L’inflazione inizia a far paura: ad agosto in Eurozona è salita al 9,1% e in Italia al 9%, livelli che nel nostro Paese non si registravano da oltre 36 anni. Oltre metà (52,6%) dell’aumento dei prezzi deriva dall’incremento del 44,9% dei prezzi dei beni energetici. Per rallentare la crescita dei prezzi, oggi il Consiglio della Bce valuterà un ulteriore rialzo dei tassi, dopo che la Fed ha assunto un marcato orientamento restrittivo.



Va ricordato che se la politica monetaria può essere efficace per contenere l’inflazione da domanda, lo è molto meno per quella da costi, dominata dalle distorsioni dell’offerta di energia causate dalla guerra. La riduzione della domanda indotta dall’aumento dei tassi di interesse colpisce gli investimenti e il mercato immobiliare, aumentando la spesa pubblica per interessi; il boom del costo delle bollette dell’energia spiazzerà i consumi di beni non energetici e dei servizi.



Si compromette la migliore reattività dell’economia italiana che nel secondo trimestre del 2022 ha segnato un aumento del Pil dell’1,1% rispetto al trimestre precedente, il doppio della media dell’Eurozona (+0,6%), facendo meglio del +0,5% della Francia e della crescita zero della Germania. La frenata in corso dell’economia italiana è delineata dai segnali statistici pubblicati nelle ultime settimane.

Il quadro è dominato dall’escalation del prezzo del gas europeo (Ttf), ormai letteralmente fuori controllo e gli ulteriori rialzi causati dalla chiusura del Nord Stream 1 rendono la situazione drammatica. La pressione dei prezzi del gas, fonte dominante nel mix di generazione elettrica in Italia, si ribalta sulle bollette elettriche. Ad agosto il prezzo all’ingrosso dell’elettricità (Pun) è salito a 543 euro per MWh, il 383,1% in più rispetto ad agosto 2021; nei primi sei giorni di settembre il prezzo rimane sui 512 euro per MWh.



Il costo dell’energia elettrica per le micro e piccole imprese in dodici mesi è salito di 21,1 miliardi di euro; nel caso di un consolidamento dei prezzi di luglio e agosto negli ultimi quattro mesi dell’anno, nel 2022 le micro e piccole imprese pagherebbero per l’elettricità 42,2 miliardi di euro in più rispetto al 2021, un impatto superiore a dieci punti (10,9%) del valore aggiunto delle Mpi. Una diffusione di lockdown energetici e la chiusura di attività conseguente all’insostenibile costo per l’energia farebbe scivolare in recessione l’economia italiana; un’interruzione del gas dalla Russia, secondo lo scenario avverso contenuto nell’ultimo Bollettino economico di Banca d’Italia, comporterebbe nel 2023 una contrazione del Pil di quasi 2 punti percentuali.

Servono urgenti interventi a livello europeo e nazionale. Dopo aver annunciato una manovra da 65 miliardi di euro, la Germania porta gli interventi per contenere il caro energia al 3,5% del Pil; il monitoraggio di agosto di Bruegel indica interventi del 2,8% del Pil in Italia e dell’1,8% in Francia. L’elevato debito pubblico e la fine della legislatura condizionano l’ampiezza del nuovo intervento in Italia che sarà varato nei prossimi giorni, tratteggiando un pericoloso scenario di politiche economiche pro-cicliche.

Pur in un contesto di rallentamento della crescita dei prezzi dei carburanti (+14,2% ad agosto, era +26,3% a luglio), l’accelerazione subita dai prezzi di gas ed elettricità a fine agosto si riverbera anche sul costo del gasolio: dal 22 agosto al 5 settembre 2022 il prezzo al self-service elaborato da QE-Quotidiano Energia è salito del 5,1% per il gasolio a fronte di un calo dello 0,2% per la benzina.

Come anticipato nella segnalazione dell’Arera di fine luglio, sulla base dell’evoluzione dei prezzi estivi, per il trimestre ottobre-dicembre 2022 è atteso un ulteriore incremento delle bollette del gas per le famiglie, superiore al 100% rispetto al terzo trimestre dell’anno. Come l’Autorità indica, “tali costi risulterebbero difficilmente sostenibili per tutti i consumatori, non solo domestici, con potenziali ripercussioni sulla tenuta dell’intera filiera”.

Ad agosto l’indice di fiducia delle imprese diminuisce per il secondo mese consecutivo, segnando una flessione dell’1,2% e collocandosi su un livello prossimo a quello medio del primo quadrimestre dell’anno. Ritornano sui livelli dell’autunno 2020 sia le attese sull’economia italiana delle imprese manifatturiere che l’indicatore ciclico ITA-coin della Banca d’Italia.

La pressione dei costi energetici frena la domanda delle famiglie. Le vendite al dettaglio in volume segnano una flessione congiunturale sia nel primo che nel secondo trimestre di quest’anno, rispettivamente del -0,8% e del -0,3%.

A giugno 2022 la produzione manifatturiera diminuisce del 2,2% rispetto a maggio; nonostante questa frenata, nel secondo trimestre 2022 l’attività manifatturiera in Italia aumenta dell’1,4% rispetto ai tre mesi precedenti, il doppio della media Ue 27, una performance migliore rispetto alla stazionarietà della Francia e al calo dello 0,8% della Germania.

 

Le forti tensioni sui costi per materie prime ed energia si ripercuotono sui listini prezzi delle imprese: a luglio i prezzi alla produzione della manifattura no energy salgono del 12,8% rispetto un anno prima.

A giugno 2022 il volume dell’export manifatturiero segna un calo del 2,1% rispetto a giugno 2021, mentre nel complesso nei primi sei mesi del 2022 il volume delle esportazioni registra un aumento del 2%.

Negli ultimi dodici mesi (luglio 2021-giugno 2022) il saldo del commercio estero dell’Italia è peggiorato di 66,9 miliardi di euro rispetto ai dodici mesi precedenti, di cui il 76,6% è determinato dall’aumento di 51,3 miliardi di euro della bolletta energetica, che arriva al massimo storico del 4,1% del Pil.

A maggio 2022 le entrate turistiche sono state pari a quasi cinque volte (+372,5%) quelle dell’anno precedente. Anche grazie al buon andamento del turismo, nel secondo trimestre del 2022 le esportazioni di beni e servizi in Italia salgono del 2,5% rispetto al trimestre precedente, a fronte della crescita dello zero virgola registrata in Francia (+0,9%) e Germania (+0,3%).

Sul fronte del mercato del lavoro, a luglio 2022 l’occupazione cala dello 0,1% rispetto a giugno, frutto della combinazione tra una flessione dello 0,2% sia per i dipendenti permanenti che per gli indipendenti e di un aumento dello 0,4% per i dipendenti a termine; si delineano gli effetti dell’incertezza generata dal proseguimento della guerra, dalla fine anticipata della legislatura e dagli effetti della crescita dei prezzi.

Un aumento delle cessazioni di attività causate dagli insostenibili costi dell’energia aggraverebbe la crisi del lavoro autonomo innescata dalla pandemia: da febbraio 2020 a luglio 2022 l’occupazione indipendente segna un calo di 225mila unità a fronte dell’incremento di 404mila occupati dipendenti.

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