Si può vivere da protagonisti un percorso di studio su argomenti di dimensione planetaria? Si può «fare scienza» alla secondaria di primo grado studiando le rocce che costituiscono la nostra Terra?
Occorre mettere in gioco le azioni tipiche degli scienziati: osservare, descrivere, classificare. Così si scopre che, di fronte alla varietà di forme, colori, strutture con cui si presentano le rocce, si può ordinarle secondo diversi criteri: l’origine, la struttura geometrica spaziale, tutte caratteristiche per classificarle, cioè per dare loro un nome e riconoscerle.
E per saperne di più si passa alla fase sperimentale, in cui si osserva un processo di trasformazione mentre avviene, imparando via via termini e concetti nuovi – soluzione, cristallo, sali – e cominciando il cammino di conoscenza verso la scienza chimica.
Il percorso che racconto è stato svolto in una classe terza della Scuola Statale Secondaria di primo grado “Maffucci” di Milano nell’anno scolastico 2016-2017.
Il punto di partenza è stato la visita alla mostra sui vulcani allestita presso il museo di Storia Naturale di Milano da marzo a ottobre 2016.
Perché anche lo studio di un tema geologico – di dimensioni planetarie – diventasse esperienza di «scienza a scuola».
La mostra presentava immagini spettacolari, filmati e ricostruzioni computerizzate relative ai più importanti vulcani presenti sulla Terra.
Una collezione di campioni di rocce, minerali e meteoriti illustrava i tipi di eruzione e i prodotti che si originano durante l’attività effusiva o esplosiva.
Ho portato la classe in visita senza dare nessuna spiegazione in classe ma dicendo di prendere appunti e segnare sul quaderno gli argomenti presentati dalla guida.
Nei giorni seguenti a scuola abbiamo ripreso i contenuti della mostra con lezioni dialogate, visioni di immagini sul loro libro e riproduzione di disegni sul quaderno.
Rivisitare la mostra
Siamo ri-partiti osservando un disegno in cui si distinguono i tre strati principali della Terra: crosta, mantello e nucleo.
Successivamente abbiamo ripreso la spiegazione ascoltata dalla guida sulla nascita dei vulcani, abbiamo osservato una cartina della distribuzione dei vulcani nel mondo e il modello della struttura tipo di un vulcano in cui distinguere le parti principali: camera magmatica, camino (il condotto), bocca (che esce nel cratere).
Infine abbiamo studiato i diversi tipi di eruzioni: effusiva o esplosiva.
Molta parte della mostra era dedicata a diversi tipi di vulcani, attivi o silenti, e la guida aveva condotto i ragazzi a osservare con attenzione le immagini e a individuare elementi caratteristici del paesaggio circostante i diversi vulcani.
I ragazzi avevano osservato e descritto i moltissimi prodotti lavici esposti. Perciò abbiamo rimesso a fuoco il nesso tra la formazione delle rocce vulcaniche e il tipo di attività eruttiva, effusiva oppure esplosiva. Se l’eruzione è effusiva si possono formare rocce come la lava a corde, le ossidiane o il basalto colonnale (tutti campioni osservati nella mostra). Se l’eruzione è esplosiva i prodotti sono piroclasti, ceneri, lapilli e bombe vulcaniche.
Li abbiamo ricordati, osservati su immagini e disegnati sul quaderno.
Osservare, descrivere, classificare campioni di rocce
Visto l’entusiasmo con cui i ragazzi hanno seguito i contenuti della mostra, e avendo in laboratorio di Scienze tanti campioni di diversi tipi di rocce, ho deciso di continuare il lavoro sulla Geologia proponendo di immedesimarsi con il lavoro del geologo che raccoglie campioni di rocce, li osserva, prova a risalire alla loro origine e quindi li classifica dando loro un nome.
Il libro di testo proponeva da subito di suddividere le rocce in base alla loro origine: rocce magmatiche, sedimentarie, di origine chimica e metamorfiche.
Per la prima volta cercavo di sviluppare un percorso sulle rocce, ma avevo ben chiara la differenza tra le due possibili strade: definire a priori, teoricamente, delle categorie sistematiche in cui incasellare le rocce osservate o, in alternativa, registrare delle caratteristiche e raggruppare gli oggetti in base alle proprietà osservate, verificando anche l’esistenza di diversi criteri per raggruppare/classificare. Perciò ho deciso di proporre prima un lavoro di osservazione e descrizione per poi condurli all’esistenza di una classificazione delle rocce.
Con i ragazzi di questa classe non avevo mai affrontato il discorso sulla classificazione e sulla sua importanza per conoscere la realtà naturale, per questo ho dovuto dedicare un po’ di tempo per mostrare anche altri esempi in cui è necessario classificare per conoscere meglio e per spiegare l’uso dei criteri per ordinare gli oggetti di studio.
Non solo pratica
Hanno osservato per circa due ore alcuni campioni di rocce che ho loro sottoposto: dovevano fare il disegno, descrivere la superficie, il colore e la forma.
In un momento successivo abbiamo raccolto le osservazioni e cercato alcune caratteristiche importanti che si ripetevano in più rocce e ci permettevano di classificarle.
La domanda che ci ha accompagnato durante la lezione è stata: ci sono delle caratteristiche che si ripetono in più rocce, è possibile formare dei gruppi di rocce? In base a quale criterio raggruppiamo?
Durante questa lezione, mentre dialogavamo – i ragazzi hanno commentato a voce le loro descrizioni -, ho introdotto alcuni termini specifici.
Prima di tutto abbiamo osservato l’aspetto. È emerso in maniera evidente che alcune rocce hanno un aspetto che abbiamo chiamato «omogeneo» perché non si distinguono componenti e questo aspetto è legato alla struttura che può essere vetrosa (per esempio l’ossidiana), sabbiosa (per esempio l’arenaria) oppure argillosa, costituita da particelle molto fini.
Altre rocce presentano invece un aspetto che abbiamo chiamato «eterogeneo» perché si possono distinguere più toglierei componenti diverse, che possono essere cristalli di dimensioni diverse o anche di colori diversi (per esempio il granito).
Un’altra caratteristica importante per classificare le rocce è il colore. Abbiamo osservato che alcune rocce sono scure altre più chiare. Abbiamo letto sui libri che questo dipende dai minerali che sono presenti nelle diverse rocce.
In questo modo è stato possibile identificare dei criteri di classificazione dei campioni di rocce (l’aspetto e il colore). Ho spiegato loro che l’aspetto di una roccia dipende da come questa si è formata nel tempo e così i geologi hanno dato alle rocce il nome in base all’origine.
Come ho accennato, alla mostra avevano visto molte rocce di origine magmatica, cioè formate per solidificazione delle lave vulcaniche. Ora ho spiegato che altre rocce si formano per sedimentazione quando materiali diversi si depositano e si compattano. E, infine, ci sono rocce che subiscono ulteriori trasformazioni, che si chiamano metamorfiche.
Successivamente ciascun ragazzo ha ipotizzato l’origine della sua roccia e quindi abbiamo cercato il nome sul libro oppure su Internet con delle semplici ricerche in classe.
In un cartellone abbiamo raccolto i lavori: in ogni riga c’è la foto del campione osservato, il disegno e la descrizione e la classificazione.
Rocce sedimentarie di origine chimica
Un campione ha suscitato un interesse particolare in tutti gli alunni perché è una roccia con cristalli azzurri.
I ragazzi non capivano cosa potesse voler dire; allora ho deciso di proporre un esperimento di formazione di cristalli con il solfato di rame (che è azzurro). Non eravamo e non siamo sicuri che la roccia fosse fatta di solfato di rame ma per i ragazzi il vedere formarsi dei cristalli molto simili a quelli della roccia ha permesso di capire come potesse essere stata originata la roccia, come si formano i cristalli e penso non lo dimenticheranno mai!
Ecco la sintesi del lavoro con la scheda dell’esperimento che abbiamo realizzato.
ESPERIMENTO MATERIALE COSA FACCIO
COSA CAPISCO |
Abbiamo osservato che i cristalli possono avere forme geometriche ben definite e il fatto di avere una composizione chimica ben definita (sapevamo di aver preso solfato di rame) e una struttura cristallina cioè una disposizione ordinata e regolare degli atomi (non sempre visibile a occhio nudo), definisce il particolare tipo di sostanza solida che chiamiamo minerale.
I minerali
Guardando le foto (di cui allego solo due esempi) dovevano cercare sulla scheda il tipo di minerale in base alla forma geometrica che osservavano.
Questa lezione non voleva assolutamente spiegare cosa fossero i minerali né darne una classificazione ma permettere di osservare strutture così belle e tenere aperto l’interesse verso questo argomento, molto vasto e difficile.
Riflessioni
Per la prima volta ho sviluppato un percorso di Geologia nella secondaria di primo grado. Non essendo geologa ho sempre avuto un po’ di timore a presentare un percorso sulle rocce.
Ho provato con l’aiuto del gruppo di ricerca «Educare insegnando» cui partecipo da molti anni e, ovviamente, un po’ di studio in merito e ho scoperto che sicuramente è importante una preparazione specifica, ma la cosa più importante è il metodo con cui si presentano gli argomenti.
Questo lavoro è stato efficace e bello per la classe in cui l’ho presentato soprattutto per come ho visto partecipare gli alunni, per come hanno lavorato e seguito le indicazioni proposte sia di osservazione sia di sperimentazione.
La visita alla mostra, che aveva suscitato interesse, rischiava di rimanere una carrellata di informazioni teoriche, alcune facili da comprendere, altre di livello alto. Perciò ho scelto una strada teorico-pratica, un percorso in cui i ragazzi potessero riscoprire anche le informazioni della mostra a partire da un impatto personale con i materiali che costituiscono la crosta terrestre.
In questo senso, il lavoro che ho descritto capovolge i percorsi di molti libri di testo che partono dai minerali e dalla loro composizione per arrivare alla classificazione chimica delle rocce, ma ha favorito un maggior coinvolgimento degli alunni nelle ore di Scienze e ha perseguito obiettivi che vanno oltre lo studio di un argomento scientifico.
Molto interessante è stata anche la fase sperimentale, perché ha aperto una finestra su argomenti nuovi, come per esempio le proprietà chimiche dei cristalli e la loro crescita, che potranno essere affrontati più avanti negli studi.
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Chiara Parenti
(Docente di Matematica e Scienze presso la Scuola Statale Secondaria di primo grado “Maffucci” di Milano)
L’attività descritta è stata svolta nella classe terza nell’anno scolastico 2016-2017. È stata discussa e condivisa nel Gruppo di Ricerca di Scienze, «Educare Insegnando», promosso dall’Associazione Culturale “Il rischio Educativo” coordinato da Maria Elisa Bergamaschini e Maria Cristina Speciani.
© Pubblicato sul n° 68 di Emmeciquadro