Si considerano le condizioni di abitabilità cosmologica, analizzando due fattori.
Il primo è il valore delle costanti fisiche fondamentali: l’intensità reciproca delle forze fondamentali, espressa da queste costanti, determina in modo molto sensibile la struttura dell’universo: una piccola variazione porterebbe a un universo in cui è impossibile la vita.
Il secondo fattore riguarda il tipo di reazioni che portano alla formazione del carbonio e dell’ossigeno: anche qui piccole variazioni impedirebbero la formazione del carbonio, elemento indispensabile alla vita.
L’improbabilità di tutte le condizioni che hanno permesso la vita può suggerire che queste condizioni casuali siano in realtà frutto di uno schema profondo.




Dopo aver esaminato le condizioni di abitabilità su scala locale (CHZ) (si veda la Parte I) e proseguendo nell’analisi della abitabilità a livello galattico (GHZ) (si veda la Parte II), dobbiamo ora comprendere quale potrebbe essere stata la posizione iniziale del Sole: se all’interno o no della GHZ

È infatti possibile che la sua distanza dal centro Galattico, al momento della formazione, non sia stata quella attuale di 8 kpc, dato che la sua metallicità (indice) sembrerebbe avere un valore di 0,1 dex (circa del 20%) superiore a quanto compete a quella posizione (Figura 1).



Figura 1: Abbondanza di Ferro in ammassi aperti di età intermedia come funzione della distanza Galattocentrica, con il Sole come confronto. La linea corrisponde ad un gradiente di metallicità di – 0.1 dex/kpc (Pagel, 1997).

 

Dove era il Sole quando si è formato?

A questo punto, si pongono però i seguenti interrogativi.

  1. Se il Sole ha subito una migrazione, come si può ricostruire il suo percorso sulla base della distribuzione di metallicità del disco?

  2. La generale incertezza delle osservazioni, che aumenta enormemente considerando le diverse specie chimiche (Tabella 1) dà l’impressione che, volendo riferirsi a una pendenza media della metallicità determinata basandosi su di esse, la conclusione potrebbe essere priva di ogni significato.



Tabella 1: Gradienti di abbondanza osservati per vari elementi. ?r (in kpc) è il range della distanza radiale Galattocentrica, per ogni rispettivo contributo (in kpc). I gradienti sono espressi in dex/kpc (Portinari & Chiosi, 1999).

Ciò che si nota invece è che i diversi modelli chimico-dinamici considerati hanno un’autoconsistenza intrinseca fra di loro, cioè, sono in grado di rilevare un valore medio per il gradiente di metallicità sul disco senza una così grande discrepanza presentata invece dai dati osservativi.
Facendo riferimento al modello di Naab & Ostriker (2006) (per la descrizione del quale rimandiamo a Fecchio (2016)) in prossimità Solare, la pendenze media della metallicità del gas, al momento attuale, (non molto diversa da quella delle stelle) è compatibile con quella trovata, al tempo presente, da Linweaver et al. (2004) (che fanno riferimento al modello di evoluzione Galattica di Fenner & Gibson (2003)), entro l’errore di 0.01 dex, intrinseco al modello (che corrisponde al 20%).
Mediando i valori di Naab & Ostriker (2006), (NaO), con quelli di Linweaver et al. (2004), (Lin), si ottiene al momento attuale, un valore medio per il gradiente:Nel passato il gradiente di metallicità è più elevato (in valore assoluto) per entrambi i contributi che mediati portano a:

Tenendo conto sia della media fra i due lavori, sia dell’errore, si ottiene, come range per la posizione iniziale minima del Sole:

Possibile migrazione del Sole e GHZ

Vediamo mediante simulazioni (Kaib et al., 2011), i possibili percorsi (Figura 2) seguiti dal Sole durante la sua migrazione, causata (probabilmente) dall’interazione con i bracci a spirale della Galassia e sotto le condizioni date in Tabella 2.

Figura 2: distanza Galattocentrica in funzione del tempo per due casi analoghi al Sole nella simulazione eseguita da Kaib et al. (2011).
Entrambe le simulazioni mostrano un cambiamento della posizione del Sole durante la sua storia: uno oscillante tra 6 e 10 kpc (percorso A, sopra), mentre l’altro (percorso B, sotto) presenta una variazione maggiore, da una posizione più interna (3 kpc) all’inizio della storia del Sole, fino alla posizione Solare corrente.
L’origine nell’asse dei tempi corrisponde alla nascita del Sole.

Tabella 2: proprietà cinematiche del Sole (riga superiore) e criteri di selezione (riga inferiore) per l’analogo Solare scelto nella simulazione a t = 10 Gyr.
Le colonne sono (da sinistra a destra): nome delle stelle considerate, età, distanza dal centro Galattico, distanza dal piano mediano del disco, velocità peculiare radiale, tangenziale e verticale.

Entrambe le simulazioni (che iniziano alla nascita del Sole) mostrano due possibili modalità di migrazione del Sole durante la sua storia: uno oscillante tra 6 e 10 kpc (percorso A), mentre l’altro (percorso B) con una variazione maggiore, da una posizione iniziale più interna (3 kpc) fino alla posizione Solare corrente.
Abbiamo proiettato (Figura 3) sulla GHZ di Lineweaver et al. (2004) i percorsi plottati da Kaib et al. (2011): il movimento simulato del Sole, nel pannello di sinistra (percorso A), è compatibile con le condizioni di abitabilità, mentre non lo è il percorso B (pannello di destra), il quale mostra un moto del Sole in totale disaccordo con le esigenze della Vita. Infatti, l’ambiente della formazione e dell’evoluzione Solare è compromesso dalla metallicità troppo elevata e dall’effetto distruttivo dovuto alle emissioni di supernovae.
A questi effetti possiamo aggiungere quello della marea Galattica, dovuta al bulge, che risulta amplificata, per quasi 3 Gyr, di un fattore di circa 13.5, rispetto a quella che subisce il Sole a 8 kpc.

Figura 3: Possibili percorsi Solari per Kaib et al. (2011) sovrapposti alla GHZ Lineweaver et al. (2004).
Nel lato destro è mostrata un’evoluzione Solare in disaccordo con le condizioni di abitabilità, mentre il percorso Solare sul pannello di sinistra è compatibile con il sorgere della Vita, anche se la posizione iniziale non tiene conto della sovrametallicità Solare (De Biasi et al., 2015).

 

Possibili effetti benefici delle comete

È doveroso ricordare che gli impatti cometari non sempre sono «catastrofici», la loro pericolosità dipendendo molto da quando essi accadono; infatti, se è vero che nelle zone più interne della Galassia, le perturbazioni mareali generano variazioni forti sulle dinamiche cometarie (potendo dar luogo a iniezione cometaria verso i pianeti interni), è altresì vero che quelle stesse perturbazioni potrebbero essere l’origine della comparsa dell’acqua su di un pianeta con una storia simile a quella della Terra, prima della comparsa della vita, quindi assolutamente benefiche.
Anche se il problema della provenienza dell’acqua del nostro pianeta è tuttora aperto (si veda per esempio Galletta e Sergi, 2005; Fecchio, 2016), le comete contengono moltissima acqua (possono essere pensate come montagne di acqua) sia pure con un rapporto fra il deuterio e l’idrogeno (D/H) decisamente maggiore di quello dell’acqua degli oceani (per esempio nel caso della cometa 67P/Churyumov – Gerasimenko, tre volte maggiore) (Figura 4).
Di conseguenza, paradossalmente, un certo periodo nella zona più vicina al centro Galattico potrebbe incrementare il meccanismo di generazione dell’acqua in un pianeta, ammesso che questa sia davvero portata dalle comete.
La questione sembra essere piuttosto complicata e non ancora conclusa. Tuttavia, se così fosse, si dovrebbe, in un certo senso, rivalutare anche quei cammini Solari fin qui esclusi.

Figura 4: Rapporto D/H (deuterio su idrogeno) degli oceani terrestri (linea orizzontale), confrontato con quello di asteroidi, comete della Nube di Oort e della famiglia di Giove (fonte ESA) (Fecchio, 2016).

 

Abitabilità Cosmologica: COSH

Con tale termine non si intende, chiaramente, alcuna locazione privilegiata all’interno dell’Universo, data la validità del Principio Copernicano1, ma semplicemente: «L’insieme dei fatti che connettono i fattori che condizionano gli aspetti del Cosmo e la sua storia con i requisiti irrinunciabili per la Vita. Da tali fatti si deduce che il fenomeno Vita è fortemente dipendente da tali fattori».
Si tratta del Principio Antropico (Barrow & Tipler, 1986) Debole Riformulato (WRAP) (Secco, 2009). I fattori in oggetto possono essere condensati, in modo sia pur sommario, nei tre settori principali (Dallaporta e Secco, 1993):

  1. I valori delle varie costanti fisiche fondamentali.

  2. Le proprietà globali del cosmo, caratterizzanti la sua storia (come si espande, come fabbrica gli elementi, eccetera).

  3. La dimensionalità dello spazio.

Questi vanno poi legati ai requisiti irrinunciabili per la Vita già considerati nella Parte 1. Esemplificheremo schematicamente qualche aspetto dei punti a) e b), rimandando alla bibliografia citata quelli del punto c).

 

Costanti fisiche fondamentali

Ci riferiremo (Secco, 2017) soltanto alle costanti di accoppiamento2 delle quattro forze fondamentali (gravitazionale, elettromagnetica, debole, forte), indicate, rispettivamente, con: aG, a, aW, aS (Tabella 3) e ai loro valori attuali (ordinari) dell’energia.
Uno dei vantaggi di considerare le costanti di accoppiamento, sta nel fatto che le intensità delle forze corrispondenti, sono così espresse in termini adimensionali, permettendo il loro immediato confronto.
Risulta, attualmente (Tabella 3): aG 10-39, a 7.3 · 10-3, aW 10-5, aS 15.  In Figura 5 vengono dati gli andamenti delle costanti di accoppiamento per energie crescenti andando verso la singolarità.

Tabella 3: definizione e valori attuali delle costanti di accoppiamento per le quattro forze fondamentali della Natura. Sono anche indicati i bosoni mediatori di esse con massa a riposo, spin e range d’azione (Fecchio, 2016).

La prova avuta al Cern di Ginevra della unificazione elettro-debole e della sua rottura a circa 100 GeV, ci permette di prendere in seria considerazione l’altra possibile unificazione delle forze: debole, elettromagnetica e forte, come descritto dalla teoria della grande unificazione (GUT), che si romperebbe a circa 10-35sec, quando la densità di energia dell’universo valeva circa 1015GeV (vedi Figura 5)3.

Figura 5: andamento delle costanti di accoppiamento in funzione del tempo e dell’energia durante l’evoluzione cosmologica (vedi testo) con l’andamento del parametro di espansione nella parte superiore. L’epoca inflazionaria non viene considerata. (Lederman & Schramm, 1989).

A causa dell’espansione dell’universo, avviene una rottura spontanea della simmetria corrispondente a questa unificazione: la forza forte si separa dalla elettro-debole, assumendo una costante di accoppiamento pari, attualmente al valore dato per as.
A t 10-11sec, anche la simmetria elettro-debole si rompe così che le tre forze, inizialmente unificate, si differenziano da quel momento, in: elettromagnetica, con un valore della costante di accoppiamento, ora dato da a, e in quella debole caratterizzata ora dal valore dato per aw.
I valori che caratterizzano le forze, una volta avvenuta la loro differenziazione, sono cruciali all’epoca della nucleosintesi primordiale ( 200 sec). Infatti se aS crescesse solo dello 0.3%, si formerebbe anche il di-neutrone, mentre se aS / aS, fosse solo maggiore dello 3.4%, anche il di-protone si formerebbe. Se invece aS / aS diminuisse meno del 9%, il nucleo del deuterio non sarebbe legato (Davies,1972 in Barrow & Tipler, Chapt. 5, 1986).
Queste piccole variazioni potrebbero avere conseguenze catastrofiche per la Vita. Per esempio, se non si lega il deuterio, la ricaduta sulla nucleosintesi degli elementi necessari per l’intero sviluppo della Biologia sarebbe notevole perché «un anello chiave nella catena delle nucleosintesi verrebbe a mancare» (Barrow & Tipler, Chapt. 5, 1986).
Se invece l’interazione forte fosse solo appena più forte, lo stato legato stabile del di-protone avrebbe come conseguenza che: «tutto l’idrogeno nell’universo sarebbe stato bruciato nel formare 2He (di-protone) durante le prime fasi del Big Bang e non esisterebbero, al giorno d’oggi, composti con l’idrogeno né stelle stabili di lunga durata» (Barrow & Tipler, Chapt. 5, 1986).
Infatti, le reazioni nucleari di formazione del 4He avrebbero trovato un canale circa 1018 volte più veloce, in confronto a quello senza la formazione del di-protone. La riserva di idrogeno sarebbe stata rapidamente esaurita non permettendo, per esempio, la formazione dell’acqua.
Inoltre la stabilità di un nucleo di numero di massa A e numero atomico Z, è imperniata su di un sottile rapporto fra l’intensità della forza elettromagnetica e di quella forte, nel modo seguente:

«In modo che, se l’interazione electromagnetica fosse più elevata (a maggiore) o l’interazione forte un pò più debole (aS minore), oppure entrambe, allora nuclei biologicamente essenziali, come il Carbonio, non esisterebbero in natura» (Barrow & Tipler, Chapter 5, 1986).
Queste sono solo poche esemplificazioni di una collezione enorme di esempi riportati nella bibliografia citata.

 

Le proprietà globali dell’universo e della sua storia

Ricordiamo almeno un’altra delle sorprendenti strettoie, attraverso le quali la storia evolutiva dell’Universo è costretta a passare, per poter produrre la quantità notevole di carbonio che la Vita richiede (Secco, 2017).

Nucleosintesi del carbonio e dell’ossigeno
Ciò avviene non appena la nucleosintesi, dentro la prima generazione di stelle, trasforma tre nuclei di elio in un nucleo di carbonio, come segue: 34He 12C.  Inizialmente due nuclei di elio collidono producendo un nucleo di 8Be. Ma questo nucleo è instabile e decadrebbe in 10-7 sec se non catturasse prima un terzo nucleo di elio in modo da fondersi in 12C.
Questa catena di reazioni, alla temperatura di circa 108K, non produrrebbe abbastanza carbonio per la Vita se l’ultima reazione non fosse risonante. Questo significa che esiste un livello di energia del nucleo di 12C circa uguale all’energia intrinseca dei due nuclei 8Be +4He più l’energia cinetica media tipica di collisione alla temperatura di 108K, in modo che la rate dell’ultima reazione possa crescere fortemente.
Questo livello energetico di risonanza esiste infatti e corrisponde a 7.6549 MeV, come F.Hoyle aveva previsto fin dal 1954. Successivamente questo canale risonante è stato verificato, in laboratorio, da W.A.Fowler, meritandogli, anche per questo, il Nobel nel 1983 (Reeves, 1991, pg.61; Ortolan & Secco, 1996). È interessante notare come questo rappresenti anche un esempio di capacità predittiva del WRAP, come in effetti si addice a un reale Principio della Fisica.
È da notare, inoltre, che la reazione successiva a questa, vale a dire quella del bruciamento del carbonio che produce l’ossigeno, deve essere ben modulata ma, questa volta in senso opposto. Infatti la reazione:

12C + 4He + 16O +

non deve essere risonante. Se lo fosse, tutto il carbonio si trasformerebbe in ossigeno. Fortunatamente non lo è, anche se un livello risonante per il nucleo di ossigeno esiste, ma a una energia leggermente minore, 7.1187 MeV.
In questo modo vengono prodotte quantità confrontabili di carbonio ed ossigeno in modo da rendere molto comune la molecola CO. Di conseguenza la formaldeide H2CO risulta come semplice associazione di due delle molecole più comuni nell’Universo: (H2 e CO).
A loro volta le molecole:

H2COnzuccheri e carboidrati

sono molto facili da essere costruite (Hoyle, 1991). Notiamo, infine, che i livelli energetici nucleari sono fortemente dipendenti dai valori delle costanti di accoppiamento a e aS. Se a variasse più del 4% oppure  aS più dello 0.4%, la produzione del carbonio e dell’ossigeno cambierebbero di un fattore compreso fra 30÷1000 (Barrow, 2003).

 

Conclusione

Il quadro generale che emerge è il seguente: la Vita ci connette con l’intero Universo la cui evoluzione non è un insieme, spesso intricato, di fenomeni fisici di grande interesse scientifico, ma apparentemente a sé stanti.
C’è una sintonia fine che la permea fin dall’inizio, perché la Vita, molto più tardi, possa apparire. In un certo senso essa ci appare come potrebbe apparire una partita di calcio senza pallone (Secco, 2017). Inoltre le esigenze della Vita chiedono che almeno tutte le condizioni di abitabilità considerate sia nella Parte 1 che nella Parte 2, siano soddisfatte insieme.
Ci sono allora solo due considerazioni possibili, già individuate con chiarezza da Fred Hoyle (1959): si tratta di «una mostruosa sequenza di accidenti», oppure «…le (mie) stranezze apparentemente casuali sono diventate parte di uno schema profondo»4.
Nel primo caso la probabilità della Vita come evento composto da eventi compatibili ed indipendenti tende a zero, ma poiché noi ci siamo non può trattarsi che del secondo caso. Ciò che più meraviglia è che non ci si meravigli!
Invece è davvero sorprendente come, semplicemente a partire da ciò che ognuno sperimenta, vale a dire la propria Vita, si possa intraprendere un viaggio scientifico così maestoso che coinvolge sia il micro- che il macro-cosmo portando a scoprire quanto fine e complessa sia l’architettura entro cui è incastonata, come pietra preziosa la Vita.
La trascendenza della Realtà è già qui, è a portata di mano. La valenza più profonda della Scienza sta proprio in questo rimando a una dimensione che la sovrasta e che lo scientismo vorrebbe inutilmente cercare di toglierle.

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Marco Fecchio, Luigi Secco, Francesco Marzari
(Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università degli Studi di Padova – marco.fecchio84@libero.it, luigi.secco@unipd.it, francesco.marzari@pd.infn.it)

Note

  1. Il quale afferma: “Noi non siamo in alcun modo degli osservatori privilegiati dell’Universo che appare a noi più o meno come apparirebbe a qualsiasi altro osservatore posto in qualsiasi altro punto” (v.,Ortolan e Secco, 1996).

  2. In realtà non sono delle costanti ma dipendono dal valore dell’energia a cui sono riferite (v. Figura 5).

  3. Valore ben lontano da essere realizzato in alcun acceleratore attualmente esistente

  4. …then my apparently random quirks have become part of a deep-laid scheme. If not then we are back again at a monstrous sequence of accidents.”

Note Bibliografiche

  1. Barrow J., I numeri dell’universo, Ed. Oscarmondadori, 2003.

  2. Barrow J. D. and Tipler F. J., Il principio antropico (1986), Traduzione di Nicodemi F., Ed. Adelphi, 2007.

  3. Binney J. and Tremaine S., Galactic Dynamics, Second edition, Princeton Series in Astrophysics, 2008.

  4. De Biasi A., Tesi di Laurea Magistrale: Effetti Mareali della Galassia su orbite di proto comete della Nube di Oort, Relatore: Secco. L., Dipartimento di Astronomia di Padova, 2010.

  5. De Biasi A., Secco L., Masi M. and Casotto S., Galactic planar tides on the comets of Oort Cloud and analogs in different reference systems, A&A, N. 574, A98, 2015.

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  8. Galletta G. and Sergi V., Astrobiologia, le frontiere della vita, Ed. Hoelpi, 2005.

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© Pubblicato sul n° 68 di Emmeciquadro

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