Viviamo in un paese ricco di risorse paesaggistiche e storiche, di cui spesso neppure ci accorgiamo. Invece, come racconta il maestro Franco, l’esplorazione di un sito naturalistico e archeologico vicino a Fidenza, il Parco dello Stirone, è stata l’occasione, cercata e organizzata, per iniziare un percorso didattico sull’acqua.
Un percorso ampiamente sperimentale, in cui il «ciclo dell’acqua» compare solo in fase riassuntiva e sintetica, prendendo vita dai disegni dei bambini. Una nuova documentazione di come si possono accompagnare i bambini a scoprire il mondo della natura, costruendo e re-inventando con passione il lavoro «scolastico».
Così, il maestro che era stato «uomo delle foglie» (vedi Emmeciquadro n. 60 – Marzo 2016) diventa «mago della pioggia». una guida a comprendere fenomeni complessi, solitamente mandati a memoria secondo gli stereotipi dei sussidiari.
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In una intervista rilasciata al quotidiano Avvenire, Semir Zeki, docente di neurobiologia al University College di Londra ha detto: «La visione è un processo attivo. Matisse l’aveva capito istintivamente quando scrisse, ben prima degli scienziati: “Vedere è già un processo creativo, che richiede molto sforzo”».
Per «vedere», quindi conoscere, o meglio capire, quella sorgente di vita che è l’acqua, con le classi terze (A e B) della scuola “Il Seme” di Castione Marchesi di Fidenza (PR), ci siamo recati sulle sponde del torrente Stirone, corso d’acqua che scorre nei pressi di Fidenza, famoso per essere stato attraversato col capo in mano, il 9 ottobre del 293, dal patrono della città, San Donnino martire cui è anche dedicato il Duomo.
Il torrente Stirone, all’interno del Parco Regionale dello Stirone e del Piacenziano (www.parchidelducato.it) è noto agli studiosi di paleontologia e oggetto di studi scientifici di rilevanza internazionale per la presenza di sedimenti marini particolarmente ricchi di reperti fossiliferi riferibili al Miocene superiore, al Pliocene e al Pleistocene (i più antichi risalirebbero a 8 milioni di anni fa, mentre i più recenti a circa 10.000 anni fa).
Ai bimbi non pareva vero di trovarsi in un ambiente non consono alle loro abitudini ed erano notevolmente eccitati ed euforici, guardavano tutto e ascoltavano cosa avessi da dire loro riguardo allo Stirone e rivelavano interesse e «ingordigia» di sapere.
Nonostante il tempo piovigginoso, eravamo alla fine di marzo, i ragazzini, oltre a «incontrare» e «riconoscere» diversi componenti dell’ambiente nell’esperienza sul campo, immaginavano ciò che avrebbero potuto vedere con un tempo più favorevole, sia per quanto riguarda la vegetazione che per la fauna presente nell’acqua e nei terreni attorno al fiume.
Parallelamente all’aspetto scientifico, il cui sviluppo descrivo di seguito, oltreché alla realizzazione di vari disegni, abbiamo poi svolto una ricerca sul parco e abbiamo elaborato un testo, in power point, proprio sullo Stirone. Inoltre, ogni bambino ha scritto un tema che riassumeva la giornata trascorsa al fiume ponendo attenzione a ciò che i sensi e i «cuori» avevano avvertito.
Acqua: un grande dono
Nella programmazione annuale, il lavoro sull’acqua è stato preceduto dallo studio del terreno, in ottobre-novembre, poi abbiamo conosciuto l’aria, in dicembre-gennaio, per giungere a febbraio-marzo appunto all’acqua; ciò che rimane del tempo scolastico sarà dedicato alla luce o al calore.
Si potrebbe supporre che il nostro percorso sia stato influenzato dalla teoria dei «quattro elementi» (terra, aria, acqua, fuoco) pensata dal filosofo greco Anassagora e spesso presa a riferimento nella scuola primaria. In effetti è un po’ così, ma in classe non si è parlato di elementi (termine lontano dall’esperienza di alunni di terza primaria) o di teoremi che riguardano il principio della vita, niente di tutto questo.
Abbiamo solo preso in prestito lo sguardo incuriosito e meravigliato di uomini antichi che cercavano di capire con stupore ciò che la natura offriva loro. Con questo sguardo, che è lo stesso sguardo dei miei alunni, non solo sul greto del fiume, ci siamo interessati a quel dono meraviglioso che i bimbi hanno riconosciuto essere l’acqua, così come la terra e così come l’aria. E il riferimento, voluto, al mondo degli antichi, ha dato ancor più gusto all’esperienza personale e attuale. (vedi anche La Matematica, un orizzonte ampio un incontro coinvolgente, Intervista ad Ana Millàn Gasca, in Emmeciquadro n. 64 – Marzo 2017).
Sul greto dello Stirone
Torniamo al fiume! La cosa sorprendente era che a terra si potevano vedere, raccogliere ed esaminare, per quanto possibile, vari fossili (perlopiù conchiglie marine) che abbiamo lasciato disciplinatamente sul posto in quanto il parco dello Stirone è area protetta.
I bimbi, visto che non potevano portarsi via i fossili, si sono portati a scuola, con ugual soddisfazione, sassi, pezzi di mattoni e di varie ceramiche, plastica, tappi di bottiglie e vetri di vari colori che l’acqua dello Stirone aveva creativamente modellato.
Inoltre abbiamo raccolto e portato a scuola dell’argilla e alcune bottigliette di acqua di fiume.
In classe abbiamo osservato, confrontato e classificato tutti i campioni a seconda dei materiali di cui sono costituiti. Poi ogni alunno ha avuto davanti a sé un bicchiere di acqua di fiume.
Acqua: come è e come si trasforma
Davanti al suo bicchiere di acqua, ogni bimbo ha osservato, toccato, annusato (un alunno «temerario» ha immerso l’indice nell’acqua e lo ha avvicinato alla punta della lingua): usando i sensi ha ricavato informazioni sull’acqua e ha espresso in un breve scritto ciò che quell’acqua suscitava.
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Come si vede dall’esempio che riporto, la descrizione è volutamente a livello macroscopico, ciò che dell’acqua si può percepire con i sensi, ma ha implicato l’uso di un lessico preciso e una scelta accurata degli aggettivi.
Anche nel passaggio successivo, quello relativo alle trasformazioni dell’acqua, ho scelto di rimanere a livello macroscopico, cioè senza parlare di molecole né del loro comportamento nei diversi stati fisici.
Ma non ho rinunciato a usare i termini scientifici specifici per definire i passaggi di stato (condensazione, evaporazione, eccetera), sicuro che l’attività sperimentale avrebbe dato senso a termini altrimenti solo da memorizzare. Inoltre, quando abbiamo parlato dei diversi stati dell’acqua nelle nuvole, nella pioggia, nella nebbia, ho utilizzato immagini prese da siti specializzati per rendere «visibili» i fenomeni meteorologici a grande scala.
Evaporazione … dal vivo
Ci siamo chiesti come il caldo e il freddo agiscono sull’acqua.
Per capire di più cosa succede quando scaldiamo l’acqua, abbiamo svolto un semplice esperimento grazie anche alla possibilità di utilizzare la cucina della scuola in condizioni di sicurezza.
Ho messo un pentolino pieno di acqua sul fornello acceso della cucina.
Grazie al calore della fiamma, dopo 5 minuti l’acqua ha iniziato a bollire, cioè si vedevano tante bollicine che si muovevano velocemente dal basso verso l’alto.
Ci si è accorti che dal pentolino usciva una specie di fumo: era un fumo caldo, quasi «goccioline» fini fini che salivano verso l’alto, cui abbiamo dato il nome di vapore acqueo.
I bimbi si sono resi conto che l’acqua dallo stato liquido si è trasformata in gas (aeriforme) appunto il vapore. Al fenomeno che avviene quando il calore fa evaporare l’acqua abbiamo dato il nome di evaporazione (in questo caso per ebollizione).
L’evaporazione è terminata quando l’acqua nel pentolino si è consumata tutta.
Questo aspetto è stato notato dai bambini, ma non era stato previsto.
Ci siamo accorti che l’acqua evaporava, il vapore (visibile come un fumo caldo) usciva della pentola e si espandeva nell’aria salendo verso l’alto. Abbiamo anche provato ad alzare la fiamma del fornello, così abbiamo aumentato il calore. Abbiamo constatato che l’acqua è evaporata prima. |
Perché piove?
Per capire come mai piove ho eseguito un altro esperimento.
Quando l’acqua ha iniziato a evaporare dal pentolino, grazie al calore del fuoco, con l’uso di una padella sono riuscito a «catturare» il vapore acqueo che si alzava in volo, il quale a contatto con la superficie fredda della padella (che raffreddavo immergendola in acqua ghiacciata) si è trasformato di nuovo in acqua.
A questa trasformazione dell’acqua dallo stato di vapore (gas) allo stato liquido abbiamo dato il nome di condensazione.
Intanto ho rovesciato la padella, ho fatto cadere a terra tante gocce d’acqua riuscendo così a far piovere.
Matilda con stupore ha esordito: «Ma Franco (io maestro) sei un mago!». Tutti erano d’accordo così il maestro è divenuto il «mago della pioggia».
Sollecitati in un dialogo e guidati dalle mie domande, i bimbi hanno compreso che il Sole si comporta come la fiamma del fornello.
Il Sole è la principale fonte di calore di cui abbiamo esperienza e fa evaporare tutta l’acqua che si trova sul terreno sia essa in un fiume, in un lago, nel mare. «E anche quella nelle pozzanghere!» fa notare Cristian.
Tutto il vapore acqueo (gas) che sale in cielo, quando incontra aria fredda, condensa formando piccolissime gocce di acqua (liquida): così si formano le nuvole.
Sul quaderno di scienze si è scritto che le nuvole che passano in cielo contengono goccioline troppo piccole per cadere come pioggia, ma grandi abbastanza per formare delle nuvole visibili.
Perché la precipitazione si verifichi, bisogna che le goccioline d’acqua si uniscano per formare gocce più grandi e pesanti a sufficienza per cadere come precipitazione verso il suolo. Ci vogliono milioni di goccioline di nuvola per formare una goccia di pioggia.
Angelica, e un buon gruppo di compagni, credevano che le nuvole fossero piene di acqua e quando si scontravano tra loro si bucavano e perdevano tutta l’acqua che contenevano.
L’esperimento, e la dimostrazione «dal vivo», hanno documentato, ancora una volta, che la realtà si conosce non formulando «opinioni», ma incontrandola, osservandola e «mettendola alla prova».
Nelle riflessioni a margine dell’esperimento, i bimbi hanno poi compreso che il freddo agisce in maniera contraria al caldo: il vapore acqueo, prodotto dall’acqua per azione del calore, a contatto con una sorgente fredda, condensa e si trasforma nuovamente in acqua.
Dove si trova in natura il vapore acqueo?
Per rispondere a questa domanda abbiamo provato a mettere una mano sul freddo coperchio del nostro pentolino, il quale ha trattenuto l’umidità della mano: si vedeva l’impronta.
La mano di Giacomo era come disegnata da piccole goccioline di acqua: il vapore acqueo, rilasciato dalla mano di Giacomo, condensava sulla superficie fredda del coperchio. Tutti hanno poi voluto provare a lasciare la propria impronta.
Abbiamo compreso che ogni vivente (uomo, animale, vegetale) rilascia, nell’aria vapore acqueo anche se non lo vediamo. Questo fenomeno si chiama traspirazione. Come abbiamo scritto anche sul quadernone di scienze.
Esperimento: la traspirazione nei vegetali
Abbiamo preso una piantina in un vaso e ne abbiamo ricoperto una parte con la pellicola trasparente.
Dopo qualche tempo, abbiamo visto che nella parte interna della pellicola si è formata della «condensa»: la pianta ha rilasciato il vapore acqueo che è stato «trattenuto» (condensazione) dalla pellicola, la quale era ricoperta internamente di goccioline di acqua.
L’acqua trasportata attraverso le piante dalle radici ai piccoli pori (stomi) sulla faccia inferiore delle foglie, si trasforma in vapore e viene rilasciata nell’atmosfera.
Il fenomeno per cui la pianta libera nell’aria vapore acqueo si chiama traspirazione.
Esperimento: L’umidità dell’aria
Per confermare che nell’aria c’è il vapore acqueo (umidità) abbiamo messo un bicchiere di vetro nel congelatore per circa mezz’ora.
Quando il bicchiere è stato tolto dal congelatore, subito a contatto con l’aria si è appannato e sulla sua superficie si sono formate tante goccioline di acqua.
Il bicchiere, freddo, ha fatto condensare l’umidità presente nell’aria che era lì attorno.
«Ecco perché al mattino presto quando c’è fresco i vetri delle auto sono appannati», suggerisce Carlo.
«L’erba al mattino è bagnata!» dice Davide. «È rugiada! La possiamo vedere ancora dietro la scuola dove c’è l’ombra e il Sole non l’ha ancora fatta evaporare!» aggiunge Jacopo, con la soddisfazione del maestro.
«Allora anche la nebbia!?» propone Matilde. Certo. L’umidità non riesce a salire tanto, verso il cielo, e rimane lì, fino poco sopra le nostre teste!
Rappresentazione di sintesi: il ciclo dell’acqua visto dai miei alunni
Come abbiamo visto nella descrizione del percorso svolto, il lavoro con i bimbi ha messo in gioco diverse categorie culturali e didattiche.
Ne cito solo alcune, particolarmente significative data la complessità dell’argomento che ho svolto (l’acqua e le sue trasformazioni) e le scelte controcorrente che ho fatto.
Ho voluto dare credito completo alle indicazioni, così spesso disattese, che l’apprendimento parte da ciò di cui il bambino può fare esperienza diretta (l’acqua che bolle, le nuvole, la pioggia eccetera) e ho scelto di far verificare in prima persona, attraverso attività sperimentali, cosa succede quando l’acqua si trasforma.
Lo studio dell’argomento quindi non è partito da un bello schema (o anche una bella fotografia) che rappresenta i diversi stati con cui l’acqua è presente in natura, ma da domande nate osservando, toccando, ragionando, sperimentando. E anche le molte immagini che ho utilizzato, spesso prelevandole da siti specializzati, sono serviti a fissare, sul quadernone di scienze, le idee su cui si è ragionato insieme.
Ho volutamente usato un linguaggio – e anche una struttura di riflessione – semplici, anche se scientificamente precisi, adatti ai bimbi di terza primaria nella convinzione che rimane appreso solo ciò che è realmente compreso.
Abbiamo raccontato e descritto in modo diversi, verbalmente, attraverso il disegno, attraverso composizioni scritte, individuali e condivise.
La soddisfazione o, in altre parole, ciò che mi fa capire di poter essere sulla strada giusta, è la rappresentazione del ciclo dell’acqua che hanno fatto i miei alunni, certamente in modo non stereotipato, di cui l’immagine precedente, in conclusione, un esempio.
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Franco Frigeri
(Docente presso la Scuola Primaria paritaria “Il Seme” di Castione Marchesi di Fidenza – PR)
L’attività descritta è stata svolta nelle classi 3°A e 3°B nell’anno scolastico 2016-2017 ed è stata discussa e condivisa nel Gruppo di Ricerca di Scienze, «Educare Insegnando», promosso dall’Associazione “Il rischio Educativo” coordinato da Maria Elisa Bergamaschini e Maria Cristina Speciani.
© Pubblicato sul n° 65 di Emmeciquadro