Nella Prefazione Giovanni Caprara ricorda che Albert Einstein, con una battuta, diceva che conoscere la scienza non è come affacciarsi alla finestra e guardare il panorama, ma bisogna conquistarla.
Nell’Introduzione il curatore nota che: «per i più la scienza rimane un qualcosa di misterioso, intorno a cui ci si interroga solo quando i mass media lanciano annunci clamorosi puntando sugli effetti sensazionali più che sulla divulgazione dei reali risultati delle ricerche.» E continua: «ciò è dovuto in parte alla carenza di una comunicazione che sia, al tempo stesso, divulgativa e rigorosa e in parte a come la scienza viene insegnata nelle scuole, dove spesso è ridotta a un’arida sequenza di formule e leggi calate dall’alto, invece che proposta come un continuo, diretto, crescente (e anche faticoso!) riferimento all’esperienza e ai fenomeni».
Partendo dalla consapevolezza che la scienza richiede impegno per essere compresa e assimilata nei suoi concetti e valori, il libro si muove nella direzione di fornire una corretta informazione scientifica e gli strumenti per seguire la veloce produzione nei settori di competenza degli autori; l’approccio trasversale permette poi di cogliere i veri significati degli avanzamenti stessi.
Nel primo capitolo, Gianpaolo Bellini conduce attraverso le acquisizioni più recenti della Fisica in generale e in particolare della Fisica delle particelle, mostrando come, malgrado le apparenze, la materia è discontinua e sostanzialmente vuota di massa e piena di forze, è estremamente ordinata e segue una rete logica di regole.
Nel secondo capitolo Piero Benvenuti ci ricorda che per Astronomia e Cosmologia l’oggetto della ricerca – il complesso dei fenomeni celesti – è irraggiungibile e può solo essere osservato. Il cammino di tali osservazioni ha potuto disporre, nei tempi recenti, di strumenti tecnologici sempre più raffinati, ma deve ancora affrontare le antiche domande: l’Universo è finito o infinito? ha senso parlare di «istante zero» e di una realtà precedente? Perché il nostro Universo ha le caratteristiche che ha, piuttosto che altre?
Domande simili esulano dalla possibilità di essere affrontate con il solo metodo scientifico che si fonda sulla necessità di una verifica sperimentale delle ipotesi. Nonostante questo, Benvenuti conclude dicendo che «gli entusiasmanti risultati della Cosmologia moderna ci incoraggiano a proseguire e ad approfondire le conoscenze scientifiche, sviluppando nuove tecnologie osservative e nuove teorie».
Nel terzo capitolo Paolo Tortora descrive il percorso delle scienze di fronte al problema dell’origine della vita. Solo nella seconda metà dell’Ottocento, dopo investigazioni durate secoli, si ottiene la evidenza certa che, nelle condizioni attuali del nostro pianeta, anche le forme più elementari di vita possono solo derivare da altre forme di vita e non da materia inanimata.
Nonostante l’ingegnosità delle investigazioni attuate sul problema dell’origine della vita, i risultati ottenuti hanno appena scalfito la superficie del problema. La ragione principale di questo stallo risiede nella natura stessa del metodo scientifico.
Nel quarto capitolo Carlo Soave ci guida attraverso il processo di evoluzione della vita con l’intento di fare discernere i fatti dalle teorie. Oggi ci sono molte novità nella teoria evolutiva e riguardano non tanto la selezione del più adatto quanto la sua generazione e le diverse modalità con le quali nuove forme appaiono nella storia dei viventi.
Le specie animali oggi viventi rappresentano meno dell’1% di tutte quelle esistite. L’estinzione delle specie quindi non è un evento eccezionale nella storia della vita, ma piuttosto la condizione normale. Poiché l’evoluzione biologica tocca da vicino la natura dell’uomo, non stupisce che molti scienziati partendo dal dato biologico evolutivo abbiano elaborato considerazioni di portata filosofica ed è illusorio pensare che gli uomini che praticano le scienze naturali, certamente materialiste dal punto di vista metodologico, possano arrestarsi sul confine dove inizia la riflessione filosofica.
Nel quinto capitolo Mauro Ceroni ci accompagna attraverso i tentativi di definire la coscienza di sé nella storia: «dalla concezione greca, che individuava le tre dimensioni, materiale, psichica e spirituale, alla tradizione latina e poi medioevale che vede l’uomo fatto di anima e corpo, fino alla grande rivoluzione moderna con Cartesio» che, distinguendo la coscienza e il corpo, sancisce il dualismo costitutivo dell’uomo.
L’evoluzione delle conoscenze sulla natura del sistema nervoso e in particolare del cervello umano ha portato alla convinzione che riprodurre la struttura e i meccanismi di tale sistema ci porterebbe alla comprensione totale della consistenza e del funzionamento della coscienza.
I progetti lanciati in ambito USA, Brain Initiative ed europeo, Human Brain Project, con finanziamenti enormi e con basi scientifiche scarse, si basano appunto sull’idea che l’uomo sia riducibile al suo cervello e che il cervello non sia altro che un computer fatto di hardware (i neuroni connessi tra loro) e di software (la mente e il pensiero) e che pertanto sia costruibile un suo modello informatico-ingegneristico che ci permetterà di comprendere tutto dell’uomo e di risolvere tutti i suoi problemi.
In realtà non si danno evidenze che vi sia coincidenza tra coscienza e cervello e lo scienziato deve trattenere l’impazienza che spesso lo assale per afferrare il senso ultimo di ciò che sta studiando.
Nell’ultimo capitolo Gianpaolo Bellini riporta alla questione sottesa a tutte le problematicità incontrate nei capitoli precedenti: cos’è scientifico?
Le scienze della natura che hanno condotto il lettore nel percorso riassunto dal titolo del libro Dall’atomo all’io sono il risultato dell’applicazione rigorosa di un metodo che poggia su tre punti fondamentali: è necessario che ci sia continua alternanza di ipotesi e controlli sperimentali; le osservazioni di un fenomeno e il vaglio sperimentale sono basati su esperimenti, osservazioni, reperimento di documenti; le misure, le osservazioni, le constatazioni non devono dipendere dalla persona che opera.
Per essere più espliciti: ogni conclusione deve poter essere validata da dati sperimentali ottenuti da persone diverse che, riosservati più volte, diano sempre lo stesso risultato, evidente per chiunque. Questo non significa che l’unica conoscenza valida sia quella acquisita con il metodo scientifico.
La conoscenza di ciascuno aumenta attraverso varie forme: scientifica, filosofica, religiosa, artistica, eccetera, persino corporea. Ogni forma di conoscenza esige un proprio metodo e i metodi e il loro ambito di applicabilità possono essere molto diversi l’uno dall’altro.
Nella Postfazione infine Mario Gargantini riporta il lettore alla questione sottesa allo sforzo degli autori: è possibile proporre la scienza in modo da suscitare il fascino della conoscenza e far percepire il valore di un sapere che non può essere ridotto alla sua, pur rilevante, applicabilità pratica? Il libro sembra indicare la via di questa possibilità.
Questo testo, sicuramente utile a studenti di tutti i corsi di laurea scientifici, non dovrebbe mancare nella biblioteca degli insegnanti sia di formazione scientifica sia umanistica per un aggiornamento culturale più che specialistico; gli insegnanti di discipline scientifiche potranno inoltre apprezzare il fatto che un testo così è proponibile a studenti interessati degli ultimi anni di scuola superiore per approfondimenti specifici.




Gianpaolo Bellini (a cura di)

Dall’atomo all’io.
Avventure alle frontiera della scienza

Ulrico Hoepli Editore –  Milano 2017

Pagine 287 – Euro 19,90

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Recensione di Renzo Gorla
(Redazione di Emmeciquadro)

© Pubblicato sul n° 65 di Emmeciquadro

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