche fornire qualche informazione nutrizionale, senza entrare nei dettagli, perché almeno i nomi dei principali nutrienti sono già noti ai bambini: dalla televisione, dalle etichette dei prodotti, dalle raccomandazioni della mamma.
La farina fornisce soprattutto zuccheri (carboidrati), una riserva energetica per il nostro corpo. La mozzarella fornisce soprattutto proteine che aiutano il corpo a crescere. I pomodori hanno un alto contenuto di vitamine e minerali. Infine l’olio di oliva extravergine, che è un tipo di grasso «buono». Per questo la pizza è un piatto completo dal punto di vista delle sostanze nutritive.
Tuttavia, come per tutti i cibi, non si può mangiare solo pizza e occorre mangiarne in quantità adeguata alle esigenze del nostro corpo.
I piatti della nostra tradizione
Per la lezione successiva ogni bambino ha chiesto ai propri nonni una ricetta della tradizione; leggendole ci siamo accorti di come questi piatti sono solitamente completi dal punto di vista nutrizionale (per esempio «polenta e coniglio» propone sia carboidrati che proteine) e preparati con prodotti locali.
Questi fagottini ripieni vengono poi cotti in un tegame incoperchiato, in un sugo di abbondante pomodoro, vino e brodo vegetale. La tradizione li accompagna alla polenta di mais, tipico prodotto delle campagne bergamasche, ma possono essere serviti anche con contorno di riso giallo o purè.
Mangiare a scuola, mangiare a casa
Ho distribuito ai bambini la tabella con il menù offerto dalla nostra mensa durante l’inverno.
Insieme abbiamo cercato di capire con quale criterio vengono proposti i menù giornalieri. Per esempio, in tutti i pasti sono presenti carboidrati (la pasta e il pane), proteine (carne, uova, formaggio) e vitamine (frutta e verdura) e che, nell’arco della settimana, variano i tipi di carne, di verdure, di condimenti proposti.
I bambini hanno iniziato a prendere consapevolezza del fatto che il nostro corpo ha bisogno di «un po’ di tutto» per funzionare nel migliore dei modi. Così ho chiesto di raccogliere in una tabella settimanale ciò che mangiano e verificare chi si avvicina di più ai criteri nutrizionali appena scoperti.
Molti bambini hanno risposto con entusiamo e hanno registrato con precisione, altri si dimenticavano di registrare soprattutto il pasto serale: si accorgevano della distrazione al mattino, in classe.
Queste attività «pratiche» non sono state un «diversivo» rispetto al programma, ma strumenti per introdurre da una parte e approfondire dall’altra i complessi legami tra il cibo e la vita quotidiana da diversi punti di vista.
La digestione e il sistema digerente
Per completare abbiamo affrontato nei dettagli il sistema digerente, il gruppo di organi in cui avviene la digestione, cercando di capire come è fatto (anatomia) e come funziona (fisiologia).
Per i miei alunni è stato un modo per ritornare su alcuni aspetti del corpo umano già studiati negli anni passati e approfondirli. Infatti, come avevamo studiato negli anni passati, nei viventi ogni funzione ha bisogno di strutture in cui realizzarsi: per esempio nelle piante la riproduzione avviene grazie ai fiori e ai semi, la fotosintesi grazie alle foglie e così via.
Nel corpo umano la digestione, quell’insieme di trasformazioni che rende utilizzabile il cibo che mangiamo, avviene grazie ai numerosi organi che costituiscono il sistema digerente.
Il gusto: inizia il viaggio alla scoperta della digestione
La digestione del cibo inizia non appena lo mettiamo in bocca e lo mastichiamo. Tutti i sensi sono coinvolti nel percepire e giudicare un cibo più gradevole rispetto a un altro, tra cui anche il gusto.
Come già negli anni precedenti, ho fatto disegnare a ogni bambino la propria lingua, dopo averla osservata allo specchietto (vedi Bonati Silvia, La lingua e i denti Dall’albero al corpo umano in Seconda Primaria, in Emmeciquadro n. 38 – aprile 2010); ne abbiamo descritto oralmente la forma e cosa si vede sulla superficie. Successivamente ho dato un «testo sintesi» (sotto riportato) che i bambini dovevano completare con il disegno-schema di una lingua per collocare personalmente, e ricordare meglio, le aree deputate a percepire i diversi gusti.
Contemporaneamente i bambini dovevano completare una tabella di sintesi disegnata direttamente sul quaderno con il grado del gusto che avevano percepito.
Si trattava di una tabella a doppia entrata: da una parte era stato inserito il gusto di riferimento (dolce, aspro …), dall’altra parte c’era il frutto. All’incrocio mettevano le crocette: una crocetta se era basso, due medio, tre molto.
La bocca e la masticazione: per digerire bene
Abbiamo ricordato l’importanza di masticare bene per digerire bene.
Ogni bambino ha portato in classe un proprio dente da latte che ha osservato e riprodotto dal vero. I bambini hanno notato come i denti hanno forme diverse a seconda della posizione in cui si trovano e quindi del compito che svolgono in bocca.
Per capire meglio li abbiamo paragonati a quelli degli animali: incisivi – coniglio, canini – cane (sviluppati nei carnivori), molari servono per molare, cioè macinare… li hanno sviluppati gli erbivori trituratori come le vacche. Poi abbiamo notato le parti di cui è composto un dente e queste informazioni sono state sintetizzate su una scheda per lo studio.
La digestione trasforma gli alimenti: il viaggio continua
Ho posto una domanda provocatoria: «Il cibo contiene sostanze nutritive che ci aiutano a crescere, ma come facciamo a prendere quello che ci serve?»
Quasi tutte le risposte facevano riferimento alla necessità di ridurre in pezzettini ciò che ingeriamo. Per dare una visione globale di quanto accade nel nostro corpo ho mostrato ai bambini un video sul percorso di un boccone di pizza (www.youtube.com/watch?v=A-L9bJQzniM).
Il video mostra che nel corpo esistono strutture anatomiche (la bocca, l’esofago, lo stomaco eccetera) attraverso cui passa il cibo ingerito, altre strutture anatomiche dette ghiandole (le ghiandole salivari, il fegato, il pancreas eccetera) che producono sostanze particolari (la saliva, la bile, i succhi gastrici eccetera) che trasformano il cibo mentre viaggia dalla bocca all’ano.
In una scheda di sintesi che potesse aiutare nello studio ho fornito informazioni che, volutamente, non fanno riferimento a trasformazioni di tipo chimico.
Avevamo capito che le sostanze nutritive contenute nel cibo vengono distribuite dal sangue in tutto il cibo quando sono diventate «particelle picolissime».
Avrei voluto mettere in atto un’attività «in laboratorio» per rendere in qualche modo «visibile» quello che succede dentro al nostro corpo.
Tuttavia, il livello a cui avviene la trasformazione del cibo (microscopico, che non fa parte dell’esperienza dei bambini) e il numero delle variabili che entrano in gioco (enzimi, temperatura, eccetera) mi hanno convinto a realizzarne una sola: l’emulsione dei grassi che avviene, grazie alla bile, nella prima parte dell’intestino tenue, e che può essere osservabile a occhio nudo e usando materiali semplici.
In laboratorio: la bile e l’emulsione dei grassi
Ai bambini ho mostrato questa parte del corpo e ne ho spiegato la funzione.
Poi siamo passati alla dimostrazione.
In un vasetto di vetro è stato versato dell’olio e, successivamente, è stata aggiunta dell’acqua.
Nel secondo vasetto è stato messo ancora dell’olio, poi è stata aggiunta della bile.
Dopo aver chiuso e agitato il vasetto abbiamo visto che i liquidi si sono miscelati e questa miscela rimaneva stabile. Avevamo realizzato una emulsione, cioè una miscela stabile (come per esempio la maionese) perché la bile ha attaccato i grassi, cosa che non è capace di fare l’acqua.
I bambini hanno seguito passo passo l’esperimento, lo hanno disegnato e descritto.
Questo è stato anche un modo per valutare il loro approccio a una modalità di lavoro che, pur attuata negli anni precedenti, si può fare nella classe quarta in modo più strutturato.
Le sostanze che ci nutrono: zuccheri, grassi, proteine
Incontrando i piatti «unici» della tradizione avevamo brevemente accennato all’importanza di mangiare alimenti diversi per garantire al nostro corpo un buon apporto di zuccheri, proteine, grassi, vitamine e minerali.
Nella nostra dieta deve avere la prevalenza il consumo di frutta e verdura – fonte irrinunciabile di vitamine, poi cereali e patate – fonti di zuccheri complessi (carboidrati), poi fonti proteiche di diversa origine (latte e latticini, uova, carne, pesce) e infine dobbiamo consumare con moderazione dolci, zuccheri raffinati, bibite dolcificate).
Come si vede nel disegno, consumare abbondante acqua ogni giorno e fare sport aiutano a mantenersi in salute.
Hanno fatto riferimento alla piramide alimentare e al «piatto».
Hanno ritagliato le immagini di svariati alimenti dai volantini dei supermercati e li hanno poi incollati su dei cartelloni.
Al termine ogni gruppo ha presentato e motivato il proprio lavoro alla classe.
È stata un’occasione di verifica finale del lavoro svolto nell’arco di due mesi.
Per verificare l’apprendimento sono state svolte anche verifiche più strutturate come, per esempio, quella sotto riportata.
Nel lavoro dei mesi successivi, attorno a temi di altre aree, è tornata più volte l’esperienza fatta in questo percorso.
Per esempio, al fine di scoprire alcuni concetti matematici ho proposto di cucinare in classe un’insalata di riso. I bambini sono stati ancora divisi in gruppi e nello stilare la lista degli ingredienti hanno rispettato motivazioni di bontà e di salute senza che avessi dato loro indicazioni in proposito.
Stessa cosa è accaduta al momento della preparazione della pizza in classe in occasione di una giornata di festa.
Inoltre, ho notato che alcuni bambini hanno modificato le loro abitudini nella scelta delle merende da portare per l’intervallo di metà mattina.
In sintesi: ho svolto un lavoro molto vario, prendendo in esame gli aspetti principali della nutrizione e ho usato modalità didattiche diverse per cercare di rispettare la complessità dell’argomento, ma ho costantemente sottolineato che occorre conoscere come siamo fatti, cioè occorre studiare il nostro corpo, per sapere come mantenerci in salute.
Alla fine del percorso mi sono resa conto di quante cose ancora i bambini potranno imparare sull’alimentazione nei prossimi anni di scuola, ma penso che l’esperienza, vissuta da protagonisti, sia una buona base di partenza.
Silvia Bonati
(Docente presso la Scuola Primaria “Imiberg” di Bergamo).
Le attività descritte, svolte nell’anno scolastico 2015-2016, sono state presentate e discusse al Gruppo di Ricerca di Scienze, «Educare Insegnando», promosso dall’Associazione “Il rischio Educativo” coordinato da Maria Elisa Bergamaschini e Maria Cristina Speciani.
© Pubblicato sul n° 63 di Emmeciquadro