Accompagnare i bambini a incontrare il mondo in cui viviamo. Un compito che, alla primaria, si attua in percorsi didattici, basati su attività sperimentali, che permettano di «fare scienza» a scuola.
Un’impostazione che ha ricadute in molti ambiti disciplinari, primo fra tutti quello della lingua italiana.
Queste scelte sono documentate nel lavoro sull’acqua, tema malamente riproposto in molti sussidiari, svolto in una seconda primaria. Esperimenti elementari basati sulle sensazioni corporee aprono nuove domande e introducono esperimenti semplici, più strutturati. Anche in questo caso, come per il maestro Franco (si veda: “
Il mago della pioggia. «Fare Scienza» in Terza Primaria: l’acqua”), il «ciclo dell’acqua» compare prendendo vita dai disegni dei bambini.  



 

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Fin dall’inizio della scuola primaria è di grande aiuto, per i bambini e per le maestre, raccogliere regolarmente dati sull’andamento del tempo meteorologico.
Nella classe seconda, in cui ho insegnato nell’anno scolastico 2015-2016, abbiamo raccolto dati più dettagliati durante l’inverno (a partire da gennaio): tutte le mattine insieme ai bambini abbiamo osservato com’era il tempo meteorologico e ci siamo raccontati particolari notati la mattina venendo a scuola.
Abbiamo registrato questi dati in un cartellone visibile a tutti.
Alcuni giorni ha piovuto, altre mattine abbiamo visto la nebbia, altre ancora ci è capitato di vedere la brina o addirittura delle lastre di ghiaccio.
In particolare, le lastre di ghiaccio che vedevamo la mattina alle 8 sul tetto dell’aula di informatica, nell’arco della giornata si scioglievano e verso mezzogiorno l’acqua non c’era più.
Ho scelto di osservare con attenzione i fenomeni meteorologici invernali per rendere «esperienza concreta» le immagini o le descrizioni dei sussidiari su «l’acqua e le sue trasformazioni». Si è trattato poi di sviluppare l’argomento in modo adeguato alla capacità di comprensione dei bambini, facendo attenzione che la necessaria semplificazione rispetti la precisione dei contenuti e del lessico.
Infatti, in questo tempo di osservazione sono nate, in alcuni bambini, delle domande: Come fa a piovere? Come fa l’acqua a cambiare aspetto? Come può essere l’acqua?
Per cercare di rispondere a queste domande ho proposto a tutti i bambini di osservare più da vicino l’acqua per capire bene e descrivere le sue caratteristiche e poi di svolgere dei semplici esperimenti per cercare di capire come fa l’acqua a cambiare aspetto.



 

Prima tappa: osservare e toccare

Divisi in tre gruppi, a turno, abbiamo osservato e toccato tre tipi diversi di acqua, contenuti in catini, poi ciascun bambino ha disegnato sul suo quaderno le azioni appena eseguite e ha descritto con un aggettivo l’acqua che aveva appena «incontrato» usando i suoi sensi.

Questo lavoro diretto è stato interessante anche perché ha dato la possibilità ai bambini di utilizzare delle parole speciali, gli «aggettivi», per cercare di descrivere e spiegare sempre meglio le caratteristiche che notavano dell’acqua nei suoi diversi stati.
E di conseguenza ha permesso, in parallelo, di introdurre in italiano l’aggettivo qualificativo non con una forzatura, ma anzi cogliendone immediatamente la ricchezza e l’utilità.



 

Seconda tappa: sperimentare

Dopo questa osservazione diretta, grazie anche alla consapevolezza acquisita descrivendo le loro sensazioni con frasi appropriate, i bambini si sono posti alcune nuove domande, più precise e specifiche: Come fa l’acqua a diventare ghiaccio? Come fa il ghiaccio a fondersi? Come fa l’acqua a evaporare?
I bambini hanno formulato delle ipotesi di risposta ma, per essere certi della veridicità di tali tentativi abbiamo fatto dei semplici esperimenti prendendo in considerazione una domanda alla volta.
Inoltre, proprio per non introdurre concetti di tipo «microscopico» o «teorie» incomprensibili per i bambini, ho scelto esplicitamente di circostanziare le domande: verificare in quali condizioni avvengono le trasformazioni dell’acqua da solido a liquido a gas e viceversa.

Nel tentativo di rispondere alla prima domanda, i bambini avevano già capito che la temperatura era un fattore determinante e che doveva essere molto bassa per permettere all’acqua di trasformarsi in ghiaccio.
Quindi partendo da questa sana intuizione abbiamo proceduto con il primo esperimento.

 

Esperimento 1
Come fa l’acqua a diventare ghiaccio?
Lo scopo dell’esperimento è quello di verificare in quali condizioni l’acqua può diventare ghiaccio. Abbiamo messo una vaschetta piena d’acqua nel congelatore della mensa per un’intera giornata (24 ore).
La mattina successiva abbiamo tirato fuori la vaschetta dal congelatore e l’acqua era diventata ghiaccio.
Abbiamo quindi notato che l’acqua «liquida» si era trasformata in acqua «solida».
Questa trasformazione è avvenuta grazie alla bassa temperatura del congelatore.
In termini scientifici si chiama solidificazione.

 

Esperimento 2
Come fa il ghiaccio a fondersi?
Lo scopo dell’esperimento è quello di verificare in quali condizioni il ghiaccio (acqua solida) può trasformarsi in acqua liquida.
Abbiamo messo la vaschetta con il ghiaccio sul calorifero e abbiamo osservato quello che accadeva guardando anche l’orologio.
Dopo mezz’ora il ghiaccio è diventato acqua liquida.
In termini scientifici si dice che il ghiaccio fonde e questa trasformazione, dovuta alla temperatura abbastanza elevata del calorifero, si chiama fusione.

 

Esperimento 3
Come fa l’acqua a evaporare?
Lo scopo dell’esperimento è quello di verificare in quali condizioni l’acqua liquida può trasformarsi in acqua gassosa (vapore).
I bambini erano «sicuri» che l’acqua sarebbe evaporata se la vaschetta fosse stata a contatto con una fonte di calore, perciò abbiamo deciso di lasciare la vaschetta piena d’acqua sul calorifero.
Ogni mattina alle 8.30 misuravamo con un cartoncino il livello dell’acqua.

A ogni freccia corrisponde il livello dell’acqua giorno per giorno.
L’acqua è finita la mattina del quinto giorno, cioè è completamente evaporata.
Questa trasformazione si chiama evaporazione.

 

Rappresentazione di sintesi: il ciclo dell’acqua visto dai miei alunni

Terminati questi semplici esperimenti abbiamo riassunto il percorso fatto attraverso uno schema disegnato dai bambini.

Questo schema, essendo strettamente legato all’esperienza vissuta ha aiutato i bambini a capire che l’acqua compie una serie di trasformazioni che si ripetono in un «ciclo».

 

Conclusioni

Questo lavoro è stato così significativo e chiaro per i bambini che alla fine dell’anno, quando dovevamo decidere il contributo che le classi seconde avrebbero dato per la festa della scuola, noi maestre abbiamo deciso di «mettere in scena», in forma motoria, il ciclo dell’acqua.
La festa è stata per noi insegnanti una occasione di verifica a 360 gradi perché vedendo con che sicurezza e correttezza i bambini si muovevano abbiamo colto quanto avessero interiorizzato i cambiamenti di stato dell’acqua.

 

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Viviana Mezzacapo
(Docente presso la Scuola Primaria Andrea Mandelli di Milano)

L’attività descritta è stata svolta nella classe 2°A nell’anno scolastico 2015-2016 ed è stata discussa e condivisa nel Gruppo di Ricerca di Scienze, «Educare Insegnando», promosso dall’Associazione “Il rischio Educativo” coordinato da Maria Elisa Bergamaschini e Maria Cristina Speciani.

 

 

 

© Pubblicato sul n° 66 di Emmeciquadro