Dopo varie bozze, in verità molto poche apocrife, e dopo quasi 5 lustri dal quinto e ultimo Piano energetico nazionale (Pen), il Ministero dello sviluppo economico, il 16 ottobre scorso, ha posto in consultazione la bozza finale della Strategia energetica nazionale (Sen). Il corposo documento (114 pagine) mira a tratteggiare le scelte energetiche dei prossimi decenni, per quanto l’orizzonte di riferimento principale sia il 2020. Riduzione dei costi energetici, pieno raggiungimento e superamento di tutti gli obiettivi europei in materia ambientale, maggiore sicurezza di approvvigionamento e sviluppo industriale del settore energia: questi i quattro obiettivi del documento.  Per raggiungerli sono state fissate sette priorità. Tra queste, ci soffermiamo sul mercato del gas, ricordando che le osservazioni e le risposte ai 24 quesiti specifici che accompagnano la Strategia possono essere fatte da chiunque entro il 30 novembre, semplicemente collegandosi al sito del Ministero.



«La promozione di un mercato del gas competitivo, integrato con l’Europa e con prezzi a essa allineati, e con l’opportunità di diventare il principale hub sud-europeo» è la seconda delle priorità individuate nella Sen, elemento chiave per consentire al Paese di recuperare competitività e migliorare sul piano della sicurezza. L’idea dell’hub, se da un lato non è per nulla nuova, dall’altro poggia su solide argomentazioni, quali la favorevole posizione geografica e il peso del gas naturale nelle produzione dell’energia elettrica (maggior disponibilità di gas dovrebbe tradursi in prezzi meno onerosi).



Elemento chiave per un futuro hub sono senz’altro i rigassificatori di Gnl (Gas naturale liquefatto). La maggior offerta di gas liquefatto, infatti, oltre a contendere spazi al tradizionale approvvigionamento via tubo, produce due conseguenze rilevanti: accresce la liquidità e l’importanza dei mercati spot e contribuisce all’integrazione globale. L’Italia, fino a oggi, ha potuto beneficiare ben poco di quest’abbondanza e dei conseguenti prezzi convenienti, in realtà anche a causa della cronica difficoltà di accesso ai gasdotti internazionali per gli aspiranti importatori italiani.



A nostro avviso, però, prima di prendere impegnative decisioni d’investimento, sarebbe opportuno chiedersi perché i vari attori del mercato non stanno realizzando queste infrastrutture, peraltro già molto incentivate, o le stanno realizzando molto lentamente. Forse perché non convengono, per via di una domanda destinata a rimanere molto modesta?

Forse anche per questo, nella Strategia, si prevede la realizzazione di Infrastrutture strategiche, realizzabili con garanzia di copertura dei costi d’investimento a carico del sistema, per assicurare nel medio periodo sufficiente capacità di import e di stoccaggio, anche per operazioni spot. Queste beneficeranno anche di iter autorizzativi accelerati e verranno selezionate attraverso procedure pubbliche basate su criteri trasparenti di costo-beneficio per il sistema, «assicurandosi che i miglioramenti attesi in termini di competitività di prezzo e di sicurezza di approvvigionamento siano ampiamente superiori rispetto agli eventuali costi a carico del sistema».

Quello che però manca nella Sen, e crediamo che si tratti di una grave mancanza, è la quantificazione di questa necessità addizionale e più in generale un’approfondita analisi di scenario sulle prospettive della domanda, senza la quale non comprendiamo come si possa ragionare sull’adeguatezza dell’offerta.

Parimenti sfuggente ci pare la scelta delle Infrastrutture strategiche – quale sarà la modalità? – dato che il mercato del gas naturale già da tempo è liberalizzato; manca, ad esempio, un riferimento alla procedura di Open Season (consultazione di mercato), già frequentemente adottata in Europa, proprio per la selezione delle infrastrutture. Particolarmente ostico, inoltre, ci pare il tema degli iter autorizzativi accelerati di cui beneficerebbero le infrastrutture giudicate strategiche: l’ultima esperienza in tal senso è stata quella dei cosiddetti Commissari sblocca-reti per due volte bocciati dalla Corte Costituzionale: in quel caso, reti e centrali venivano individuate come “urgenti” dal Governo.  

Gli aspetti giuridici, peraltro, rischiano di inficiare l’intero contenuto della Sen. Non vorremmo essere tacciati come profeti di sventura, però, ammesso che tutto vada per il meglio, la Strategia energetica nazionale avrà forma e valenza di un atto amministrativo e, come tale, suscettibile d’impugnazione presso il Tribunale amministrativo. Il livello di contenzioso italiano è noto a tutti, e il settore energetico non fa eccezione, anzi.

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