Dopo un sintetico
excursus sulla trasmissione dei caratteri, da Virchow alla Sintesi Moderna, sottolineando la visione genocentrica alla base di queste teorie, l’autore illustra i principi chiave dell’epigenetica, teoria ormai ampiamente documentata in tutte le specie viventi.
Una visione «rivoluzionaria», perché l’eredità epigenetica, ossia la «trasmissione a generazioni successive di cellule o organismi di variazioni fenotipiche che non traggono origine da variazioni nella sequenza in basi del DNA», sancisce il fatto che nelle cellule (anche nei gameti) possano esistere diversi modi di disporre dello stesso corredo di istruzioni genomiche.
Così, l’eredità epigenetica cellulare e l’eredità epigenetica transgenerazionale, ultimamente riferibili alle interazioni tra molecole o tra processi metabolici, testimoniano ancora una volta la meravigliosa complessità del mondo vivente.
La vita è una storia drammatica che procede ininterrotta da miliardi di anni. Ogni vivente è radicato in questa storia con tutto ciò che è, da essa trae forma e materia, e nello stesso tempo contribuisce al suo svolgersi verso sbocchi futuri non prevedibili.
La famosa espressione di Rudolf Virchow (1821-1902), Omnis cellula e cellula, sancì, in pieno XIX secolo, che tutti gli esseri viventi sono formati da una o più cellule e che ognuna di esse deriva da una cellula preesistente. Anche nel caso degli organismi pluricellulari più grandi e complessi, le molte migliaia di miliardi di cellule che li costituiscono sono tutte riconducibili a una singola cellula originaria, a sua volta generata a partire da cellule preesistenti (prodotte attraverso la linea germinale di organismi pluricellulari della stessa specie).
Non ci si stupirà mai abbastanza dei modi in cui le innumerevoli diramazioni della storia dei viventi hanno innervato la massa morta del mondo radicandola nel terreno di un senso, né dei percorsi attraverso i quali ognuno di noi è diventato quello che è a partire da una singola cellula del diametro di un decimo di millimetro. «Il concetto di embrione è qualcosa di sbalorditivo. Come embrione, ti sei dovuto costruire a partire da una singola cellula. Hai dovuto respirare prima di avere dei polmoni, digerire prima di avere un intestino, costruire ossa quando eri molle, e formare insiemi ordinati di neuroni prima di sapere come si pensa.
Una delle differenze cruciali fra te e una macchina è che a una macchina non è mai chiesto di funzionare fino a quando non sia stata costruita. Ogni organismo pluricellulare deve funzionare anche mentre costruisce se stesso». (¹).
Negli organismi pluricellulari, l’eredità biologica è ciò che garantisce la continuità storica sia fra cellule che concorrono a costituire lo stesso organismo sia fra le diverse generazioni di organismi della stessa specie. In questo secondo caso la continuità è garantita dalle cellule della linea germinale. Tale idea fondamentale fu introdotta da August Weismann (1834-1914) il quale, alla fine del XIX secolo, sostenne che solo la sostanza ereditaria delle cellule germinali è ereditabile e che le cellule di tutte le altre parti del corpo dei genitori (riunite sotto il termine generico di soma) non contribuiscono all’eredità biologica. (²).
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Giorgio Dieci(Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale. Università degli Studi di Parma)Note(¹)
Scott F. Gilbert and Michael J. Barresi (2018). “Developmental biology”, Oxford University Press.
(²) Per una trattazione succinta e ben documentata, v. Zou, Yawen, “The Germ-Plasm: a Theory of Heredity (1893), by August Weismann”. Embryo Project Encyclopedia (2015-01-26). ISSN: 1940-5030 http://embryo.asu.edu/handle/10776/8284.