Huygens – Cassini è stata una missione robotica interplanetaria, realizzata in modo congiunto da NASA, ESA e ASI, iniziata il 15 ottobre 1997con l’obiettivo di studiare il sistema del pianeta Saturno, lune e anelli compresi.
La missione si è conclusa il 15 settembre 2017 con la disintegrazione della sonda nell’atmosfera di Saturno.
L’autore, dopo un interessante excursus storico, tratteggia le tappe della lunga permanenza della sonda tra i pianeti del Sistema Solare, chiarendo via via il significato delle misure inviate sulla Terra.
Con uno sguardo sintetico sul valore scientifico di questa intrapresa durata vent’anni e in particolare sulla modalità con cui oggi si fa ricerca.
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Il 15 gennaio 2017, alle 13:55 (ora di Houston, USA), con un’ora circa di ritardo (a causa della velocità finita, 300000 km/s, delle onde elettromagnetiche usate per trasmettere i segnali) è giunta sulla Terra la conferma che la sonda Cassini, obbedendo ai comandi inviati dalla Terra circa due ore prima, aveva iniziato l’ultima parte della sua lunga avventura iniziata nel 1997.
La sonda stava precipitando e quindi distruggendosi su Saturno, nelle cui vicinanze era giunta nel 2004, dopo un viaggio attraverso il Sistema Solare iniziato il 15 Ottobre 1997, con il lancio da Cape Canaveral (Florida, USA), di una sonda interplanetaria più complessa, denominata Huygens – Cassini, ideata negli anni Ottanta del secolo scorso e realizzata in collaborazione dagli enti spaziali, americano (NASA), europeo (ESA) e italiano (ASI).
Perché Huygens-Cassini
Considerato che l’obiettivo più ambizioso che la sonda si proponeva, era lo studio dettagliato di Saturno, seguendo un uso ormai comune tra i realizzatori di grandi esperimenti di dare al proprio strumento il nome di un precursore delle attività oggetto della loro ricerca, la sonda venne chiamata Huygens – Cassini in onore dei due grandi astronomi che nel Settecento iniziarono lo studio di Saturno.
Christian Huygens oltre che astronomo fu anche matematico e fisico, molto noto. Olandese, amico di Cartesio, è tra coloro che hanno maggiormente contribuito allo sviluppo della scienza moderna. A lui si deve per esempio la prima ipotesi circa la natura ondulatoria della luce e diverse considerazioni che sono alla base del calcolo infinitesimale.
Dopo aver studiato giurisprudenza in Olanda, a Leida, nel 1666 si trasferì a Parigi. Qui in riconoscimento delle sue conoscenze e numerosi interessi fu nominato Direttore dell’Accademia delle Scienze e coinvolto nella realizzazione dell’Osservatorio Astronomico di Parigi, dove, usando un telescopio di sua fabbricazione, compì importanti osservazioni astronomiche.
Così studiando Saturno scoprì Titano, la sua luna più importante, e per primo ipotizzò l’esistenza attorno a Saturno di un sottile anello, completamente separato dalla superfice del pianeta.
Giovanni Domenico Cassini, matematico, astronomo, ingegnere, medico e biologo italiano, dopo un periodo in Italia, dove divenne professore di Astronomia all’Università di Bologna, si trasferì in Francia. Naturalizzato francese, nel 1671 divenne direttore dell’Osservatorio Astronomico di Parigi dove, grazie alla strumentazione avanzata disponibile, scoprì quattro satelliti di Saturno (Giapeto, Rea, Dione e Teti).
Studiò inoltre la Grande Macchia Rossa e la rotazione differenziale di Giove, la rotazione di Marte e misurò la distanza Terra-Marte. Quest’ultima misura gli consentì di ricavare con una precisione del 7% la distanza Terra-Sole, l’Unità Astronomica, essenziale per ricavare le dimensioni del Sistema Solare e trampolino, per la misura (nei secoli successivi) delle distanze di stelle e galassie.
Infine i suoi studi accurati dell’occultazione dei satelliti di Giove, in particolare di Io, permisero al suo collaboratore Ole Röemer (1644 – 1710) di stabilire che la velocità della luce non era infinita ottenendone una prima misura. Realizzò infine una accurata mappa della Luna che gli consentì di formulare la prima teoria moderna dei moti lunari.
È quindi evidente perché la comunità astronomica del XX secolo, apprestandosi a progettare una grande missione destinata a esplorare il Sistema Solare e Saturno in particolare, abbia pensato di dedicarla a Huygens e Cassini.
La sonda Huygens-Cassini
La sonda Huygens – Cassini è la combinazione di due unità, che d’ora in avanti chiameremo brevemente con i nomi degli astronomi a cui sono dedicate, più diversi sistemi ausiliari.
Cassini, l’unità più pesante, destinata a restare in orbita attorno a Saturno e per questo nota come orbiter, era un insieme di 12 strumenti (camere fotografiche operanti nel visibile, nell’infrarosso e nell’ultravioletto, sistemi radar, spettrografi, sistemi per l’analisi di gas ionizzati e magnetometri) oltre a diversi registratori di dati e computer di controllo. Per garantire la possibilità di condurre le osservazioni anche nel caso di guasti, la strumentazione e i computer erano ridondanti in modo da consentire la sostituzione totale o parziale di componenti danneggiati.
Huygens è un robot dotato anch’esso di varie apparecchiature fotografiche e spettrometri. Destinato a scendere su Titano con un paracadute, sotto controllo di razzi frenanti, era in grado di registrare e ritrasmettere a Cassini per il successivo invio a Terra, immagini sia durante la discesa verso la superficie sia dalla superficie di Titano, analizzare la composizione dell’atmosfera di Titano, misurarne la temperatura e, sfruttando l’effetto Doppler, ricavare la velocità dei venti.
Al momento del lancio e fino all’arrivo su Saturno, Huygens e Cassini formavano un tutto unico. Un’antenna parabolica di 4 m di diametro associata a un insieme di trasmettitori e ricevitori operanti in banda K, montata in cima a tutto, davanti a Cassini, permetteva le comunicazioni radio tra la sonda e il centro di controllo sulla Terra.
Essa è stata usata anche per effettuare studi radar delle regioni sorvolate da Cassini e, in alcune fasi particolarmente delicate della missione come l’avvicinamento a Venere o la discesa finale su Saturno, come schermo per proteggere Huygens e Cassini da flussi indesiderati di particelle.
C’era poi un sistema di 16 piccoli razzi, opportunamente distribuiti, in grado di emettere nella direzione e per tempi desiderati getti di idrazina, prelevata da un apposito serbatoio comune, e quindi imprimere al sistema piccole variazioni di velocità necessarie a modificare, quando necessario, la rotta della intera sonda durante il viaggio fino a Saturno e delle sue due componenti, nelle vicinanze di Saturno.
Per il funzionamento di Huygens – Cassini erano necessari generatori di elettricità con una potenza complessiva di circa 600 W. Produrre tale potenza con pannelli solari trovandosi nelle vicinanze di Saturno a circa 9.5 Unità Astronomiche dal Sole, avrebbe richiesto pannelli solari con una superficie circa 100 volte superiore a quella dei pannelli abitualmente utilizzati nelle missioni spaziali che operano attorno alla Terra.
Infatti allontanandosi da una sorgente puntiforme la densità del flusso di radiazione (misurata in Wm-2 sr-1) decresce come l’inverso del quadrato della distanza, pertanto in vicinanza di Saturno è circa 1/(9.5)2
La soluzione adottata per Cassini – Huygens fu di montare a bordo tre generatori termoelettrici riscaldati dall’energia dissipata da sorgenti radioattive (pellet di plutonio) contenute in recipienti altamente assorbenti. Questo sistema aveva l’ulteriore vantaggio di garantire la regolare fornitura di energia anche quando la sonda nel suo moto avesse visto tramontare il Sole.
Ovviamente questa soluzione ha imposto l’adozione di grandi precauzioni costruttive per evitare la dispersione nell’atmosfera della Terra di sostanze radioattive in caso di incidenti durante la fase di lancio della sonda. Il sistema così realizzato ha fornito per tutta la durata della missione 640 W effettivi.
L’ insieme, contenuto in un volume cilindrico alto 7 m, con un diametro di 4 m, pesava 2523 Kg a cui, al momento del lancio, dovevano essere aggiunti circa 3500 Kg di idrazina successivamente utilizzati dai razzi di controllo di Huygens – Cassini.
Una breve digressione
Tenendo presente lo scopo e il modo in cui la sonda Huygens – Cassini ha viaggiato, prima di proseguire, vorrei affiancare ai due astronomi che hanno dato il loro nome alla missione un terzo personaggio, James Cook.
Esploratore, navigatore e cartografo britannico, tra il 1768 e il 1771, su mandato della Royal Navy e della Royal Society compì un viaggio per nave con due scopi.
Il primo era raggiungere Tahiti in tempo per permettere agli astronomi che si erano imbarcati con lui di osservare il transito di Venere davanti al disco solare, previsto per il 3-4 giugno 1769, effettuando accurate misure sull’inizio e la durata del transito; queste misure, combinate con quelle effettuate da altri osservatori distribuiti in vari punti della superficie terrestre, erano importanti per ricavare, conoscendo il raggio della Terra, attraverso il metodo della parallasse, la distanza Terra-Venere e da questa risalire alla distanza Terra-Sole, cioè l’Unità Astronomica.
Il secondo scopo era esplorare e cartografare la regione del Pacifico Meridionale.
Cook giunse a Tahiti in tempo per l’osservazione astronomica, quindi riprese il mare, esplorò e cartografò il Pacifico meridionale e nel 1771, dopo tre anni, rientrò in Inghilterra avendo di fatto effettuato il giro del mondo.
Visto il successo della prima spedizione Cook riprese il mare altre due volte sempre diretto a Sud. Sfortunatamente nel corso del secondo di questi due nuovi viaggi, in uno scontro con un gruppo di indigeni delle isole Haway, fu ucciso e probabilmente mangiato dai vincitori. Anche se priva del comandante la nave tornò comunque in Inghilterra.
Tutto ciò in un’epoca in cui non esistevano motori marini e la navigazione doveva essere fatta utilizzando la spinta dei venti e il gioco delle correnti.
L’intervento dell’uomo, peraltro essenziale, si manifestava solo a livello decisionale (come orientare le vele), nello studio dei venti e della loro dipendenza dalle stagioni e dalle condizioni meteorologiche e nello sfruttamento delle maree per facilitare l’arrivo e la partenza dai punti d’attracco. Solo in casi molto particolari l’uomo interveniva anche con la forza, per esempio ricorrendo all’uso di mezzi ausiliari a remi o ad argani e ancoraggi opportuni.
L’energia associata a questi interventi diretti dell’uomo era trascurabile rispetto all’energia del vento e delle correnti, ma essenziale per portare la nave alla meta desiderata, anche se spesso seguendo un percorso tortuoso. Quasi mai veniva seguita la strada geometricamente più breve tra punto di partenza e punto di arrivo, cosa invece possibile (ma non necessariamente conveniente) quando le navi, come oggi accade, dispongono di motori sempre più potenti.
Di fatto Cook per andare e tornare dall’emisfero Sud doveva compiere ogni volta il giro del mondo, muovendosi in una direzione ben precisa per sfruttare al massimo forze naturali.
Huygens – Cassini sfrutta le forze della natura
Ho voluto ricordare le esplorazioni di Cook perché metodi e fini simili sono stati utilizzati quasi tre secoli più tardi per il viaggio nel Sistema Solare dalla sonda Huygens – Cassini.
Progettata dalle principali agenzie spaziali con anni di anticipo sulla data di lancio, la sonda aveva lo scopo di migliorare le nostre conoscenze dello spazio interplanetario e dei pianeti ed effettuare uno studio dettagliato di Saturno e dei suoi satelliti.
Non essendo però possibile disporre di razzi e carburante sufficienti a puntare direttamente su Saturno, fu deciso, come già fatto da altre sonde, di sfruttare la forza gravitazionale esercitata dal Sole e dai diversi pianeti sulla sonda e di piccoli razzi comandabili da Terra per modificare, al momento opportuno, in modulo e direzione, la velocità della sonda; gli si consentiva in questo modo di abbandonare l’orbita assunta attorno a un pianeta per passare sotto l’influenza di un altro pianeta.
Si tratta di manovre «assistite dalla gravità» che sfruttano per esempio l’effetto fionda: facendo passare la sonda a brevissima distanza da un pianeta, per esempio Venere, questo può divenire il peri-pianeta di un’orbita della sonda tanto allungata da incrociare quella di un altro pianeta in un punto dove, con poca energia è possibile far passare la sonda sotto l’influenza di quest’ultimo.
Grazie a ciò l’unico grosso motore utilizzato dalla missione Huygens – Cassini è stato il razzo utilizzato per portare la sonda dalla Terra nello spazio ponendola su un’orbita temporanea da cui poi la sonda si è staccata e ha iniziato il suo viaggio grazie all’accensione, di breve durata e accuratamente programmata, su comando da Terra, dei piccoli razzi di controllo facenti parte della sonda stessa. Gli stessi razzi che sono poi stati utilizzati in tutte le manovre successive per modificare la rotta fino a raggiungere la meta programmata.
Questo modo di viaggiare richiede una conoscenza continuamente aggiornata della posizione della sonda, una tempistica precisa nello svolgimento delle manovre e scelta di data e anno di lancio in modo da avere la disposizione relativa dei pianeti più utile a effettuare i cambi di rotta e raggiungere la meta in tempi ragionevoli.
Con una differenza fondamentale rispetto a quanto accadeva alla Endeavour, la nave di Cook. Sulla nave chi doveva decidere le manovre, cioè Cook, era sulla nave stessa e vedeva in tempo reale gli effetti della manovra.
Nel caso invece di una «nave» spaziale le scelte vengono fatte dalla stazione di controllo, tradotte in comandi inviati via radio alla «nave» che le esegue e comunica il risultato a Terra. Ma a causa della velocità finita delle onde elettromagnetiche i comandi vengono eseguiti e l’informazione sugli effetti della loro applicazione ricevuti a Terra con un ritardo inevitabile e crescente all’aumentare della distanza della sonda dalla Terra: qualche secondo quando la distanza è confrontabile con la distanza Terra-Luna, circa sedici secondi quando la distanza è dell’ordine di una Unità Astronomica, fino a oltre un’ora quando Huygens – Cassini era nei dintorni di Saturno.
In pratica questo significa che se si verifica un guasto o un imprevisto sulla sonda, l’informazione ai controllori del volo giunge a incidente avvenuto e le contromisure che i controllori devono prendere devono tenere conto anch’esse dei ritardi nella loro applicazione.
Occorre però dire che mentre in mare le condizioni meteorologiche possono cambiare in modo difficilmente prevedibile (soprattutto nel passato), nello spazio, se si escludono disturbi nelle comunicazioni prodotti da tempeste solari (si parla ormai a questo proposito di space weather) o urti con detriti spaziali (resti di missioni spaziali purtroppo ormai abbondanti in prossimità della Terra) o meteoriti, le condizioni sono stabili e le forze in gioco in ogni punto, in ogni momento, precisamente calcolabili.
Un’ultima considerazione da fare è che mentre Cook in mare utilizzava attrezzature e strumentazione recenti (in particolare orologi stabili, essenziali per stimare la longitudine oltre che per osservare con buona precisione a Tahiti l’inizio e la durata del transito di Venere davanti al Sole), Huygens – Cassini, come la maggior parte delle missioni interplanetarie, a causa del tempo trascorso dal momento della partenza dalla Terra e dei tempi di sviluppo, progettazione e realizzazione, ha compiuto le osservazioni con strumenti ormai vecchi rispetto a quelli realizzabili con la tecnologia disponibile sulla Terra al momento dell’osservazione stessa: basti pensare che molte soluzioni oggi comunemente utilizzate negli Smartphone erano inesistenti quando la sonda venne prima realizzata e poi, vent’anni fa, nel 1997, inviata nello spazio.
Il viaggio di Huygens – Cassini
Vediamo ora in dettaglio il viaggio di Huygens – Cassini:
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1982 – La European Science Foundation e l’American Academy of Sciences cominciano a studiare l’idea di lanciare una sonda che orbiti attorno a Saturno (diverrà Cassini) e una che studi Titano la principale luna di Saturno (diverrà Huygens). Ne nascerà una missione congiunta NASA/ESA/ASI.
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1990/1997 – Realizzazione dell’insieme Cassini – Huygens.
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15/10/1997 ore 11.55 – Partenza da Cape Canaveral (USA). Lasciata la Terra, la sonda si dirige verso Venere.
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25 aprile 1998 – Sorvolo ravvicinato di Venere.
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Dicembre 1998 – Manovre per correggere la rotta.
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24 giugno 1999 – Secondo sorvolo ravvicinato di Venere.
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17 agosto 1999 – Sorvolo ravvicinato della Terra.
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Dicembre 1999/aprile 2000 – Attraversamento della fascia degli asteroidi e passaggio in prossimità dell’asteroide 2685 Masursky.
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29 dicembre 2000 – Sorvolo ravvicinato di Giove e osservazione della radiazione di sincrotrone proveniente dallo spazio attorno al pianeta.
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2002 – I segnali inviati da Terra e ritrasmessi a Terra vengono utilizzati per verificare la teoria della Relatività generale con accuratezza 50 volte superiore a quanto ottenuto fino ad allora.
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07 aprile 2004 – Osservazione sulla superficie di Saturno di due tempeste e la loro fusione.
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31 maggio 2004 – Scoperta di Metone e Pallene, due nuove lune di Saturno.
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11 giugno 2004 – Passaggio ravvicinato vicino a Febe, satellite di Saturno.
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01 maggio 2004 – Attraverso manovre controllate dalla Terra la sonda Huygens – Cassini viene messa nell’orbita di Saturno a circa 24000 km dalla superficie.
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24 ottobre 2004 primo passaggio ravvicinato di Titano. Viene realizzata la prima immagine radar di Titano.
Poi Huygens – Cassini passerà altre volte attorno a Titano arrivando a una distanza minima dalla sua superficie di 1200 km. -
23 dicembre 2004 – La sonda Huygens si stacca da Cassini e punta verso Titano
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14 gennaio 2005 – Huygens inizia la discesa nell’atmosfera di Titano durante la quale vengono scattate 350 fotografie che vengono trasmesse a Cassini che a sua volta le invia al centro di controllo sulla Terra.
Queste foto mostrano la presenza su Titano di fiumi, probabilmente di idrocarburi. -
14 gennaio 2005, ore 13:34 – Huygens atterra su Titano. Scatta fotografie che mostrano una superficie simile a quella di Marte con grossi massi apparentemente di ghiaccio.
[A sinistra: la sonda Huygens atterrata su Titano]
Dalla superficie Huygens continua a inviare dati a Cassini per due ore circa, fino a quando Cassini tramonta dietro Saturno; dopo, segnali da Huygens continuano a essere raccolti direttamente dai grandi radiotelescopi sulla Terra per un’altra ora circa, fino al completo esaurimento delle batterie di bordo.
Cassini ormai sola prosegue i suoi giri attorno a Saturno osservandone le regioni polari ed equatoriali ed effettuando passaggi ravvicinati dei corpi che formano il sistema di Saturno. -
15 febbraio 2005 – Sorvolo ravvicinato di Titano e scoperta sulla sua superficie di un cratere con un diametro di 440 km.
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16 febbraio 2005 / 17 marzo 2005 – Passaggi vicino a Encelado, altra luna di Saturno, fino a una distanza minima di 500 km, con invio di foto alla Terra e scoperta di una perturbazione del campo magnetico di Saturno e di una atmosfera attorno a Encelado.
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31 marzo 2005 / 16 aprile 2005 – Passaggi a distanze sempre minori dalla superficie di Titano (fino a 1025 km), studio della sua atmosfera e scoperta in essa di molecole a base di carbonio.
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Maggio 2005 / settembre 2005 – Studio dettagliato degli anelli di Saturno e scoperta al loro interno di una nuova Luna, molto piccola, (6 – 8 km di diametro) chiamata Dafne.
Si scopre che assieme ad altre lune poco più grandi e già note (Pandora e Prometeo) assicura la stabilità degli anelli e induce increspature nella distribuzione della materia di cui sono composti. -
13 luglio 2005 – Passaggio a 175 km da Encelado, studio della sua tettonica e scoperta di temperature al polo Sud superiori al previsto.
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Agosto 2005 / marzo 2008 – Sorvoli sempre più ravvicinati di diverse lune di Saturno: Titano fino a 960 km di distanza, Teti fino a 1500 km, Iperione fino a 1010 km, Dione fino a 500 km, Rea fino a 500 km, Giapeto fino 1600 km.
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8 marzo 2006 – Scoperta di acqua liquida su Encelado.
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12 agosto 2008.
[A destra: Geysers su Encelado]
Passaggio a 52 km dalla superficie di Encelado, con attraversamento del getto emesso da un geyser presente sulla sua superficie; si rileva la presenza di acqua e materiali organici nel getto e una temperatura di 93 °C alla bocca del geyser. -
31 maggio 2008 – Data prevista per la fine della missione. Visto il perfetto funzionamento di tutte le apparecchiature di Cassini viene deciso di prorogarne l’attività.
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Ottobre 2007 / aprile 2016 – Ripetuti passaggi a breve distanza dalla superficie di Encelado (scoperta di acqua salata sotto la superficie ghiacciata), di Rea (scoperta di una tenue atmosfera di ossigeno e anidride carbonica), di Dione (scoperta di una tenue atmosfera di ossigeno), di Titano (scoperta di propilene nella bassa atmosfera e mari di metano liquido), di Iperione.
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03 dicembre 2013 – Fotografia di una gigantesca tempesta sulla calotta polare settentrionale di Saturno.
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29 novembre 2016 – Inizio di 22 orbite polari.
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Maggio / settembre 2017 – 22 tuffi tra gli anelli, per studiarne struttura, composizione e origine.
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15 settembre 2017 – Fine programmata della missione: viene inviato il comando che fa precipitare la sonda su Saturno, registrando dati sull’atmosfera del pianeta, fino alla distruzione dello strumento.
Conclusioni
La missione Huygens – Cassini è stata un grandissimo successo sotto diversi punti di vista, anzitutto dal punto di vista della planetologia.
Questa missione ha permesso infatti di acquisire una grandissima quantità di dati sulle condizioni fisiche esistenti nei pianeti e i loro satelliti, in particolare ha permesso di studiare in dettaglio le lune di Saturno che, paradossalmente, risultano più «vivaci» della nostra unica Luna: hanno atmosfere di vario tipo, mari di metano liquido, attività nel loro sottosuolo e in alcuni punti della loro superficie presentano temperature simili a quelle che troviamo sulla Terra, aprendo prospettive interessanti circa la possibile esistenza di forme di vita.
La massa di dati raccolti è impressionante e ci vorranno anni, probabilmente una decina, prima che vengano completamente analizzati portando alla luce scoperte che al momento non possiamo neanche immaginare.
In un certo senso il vero sfruttamento scientifico della missione comincia solo ora. Ma anche dal punto di vista della Fisica generale. Le verifiche della Relatività generale effettuate studiando la propagazione dei segnali radio tra la sonda e la Terra mentre la sonda era in viaggio verso, ma ancora lontana da Saturno, sono tra le più accurate mai effettuate.
Infine dal punto di vista tecnologico. Anche se realizzati con tecnologie vecchie di venti anni, tutti gli strumenti hanno funzionato alla perfezione. Lo stesso si deve dire degli impressionanti programmi e sistemi di calcolo realizzati per gestire tutta la strumentazione di bordo nonostante l’impossibilità di verificare in tempo reale l’esecuzione degli ordini impartiti.
Va infine sottolineato un punto di tipo sociologico e con un grosso impatto sul modo di fare ricerca. La missione Huygens – Cassini tra ideazione, progettazione, realizzazione, esecuzione delle osservazioni e interpretazione copre un arco di tempio di 40 – 50 anni.
Questo segna il passaggio da modi di studio in cui risaltavano in primo piano le persone che avevano eseguito le osservazioni e le esplorazioni, come Huygens, Cassini, Cook, a un esperimento in cui nessuno può dire di avere seguito con un certo livello di responsabilità, tutta la missione e quindi possa attribuirsi tutto il merito della stessa.
Significativo da questo punto di vista è che, se si vanno a leggere i resoconti della missione, praticamente non si trovano nomi di scienziati o tecnologi.
Si trovano ovviamente nomi quando si cercano risultati specifici nella letteratura scientifica e nella documentazione esistente presso gli enti che hanno reso possibile la missione. E a queste persone va il merito di quel particolare risultato o della realizzazione di quel particolare strumento o anche dell’idea generale che è alla base della missione, ma a nessuno di loro va il merito complessivo.
È questo un punto su cui forse non siamo ancora abituati a ragionare, ma che va tenuto presente da chi vuole dedicarsi alla ricerca negli anni futuri.
In un certo senso dovremo riabituarci a ragionare come nel passato ragionavano i costruttori delle piramidi o, millenni dopo, i costruttori delle grandi cattedrali: si lavora con entusiasmo alla costruzione di qualcosa che riteniamo importante anche se sappiamo che probabilmente non ne vedremo la realizzazione finale.
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Giorgio Sironi
(già Ordinario di Radioastronomia presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca)
© Pubblicato sul n° 67 di Emmeciquadro