«for theoretical discoveries of topological phase transitions and topological phases of matter»
Il Premio Nobel per la Fisica 2016 è stato assegnato a tre fisici inglesi emigrati negli Stati Uniti negli anni Ottanta del secolo scorso: metà del premio a David Thouless dell’Università di Washington in Seattle e l’altra metà equamente divisa tra Duncan Haldane dell’Università di Princeton in New Jersey, e a Michael Kosterlitz della Brown University in Rhode Island.
La motivazione ufficiale recita «per scoperte teoriche di transizioni di fase topologiche e fasi topologiche della materia».
L’Accademia Reale Svedese dunque non premia una singola, ben definita scoperta, come spesso accade, ma piuttosto una serie di importanti contributi che si sono susseguiti, come vedremo, nell’arco di circa quarant’anni e si sono basati sui lavori pionieristici di Thouless, Haldane e Kosterlitz. Un’altra peculiarità della scelta di quest’anno risiede nel carattere essenzialmente speculativo di queste ricerche.
Ciò contrasta con l’indirizzo prevalente nell’ultimo decennio di privilegiare scoperte con prevedibili e importanti ricadute applicative: dalla magnetoresistenza gigante (2007) alle fibre ottiche e i CCD (2009), dal grafene (2010) al led blu (2014).
È opinione diffusa che il premio di quest’anno sia stato stimolato dal crescente interesse della comunità scientifica su una nuova classe di materiali, gli isolanti topologici, la cui recente scoperta può essere considerata il punto di arrivo di una lunga sequenza di ricerche iniziate negli anni Settanta e Ottanta proprio da Thouless, Haldane e Kosterlitz.
La transizione di Kosterlitz-Thouless
L’esperienza quotidiana ci suggerisce che, alle basse temperature, la materia tende a ordinarsi su scale macroscopiche, come avviene nel passaggio tra stato liquido e solido o tra paramagnete e ferromagnete.
La stessa tendenza all’ordine macroscopico è anche alla base di comportamenti «esotici» che hanno la loro origine nella natura quantistica della materia, come la superfluidità e la superconduttività. In altri termini, le fluttuazioni termiche ostacolano la naturale tendenza della materia verso stati ordinati. In maniera analoga anche la meccanica quantistica, che governa atomi e molecole, introduce fluttuazioni che favoriscono stati disordinati inibendo la formazione di fasi ordinate. Come dimostrato da un celebre teorema [Mermin e Wagner, 1966] la bassa dimensionalità enfatizza gli effetti delle fluttuazioni, sia termiche sia quantistiche, stabilizzando fasi disordinate della materia anche a temperature arbitrariamente basse.
Naturalmente il mondo in cui viviamo è sempre tridimensionale, ma certi materiali fortemente anisotropi possono, con buona approssimazione, essere considerati quasi-bidimensionali, come film superconduttori, o quasi-unidimensionali, come lunghe catene di atomi allineati. In tali condizioni non ci si aspetta l’esistenza di cambiamenti di stato né la creazione di stati ordinati della materia.
Nel 1972, presso l’Università di Birmingham in Gran Bretagna, David Thouless e il suo giovane collaboratore Michael Kosterlitz studiarono proprio la possibile esistenza di transizioni di fase in una classe di sistemi di questa tipologia. Analizzando teoricamente il diagramma di fase di un semplice modello di magnete bidimensionale (chiamato convenzionalmente modello XY) mostrarono che, pur non manifestando mai comportamento ferromagnetico, in accordo col teorema di Mermin e Wagner, il modello mostra due fasi disordinate distinte: alle basse temperature vi è una forte tendenza all’allineamento dei momenti magnetici microscopici, allineamento che decade molto lentamente con la distanza, mentre alle alte temperature il disordine dei momenti magnetici atomici è molto più marcato.
La differenza tra questi due regimi non è puramente quantitativa, ma si riflette in un cambiamento nella legge di decadimento delle correlazioni alle grandi distanze, e un cambiamento qualitativo nelle proprietà fisiche macroscopiche di un sistema può solo avvenire in corrispondenza di una transizione di fase: la transizione di Kosterlitz-Thouless.
Il contributo più significativo di Kosterlitz e Thouless fu l’individuazione del meccanismo fisico alla base di questa transizione, mettendo in evidenza il ruolo centrale giocato da una classe di difetti topologici, chiamati vortici.
Pittoricamente un vortice corrisponde a una particolare distorsione nell’ordine ferromagnetico dei momenti magnetici microscopici del modello, illustrata, a titolo esemplificativo nel pannello a sinistra della Figura 1. Tale difetto (cioè distorsione dell’ordinamento magnetico) viene chiamato topologico in quanto non può essere eliminato con una deformazione continua della trama dei momenti magnetici.
Ciò può essere direttamente verificato attribuendo a ciascun vortice una carica topologica, ovvero un numero intero che corrisponde al numero di rotazioni complete che la direzione dei momenti magnetici microscopici esegue lungo un circuito chiuso. In tutte le deformazioni continue dell’ordine ferromagnetico, tale carica si annulla mentre in un vortice essa è unitaria per tutti i circuiti che racchiudono il centro del vortice.
Figura 1: Nel pannello a sinistra una tipica configurazione di vortice. I momenti magnetici si dispongono in direzione radiale a partire dal centro del vortice. Nel pannello a destra si vede come la sovrapposizione di due configurazioni di vortice con opposte orientazioni (chiamate vortice e antivortice) diano luogo a una configurazione che a grande distanza rappresenta una debole deformazione dell’ordine ferromagnetico.
Alle basse temperature questi difetti topologici possono essere termicamente eccitati solo in coppie legate, come nella configurazione mostrata nel pannello di destra della Figura 1, poiché l’esistenza di un vortice singolo richiederebbe un’energia troppo elevata. Tali coppie vortice-antivortice, termicamente accessibili, disordinano il sistema solo debolmente, lasciando quasi inalterato l’allineamento di gran parte dei momenti magnetici nel reticolo e sono responsabili degli andamenti riscontrati nelle proprietà del modello alle basse temperature.
Tuttavia, quando la temperatura supera una certa soglia, nota come temperatura di Kosterlitz-Thouless, il guadagno entropico eccede il costo energetico e i vortici si deconfinano, rompendo lo stato legato presente a basse temperature e distribuendosi liberamente nel reticolo. Tale processo ha come immediata conseguenza la creazione dello stato disordinato osservato alle alte temperature, in cui i momenti magnetici microscopici non mostrano più alcuna significativa tendenza all’allineamento ferromagnetico.
Diversi esperimenti su sistemi quasi bidimensionali in cui l’effetto era previsto si sono susseguiti negli anni Settanta culminando con il lavoro del gruppo di ricerca guidato da John Reppy che mostrò come pellicole di elio superfluido mostrassero con precisione i comportamenti previsti da Kostelitz e Thouless, confermando definitivamente il ruolo dei difetti topologici nell’impedire la stabilizzazione di un ordine macroscopico in due dimensioni.
La congettura di Haldane
Come anticipato, le fluttuazioni quantistiche possono giocare un ruolo analogo alle fluttuazioni termiche nel sopprimere le fasi ordinate della materia anche nel limite di temperatura nulla. Questo è ciò che avviene in materiali antiferromagnetici quasi monodimensionali. Materiali antiferromagnetici a base di nickel, rame o altri ioni magnetici, sono studiati sperimentalmente in sistemi mono, bi e tri-dimensionali.
La presenza di un momento magnetico atomico dipende dalle proprietà della struttura elettronica dell’atomo e in particolare dal momento angolare totale che lo ione acquista nel suo stato fondamentale.
Come già anticipato da uno dei padri della meccanica quantistica, Niels Bohr, il momento angolare non può assumere un qualunque valore, come in meccanica classica, ma solo multipli interi o semi-interi dell’unità elementare (quanto) di momento angolare, dato dalla costante di Planck divisa per 2π. Da ciò consegue un’analoga quantizzazione per il momento magnetico atomico.
La possibilità di mantenere ordine antiferromagnetico nella materia fu ipotizzata da Louis Neél (premio Nobel 1970) negli anni Trenta e a lungo considerata con scetticismo dalla comunità scientifica fino alla sua dimostrazione sperimentale nel 1949 grazie allo sviluppo della diffusione dei neutroni (premio Nobel 1994).
L’antiferromagnetismo nella materia si realizza, in tre dimensioni, a causa della tendenza dei momenti magnetici atomici di alcuni materiali di disporsi antiparallelamente.
A differenza dell’ordine ferromagnetico, noto fin dall’antichità grazie alle proprietà macroscopiche dei ferromagneti naturali (calamite), l’ordine antiferromagnetico non provoca effetti macroscopici particolarmente evidenti ed è quindi un tipo di ordinamento molto più elusivo.
Lo studio teorico di un semplice modello di antiferromagnete monodimensionale, noto come modello di Heisenberg, mostra che anche a temperatura nulla le fluttuazioni quantistiche sono in grado di inibire l’ordinamento magnetico in accordo con il sopra citato teorema di Mermin e Wagner. Analogamente a quanto visto precedentemente, un ruolo importante nella distruzione dell’ordine antiferromagnetico a opera delle fluttuazioni quantistiche è giocato dai difetti topologici. In questo caso i difetti sono entità dinamiche (istantoni) che corrispondono alla rotazione completa di un momento magnetico nella catena.
Nel 1983 Duncan Haldane, studiando il modello di Heisenberg con tecniche di teoria dei campi, si accorse che questi difetti topologici hanno un effetto radicalmente diverso sul sistema nel caso in cui il momento angolare atomico sia intero o semi-intero. Nel primo caso il sistema quantistico nel limite di temperatura nulla si comporta come un analogo modello classico in due dimensioni e mostra correlazioni esponenzialmente piccole tra momenti magnetici distanti, mentre nel secondo caso la carica topologica dei difetti introduce effetti di interferenza quantistica che modificano radicalmente il comportamento del sistema: i momenti magnetici rimangono correlati anche per grandi separazioni, perdendo memoria della direzione relativa solo a distanza infinita.
La congettura di Haldane, cioè il diverso comportamento di antiferromagneti monodimensionali con momenti angolari interi (come quelli basati su ioni nickel) o semi-interi (a base di rame) è stata verificata sperimentalmente mostrando pieno accordo con le previsioni teoriche.
Effetto Hall quantistico e isolanti topologici
La scoperta dell’effetto Hall quantistico nel 1980 fu immediatamente riconosciuta come uno dei più importanti risultati degli ultimi decenni e infatti valse a Klaus von Klitzing (1943-…) il premio Nobel per la Fisica nel 1985.
Già nel 1879, Edwin Hall notò che il flusso di corrente in una striscia di materiale metallico immersa in un campo magnetico ortogonale al conduttore genera una differenza di potenziale sulle facce opposte del conduttore stesso. La conducibilità di Hall è definita, in analogia con la legge di Ohm, come il rapporto tra la densità di corrente e il campo elettrico trasverso, e risulta proporzionale al campo magnetico applicato.
L’effetto Hall «classico» trova una sua spiegazione naturale all’interno della trattazione elementare della struttura elettronica dei metalli: la teoria delle bande e la teoria semiclassica del trasporto. La scoperta di von Klitzing fu che, in materiali molto puri e a temperature estremamente basse, la conducibilità di Hall non cambia con continuità col campo magnetico applicato, ma mostra un andamento discontinuo variando per multipli interi di un quanto di conduttanza, pari al quadrato della carica elementare diviso per la costante di Planck.
L’effetto è ancora più sorprendente in quanto la condizione di quantizzazione risulta verificata con una precisione inaspettata (quasi una parte su un miliardo) e rappresenta la misura più precisa della costante di Planck a oggi mai effettuata. Meno di un anno dopo la scoperta sperimentale, il fisico teorico Robert Laughlin (1950-…) – la cui interpretazione di un ulteriore inaspettato fenomeno, l’effetto Hall quantistico frazionario, gli sarebbe valsa il premio Nobel nel 1998 – mise le basi per una comprensione teorica dell’origine del fenomeno di quantizzazione. Tuttavia rimase ancora oscura la ragione di una così marcata stabilità e indipendenza dalle condizioni sperimentali, come purezza del campione o materiale utilizzato.
La spiegazione venne fornita nel 1982 da David Thouless e collaboratori, aprendo la strada a una più profonda rilettura della teoria delle bande nei solidi cristallini. Thouless mostrò che la quantizzazione della conducibilità di Hall è uno degli effetti di una particolare caratteristica topologica della struttura a bande in presenza di campi magnetici.
Anche in questo caso, come negli esempi sopra citati di difetti topologici, è possibile associare a ciascuna banda di un solido una sorta di carica topologica, che in questo caso viene identificata con il numero di Chern, precedentemente introdotto nell’ambito della geometria differenziale dal matematico cinese Shiing-Shen Chern (1911-2004).
Solo in particolari circostanze, come quando il gas di elettroni del metallo è soggetto a un intenso campo magnetico, il numero di Chern assume valori non nulli dando luogo a fenomeni osservabili di quantizzazione topologica, come l’effetto Hall quantistico.
Qualche anno dopo, nel 1984, il fisico britannico Sir Michael Berry (1941-…) avrebbe mostrato che l’esistenza di questi numeri quantici topologici è in realtà una caratteristica molto generale della meccanica quantistica di sistemi i cui livelli energetici dipendono da parametri esterni, come avviene nella teoria delle bande, dove i livelli energetici elettronici dipendono dal momento cristallino.
L’interpretazione dell’effetto Hall quantistico in termini delle proprietà topologiche della struttura a bande mostra come la quantizzazione macroscopica osservata con tale precisione da von Klitzing non sia legata a uno specifico modello, necessariamente schematico se confrontato con la complessità della struttura della materia, ma dipenda da caratteristiche molto generali della struttura a bande del cristallo, caratteristiche che rimangono inalterate anche sotto l’azione di deboli perturbazioni, come quelle indotte dalla presenza di difetti reticolari o di interazione tra elettroni.
Purché tali perturbazioni non inducano un cambiamento qualitativo delle caratteristiche della struttura a bande come avviene ad esempio nella transizione metallo-isolante: questo fenomeno è stato battezzato “protezione dovuta alla simmetria” e preserva il fenomeno della quantizzazione topologica anche in sistemi in cui siano presenti imperfezioni e difetti.
Pochi anni più tardi Duncan Haldane generalizzò l’idea di Thouless mostrando come un semplice, ma dichiaratamente artificiale, modello di elettroni in un reticolo cristallino bidimensionale possa mostrare effetto Hall quantistico anche in assenza di un campo magnetico macroscopico, proprio in virtù del carattere topologico del fenomeno di quantizzazione.
Il modello proposto da Haldane, notevolmente in anticipo sui tempi, ha rappresentato il prototipo di isolante topologico, termine che venne coniato solo molti anni più tardi, nel 2005, a seguito dei lavori di Charles Kane ed Eugene Mele che generalizzarono il lavoro di Haldane, costruendo un modello significativamente più realistico che stimolò notevolmente la successiva ricerca teorica e sperimentale sull’argomento.
Un isolante topologico possiede svariate caratteristiche peculiari che lo rendono potenzialmente interessante anche in ambito applicativo: oltre al già citato effetto Hall quantistico, la teoria prevede che, a dispetto della natura isolante del materiale, gli elettroni di superficie presentino comportamenti conduttivi che possono portare a interessanti sviluppi nell’ambito della spintronica. Inoltre le eccitazioni elementari associate alla struttura superficiale degli isolanti topologici hanno caratteristiche uniche in Fisica della Materia, comportandosi come fermioni di Majorana, la cui esistenza in natura fu ipotizzata dallo scienziato italiano nel 1937 e mai prima confermata.
Materiali che mostrano il comportamento previsto per gli isolanti topologici furono sintetizzati meno di dieci anni fa da diversi gruppi, confermando pienamente le aspettative teoriche.
Le ricerche qui brevemente illustrate, pur in contesti diversi, mostrano come l’introduzione di concetti topologici nella Fisica della Materia condensata permetta di comprendere nuovi fenomeni, quali le transizioni di fase in sistemi bidimensionali, il comportamento di antiferromagneti in bassa dimensionalità e la quantizzazione macroscopica nell’effetto Hall quantistico.
Inoltre questi concetti hanno permesso la sintesi di nuovi materiali dalle peculiari proprietà che potranno portare a sviluppi ancora da esplorare.
Il premio di quest’anno ci ricorda che la ricerca teorica, anche se essenzialmente speculativa, porta alla definizione di nuovi paradigmi e alla previsione di nuovi fenomeni, che possono essere di stimolo e guida alla fisica sperimentale nella ricerca di effetti e di materiali di interesse anche applicativo.
Alberto Parola
(Professore Ordinario in Fisica della Materia presso l’Università degli Studi dell’Insubria di Como)
© Pubblicato sul n° 63 di Emmeciquadro