Sono abbastanza emozionato nel dover dare inizio a un dibattito su un tema così importante e anche ambizioso. Sono questioni molto impegnative e io posso solo offrire qualche spunto, che nasce dalla mia esperienza personale di ricerca; non sono certo in grado di prendere di petto queste domande e tentare una analisi completa.
Il campo di ricerca di cui mi occupo è l’astrofisica e in particolare la cosmologia, quindi lo studio dell’Universo nel suo insieme, del mondo naturale nella sua totalità, alla ricerca delle leggi nascoste nel moto incessante della realtà fisica; è uno studio che poi si connette con le ricerche che si svolgono qui al CERN: la ricerca dei costituenti ultimi della materia e del nesso che c’è tra tutte queste realtà.
La prima cosa che vorrei dire è che personalmente sono sempre più colpito, e sempre più entusiasta, nel cogliere la vastità e l’unitarietà del mondo: è straordinario vedere che per noi è possibile, per qualche ragione, indagare la realtà fino a livelli anche molto distanti dalla nostra esperienza normale, diretta; e vedere che ciò avviene attraverso un linguaggio particolare, che nel nostro caso è la matematica.
Vorrei illustrare con qualche esempio quello che ho appena detto.
Qualche anno fa, con gli amici di Euresis, abbiamo preparato una mostra, tra le numerose che abbiamo presentato al Meeting di Rimini, che aveva come scopo di illustrare le estremità del mondo fisico così come vengono guardate dalla scienza; abbiamo esaminato alcune coppie di estremi opposti: il micro e il macro (quindi particelle e cosmologia), le alte temperature e lo zero assoluto, il vuoto e le densità estreme.
Abbiamo mostrato come possiamo allontanarci in modo straordinario dalla nostra esperienza diretta, facendo esperienza in modi diversi.
Per esempio, sull’asse piccolo-grande si può vedere come l’uomo nella sua storia è andato espandendo i confini del mondo conosciuto: dal V secolo a.C. quando Eratostene in modo geniale misura il raggio della Terra; e poi Aristarco che stima la distanza Terra – Sole; poi, dopo un lungo intervallo senza particolari ampliamenti, si arriva a Galileo che introduce uno strumento che permette di stimare la distanze degli oggetti celesti più vicini e poi via via le ulteriori misure, fino a Hubble che misura la prima distanza extra-galattica; per arrivare all’oggi, quando misuriamo letteralmente i confini dell’Universo.
Da Galileo a oggi, in quattrocento anni, la vastità del mondo conosciuto si è ampliata di qualcosa come un milione di miliardi di volte. È inimmaginabile quanto è grande la nostra capacità di esplorare la realtà.
ai al Video con l’intervento completo di apertura del Convegno
(Durata Video: 50 minuti)
Marco Bersanelli
(Professore Ordinario di Astronomia e Astrofisica all’Università degli Studi di Milano)