Le specie di organismi viventi presenti oggi sulla Terra e quelle scomparse sono l’esito di trasformazioni morfologiche e funzionali avvenute dalla comparsa della vita sulla Terra, trasformazioni che non intaccano il legame ultimo di parentela che lega tra loro tutti i viventi presenti e passati.
In queste parole sta il concetto di evoluzione biologica, il percorso storico dei viventi dentro il quale gli organismi oggi presenti sulla Terra discendono da antenati vissuti nei tempi passati fino a una o poche forme iniziali: una discendenza con modificazioni come formulato per la prima volta in modo sistematico da Charles Darwin (1809-1882) ne L’origine delle specie del 1859.
Molte discipline, la geologia, la paleontologia che studia gli animali e le piante, vissuti sulla Terra in epoche trascorse, attraverso i loro resti fossili, la botanica e zoologia sistematica, l’anatomia comparata, la genetica, la biologia molecolare, l’ecologia concorrono a studiare la storia della vita sulla Terra, e le prove a favore dell’evoluzione degli organismi viventi sono tali che l’evoluzione stessa si deve considerare un fatto, molto più che un’ipotesi.
La ricerca oggi si concentra sul percorso storico dei viventi, sui meccanismi che operano nelle trasformazioni, sulle forze che dirigono l’evoluzione nell’intento di formulare teorie che compiutamente spieghino il come e il perché dell’evoluzione. La cosiddetta «sintesi moderna», elaborata originalmente da un gruppo di genetisti, sistematici, paleontologi, a cavallo degli anni Trenta-Quaranta del secolo scorso, è la teoria corrente della biologia evoluzionista. La «sintesi» riunisce i concetti base darwiniani con gli sviluppi delle conoscenze derivate dalla genetica mendeliana classica e i successivi aggiornamenti, e afferma che l’evoluzione biologica risulta dalla selezione naturale che conduce alla lenta, cumulativa, graduale sopravvivenza non casuale di mutazioni geniche casuali.
La ricerca scientifica più recente ha modificato in parte i pilastri della teoria. Una prima importante modifica deriva dall’applicazione delle tecnologie moderne che documentano come la forma/funzione (il cosiddetto fenotipo) di un organismo sia il prodotto non della somma delle azioni di tanti geni; il network, l’insieme del genoma, è in realtà quello che opera. Inoltre, la rilevanza e diffusione nei viventi della plasticità fenotipica (quante forme diverse può assumere un determinato genotipo quando esposto ad ambienti diversi) porta a una concezione non deterministica del genoma, ma a una concezione dove i geni e il genoma contengono l’informazione per fare strumenti e non prodotti. Cosa fare con gli strumenti messi a disposizione dal genoma dipende dall’ambiente in cui l’organismo si sviluppa e vive, e dalla storia dei suoi predecessori.
L’informazione trasmissibile alla progenie non è solo l’informazione contenuta nel DNA, ma vengono trasmesse anche le informazioni acquisite durante la vita dell’individuo come l’informazione epigenetica sul DNA e su altre molecole (per esempio i prioni) e, in proporzione di gran lunga predominante nei livelli evolutivi più elevati, l’informazione culturale mediata da apprendimenti non imitativi o imitativi e da linguaggi simbolici. E ancora, la variazione (mutazione) dell’informazione trasmissibile a livello del DNA è casuale, ma anche non casuale.
É evidente quindi che la «sintesi moderna» va integrata, allargata, resa più ricca e sofisticata in modo tale da includere la pluralità di modalità di organizzazione e trasmissione dell’informazione biologica che si riscontra man mano che si sale nella scala evolutiva.



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Carlo Soave (Università degli Studi di Milano)© Rivista Emmeciquadro

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