Un libro che non ti aspetti: inizia da una domanda che sembra scontata (Il clima cambia?) e procede, con accenti abbastanza insoliti, su temi di grande attualità e complessità. La personalità dell’autore, e la complessità delle questioni in esame, si scoprono poco a poco.

Incuriositi dal titolo, si comincia a leggere con il desiderio di capire cosa sono queste «bombe d’acqua» che i media italiani chiamano sempre in causa commentando eventi alluvionali disastrosi.
Nel Prologo, a pagina 10, si scopre che l’espressione, abbastanza impropria in campo internazionale, è stata inventata da un giornalista fiorentino alla fine degli anni Novanta del secolo scorso e ha via via sostituito, nel linguaggio comune, il termine scientifico corretto, «meteore».



Nelle stesse pagine l’autore si definisce un «idraulico» che propone «alcune riflessioni sul rapporto tra gli italiani e le alluvioni sulla base di conoscenze ed esperienze personali […]». Infatti Rosso è Ordinario di Costruzioni idrauliche e marittime e idrologia al Politecnico di Milano e, come suggerisce in sordina nei vari capitoli, ha partecipato a numerose commissioni di esperti (vedi alle pagine 126, 143, 162) chiamati a cercare di tamponare la «questione idrogeologica» italiana.



Rosso è un genovese che ama la sua città: Genova è protagonista per la quantità di disastri avvenuti nel corso degli anni e ricordati con partecipazione (dall’alluvione del 1452 a quella del 1822 descritta da Mary Shelley a quelle del 1970, del 1992, fino alle più recenti negli anni 2000) ma, soprattutto, nell’auspicio che si realizzino finalmente interventi adeguati a prevenire i rischi.

Sicuramente è un uomo che ama le lettere e tutte le espressioni dell’ingegno umano: cita Dante, Byron, Borges, miti classici, opere teatrali e opere liriche, addirittura riporta testi di Antonio Vallisneri (pagina 172).
Il saggio si articola in «capitoli» – non numerati e dai titoli molto originali – ognuno dei quali è dedicato a un tema di grande impatto.



Per esempio, I fiumi sepolti tratta delle opere di copertura dei corsi d’acqua compiute in diverse parti del mondo e dei rischi connessi; Nera di malasorte parla dello smaltimento dei rifiuti nei corsi d’acqua; Il rispetto degli azionisti tratta dei disastri collegati alla costruzione di dighe (Gleno, Molare, Vajont, Stava eccetera).
Nei capitoli si riconosce una struttura: le prime pagine mettono a fuoco l’argomento e i nessi con il titolo; il corpo centrale è un’ampia raccolta di fatti ricca di date, ma anche di notazioni storiche, di commenti, di citazioni sia letterarie sia di carattere tecnico (di scienziati ed esperti); le ultime pagine sono dedicate alla riflessione personale dell’autore, alle sue proposte e, soprattutto, ai suoi giudizi più taglienti.
Verso la fine del libro, i capitoli La nottata che non passa e La finanza creativa ricordano una serie di ostacoli che hanno impedito di portare a buon fine interventi adeguati a prevenire le alluvioni e i disastri conseguenti.

Nel penultimo capitolo, Il futuro di una volta, si incontra una nuova sorpresa, perché «la maturità è il momento ideale per uscire dalla competizione accademica» (pagina 256): una serie di «previsioni» nate da conversazioni con «colleghi di grande esperienza» come: Massimo Veltri, Pasquale Versace, Franco Siccardi, Andrea Rinaldo, Ignazio Becchi e Giovanni Menduni.

Un filo di speranza anche nelle pagine conclusive intitolate Dieci possibili azioni, un «breve decalogo su come affrontare il futuro».
Sono tracciati percorsi che «nel loro complesso, possono rispondere alla sfida climatica del terzo millennio» con la consapevolezza che solo «praticando più sentieri alla volta […] si potrà limitare l’impatto delle catastrofi idrometeorologiche, accettando a viso aperto questa sfida.»


Renzo Rosso

Bombe d’acqua.
Alluvioni d’Italia dall’unità al terzo millennio

Marsilio – Venezia 2017

Pagine 278 – Euro 23,00

 

 

 

Recensione di Maria Cristina Speciani
(Membro della Redazione di Emmeciquadro)


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© Pubblicato sul n° 67 di Emmeciquadro