C’è il pensiero cristiano alle radici della scienza moderna. Una tesi non nuova. Qualcosa di simile aveva osato proporlo, poco più di un secolo fa, in piena epoca positivista, il fisico Pierre Duhem, con ampia e chiara documentazione ma con ben poco seguito.
Poi però gli storici della scienza hanno dovuto ricredersi e nella seconda parte del Novecento sono aumentati di numero e di autorevolezza gli studi che hanno ribadito quella che è difficile ignorare come verità storica.
In questo saggio però il matematico Luigi Borzacchini fa qualcosa di più; ribadisce e approfondisce la tesi con due risvolti originali: anzitutto pone quelle radici non solo nella filosofia tomista ma anche, e soprattutto, nell’approccio agostiniano e francescano alla conoscenza; in secondo luogo, pur riconoscendo le recenti aperture del Magistero verso la scienza, evidenzia la loro insufficienza di fronte a quello che è «realmente» il sapere nato dalla rivoluzione scientifica rinascimentale, arrivando ad affermare che «la Chiesa ancora non ha capito con cosa ha a che fare».
L’analisi storica, o meglio il racconto del «cantastorie» come l’autore si definisce, è molto efficace nel ricostruire i passi concettuali che hanno consentito agli studiosi del Seicento di far decollare quella forma speciale di conoscenza che chiamiamo scienza. Colpisce per esempio la lucida rassegna delle sei fratture cognitive che separano in modo netto la scienza moderna dal pensiero greco.
L’idea del mondo come Creato, fatto di creature: «l’individuo greco era finito e chiuso in se stesso e nella sua polis; quello medievale è aperto verso l’infinito e complice del divino».
Il legame tra scienza, tecnica e lavoro, complice il monachesimo benedettino. Se il mondo è creato dal nulla è anche contingente e come tale può essere indagato. Assumono un ruolo essenziale e positivo concetti impensabili o contraddittori per Aristotele, come spazio vuoto, materia, moto, infinito.
La scienza non è più un riflesso dell’essere ma un discorso sul mondo; quindi balza in primo piano il linguaggio ed esce allo scoperto il soggetto di quel discorso. Infine la dimensione storica del progresso, l’ultima frattura con la scienza antica, che rende la nuova scienza sviluppata nell’Europa rinascimentale incommensurabile con quella greca.
Ma in che senso si può dire che c’è il pensiero cristiano alla base della scienza moderna? Dov’è – domanda provocatoriamente Borzacchini – quel pensiero per esempio nella legge di gravitazione universale? E la sua risposta illustra bene la proposta di una scienza «francescana»: la legge parla di una fisica che vale in tutto il Creato, che coinvolge enti e grandezze individuali, che descrive una verità dedotta a partire da ipotesi formulate a seguito di osservazioni quantitative, espresse attraverso «segni» che sono vestigia delle cose; infine si tratta di una legge che è una creazione del libero soggetto umano.
A sviluppare la scienza «francescana» sono stati studiosi noti e meno noti che hanno portato alle sue conseguenze cognitive la visione cosmologica e antropologica del santo di Assisi e dell’Ordine da lui nato.
Una visione integrale, che non si preoccupa di far sconti a nessuno a differenza dell’impianto tomista, accusato da Borzacchini di essere più «diplomatico», cioè preoccupato di non rompere del tutto col pensiero aristotelico ma di conseguenza più a rischio di fronte alle «tentazioni» alle quali sarà sottoposto il pensiero scientifico col razionalismo e poi col positivismo.
Resta il fatto che la promettente partenza della scienza medievale non ha mantenuto le promesse, lasciando sostanzialmente un vuoto nel Quattrocento e Cinquecento; e riducendosi spesso solo a rincorrere gli sviluppi di un pensiero ormai lanciato in una corsa inarrestabile.
«L’indagine scientifica di impronta tomista, anche durante e dopo la Rivoluzione Scientifica, soprattutto tra i Gesuiti, produsse studiosi cattolici di alta levatura, particolarmente per l’esattezza e la ricchezza delle osservazioni soprattutto nelle scienze ‘morbide’, naturalistiche, sperimentali e osservative ma restò […] limitata a una filosofia della scienza puramente logico-osservativa, empirica ma incapace di dare conto della scienza come essa realmente era diventata, con la sua inesauribile creatività linguistica e concettuale […] Così la Chiesa perse di vista quella fioritura di uomini di scienza agostiniani e francescani, attivi ai margini della filosofia naturale aristotelica, più legati al ruolo della matematica e del linguaggio, in definitiva i veri precursori delle scienze ‘dure’ e matematiche che saranno il filone principale attorno al quale si disegnerà la nuova scienza».
Anche il Concilio Vaticano II, che ha avuto un ruolo fondamentale nel dialogo della Chiesa col mondo moderno, non ha ancora prodotto i frutti sperati nei confronti della scienza, per la difficoltà a comprenderla essendo questa «fondata su una struttura linguistico-teorica del tutto incompatibile con quell’impianto filosofico che ancora domina la teologia e la dottrina della Chiesa».
L’autore è molto duro nei confronti del tomismo o forse non ha ancora esplorato, come altri hanno fatto, le potenzialità presenti in tale impostazione proprio di fronte alle sfide delle scienze più avanzate; o forse è troppo preoccupato di far emergere l’indubbio prezioso contributo del pensiero francescano.
Ciò, va detto, anche sull’onda dell’enciclica Laudato sì (alla quale è dedicato un breve capitolo di otto pagine) che non affronta i nodi epistemologici prima segnalati ma che testimonia l’attualità e la portata della visione francescana nel contesto della tecnoscienza e ha il pregio di introdurre un cambio di prospettiva nell’affronto delle complesse questioni legate al rapporto tra uomo e natura.
È interessante comunque che un saggio come questo, di «storia cognitiva», termini non con una conclusione teorica ma con una serie di interrogativi che mettono in evidenza questioni importanti per l’oggi della scienza: sul difficile rapporto tra scienza e filosofia; sull’idea di conoscenza, di mondo, di individuo; sul linguaggio matematico e la sua eterogeneità al linguaggio naturale; sul rischio del dualismo sempre incombente e sulla negatività dei vari «ismi»: marxismo, nichilismo, materialismo, relativismo, storicismo e così via.
Tutto ciò al di là delle valutazioni storiografiche e dei giudizi, che ci sembrano troppo severi, sulla posizione del Magistero e su quali filosofi e teologi avranno ampiamente di che discutere.




Luigi Borzacchini

La scienza di Francesco.
Dal Santo di Assisi al Papa argentino

Dedalo – Bari 2016

Pagine 224 – Euro 18,00

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Recensione di Mario Gargantini
(Direttore della rivista Emmeciquadro)

© Pubblicato sul n° 65 di Emmeciquadro

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