Le rinnovabili, e in particolare l’energia solare, continueranno per lungo tempo a essere una risposta “marginale” al problema energetico, oppure saranno in grado nei prossimi decenni di prendere la guida della produzione energetica globale sino ad arrivare – come il Wwf ha sostenuto nel suo recente Energy Report – a coprire il 100% del fabbisogno mondiale entro il 2050? Probabilmente la verità sta nel mezzo. Una cosa però è certa: la direzione intrapresa è irreversibile. E se ne possono osservare gli esiti anche in Italia.
Nel 2008 le rinnovabili coprivano il 16,7% della richiesta di energia elettrica in Italia. Nel 2010 questa fetta è salita al 22,8%. Protagonista indiscusso di questa crescita impetuosa è il fotovoltaico. Nel mese di ottobre 2011, il fotovoltaico da solo ha coperto il 4,9% della produzione italiana di energia elettrica (era allo 0,1% nel 2008). Il 2011 sarà per il nostro Paese un anno record: per la prima volta l’Italia sarà il Paese al mondo con la maggior potenza fotovoltaica installata nel corso dell’anno, superando la Germania che da tantissimo tempo deteneva indisturbata questo primato.
Eppure, nonostante questa avanzata travolgente, il mercato del fotovoltaico sta attraversando un momento di grandi cambiamenti, anche drammatici. Molte aziende sono in gravi difficoltà. I big player quotati sulle principali borse americane, europee e asiatiche hanno chiuso trimestrali con utili ridotti all’osso se non addirittura in perdita. Altri stanno cercando di recuperare redditività mettendo mano a razionalizzazioni e licenziamenti. Cosa ha portato il mercato in questa centrifuga?
Negli ultimi anni i tassi di crescita delle installazioni fotovoltaiche sono aumentati oltre ogni aspettativa. A cavallo tra 2009 e 2010 si era verificato uno shortage di enormi dimensioni. La produzione mondiale di celle e moduli fotovoltaici non era in grado di reggere la domanda del mercato. Le aziende leader si distinguevano per la capacità di assicurarsi forniture costanti; e intanto la scarsità di prodotto apriva le porte all’arrivo di tante aziende che portavano dal Far East prodotti spesso di dubbia qualità. È in questa situazione che i principali nomi dell’industria del fotovoltaico decidono di mettere mano agli investimenti per potenziare la capacità produttiva di celle, moduli e inverter. Dovunque (Italia compresa) vengono realizzate nuove linee. La parola d’ordine è “produzione integrata”, cioè realizzare linee in grado di coprire tutte le fasi di lavorazione, dai wafer di silicio al modulo finito.
Ma improvvisamente, nella primavera del 2011, il mercato si blocca. Le due piazze più importanti, Germania e Italia, subiscono una frenata dovuta alla rimodulazione verso il basso delle tariffe incentivanti del Conto Energia. Un anno fa i due paesi coprivano circa metà del business mondiale del fotovoltaico. E quindi non basta la crescita di altri mercati (Usa, India, Cina, ecc.) a compensare il rallentamento di Italia e Germania. A questo punto la situazione si inverte: la domanda rallenta e il mercato non è più in grado di assorbire i nuovi volumi di produzione. Molte linee produttive appena inaugurate restano ferme. Chi si è riempito i magazzini di merce temendo un nuovo shortage, si trova in difficoltà. I prezzi cominciano a scendere e non si arrestano più. Ma sono soprattutto i margini a essere messi sotto pressione.
In Italia, inoltre, viene lanciato un nuovo Conto Energia che presenta pesanti tagli delle tariffe incentivanti per i grandi impianti a terra. Questa decisione raffredda e allontana i grandi investitori, che negli anni precedenti avevano rovesciato sul fotovoltaico italiano valanghe di denaro potendo contare su un rapido e generoso rientro. Il nuovo Conto Energia stabilisce inoltre tagli progressivi agli incentivi, che da giugno a dicembre 2011 cambiano ogni mese. Per gli impianti fotovoltaici più complessi, non c’è più certezza sulla tariffa alla quale si potrà avere accesso; e per le banche diventa difficile finanziare progetti dove un elemento importante del business plan rimane incerto. I finanziamenti del credito arrivano solo a impianto realizzato: una situazione che blocca al palo tantissimi progetti; regge solo chi dispone di equity. È questo lo scenario con cui si chiude un turbolento 2011.
Insomma, se sino a pochissimo tempo fa il mercato italiano del fotovoltaico era in grado di regalare fatturati, margini e sviluppo a tutte le aziende e i professionisti che vi investivano, ora la situazione è più difficile. Si è innescato un processo di selezione che farà certamente molte vittime. Qualcuno ha addirittura sentenziato che il fotovoltaico fosse una “bolla” e che questa bolla ormai sia scoppiata. Ma queste sono stupidaggini.
Tramontata l’era del nucleare, le rinnovabili sono un passaggio obbligato verso l’obiettivo europeo del 20-20-20. E tra le rinnovabili, l’energia solare è ancora quella più promettente. L’unica capace di svilupparsi su un modello di “generazione distribuita” che può trasformare ogni casa, ogni condominio, ogni capannone, ogni superficie coperta in un punto di produzione di energia pulita. In Germania sono attivi circa 1 milione di impianti solari. In Italia (cioè nel “Paese del sole”) siamo soltanto a 300mila. Ce n’è ancora tanta di strada da fare…
L’anno prossimo si stima che in Italia verranno installati tra i 2,5 e i 3 GW di potenza fotovoltaica. È un passo indietro rispetto ai 7-8 GW installati negli ultimi 12 mesi. Ma nel 2010 erano stati installati 2,3 GW. E nel 2009 0,7 GW. Queste cifre ridanno il senso di una curva di crescita che nel 2011 ha avuto un “brutto” picco verso l’alto (di cui oggi si pagano le conseguenze) ma che fa del fotovoltaico un attore ormai irrinunciabile (e pulito) del futuro energetico del nostro Paese e del pianeta intero.