Uno dei punti deboli dell’Italia, sia per gli effetti che ha sulle tasche dei cittadini, sia per l’impatto sui costi di produzione delle imprese, resta il prezzo dell’energia, che è ormai da tempo superiore alla media europea. Per Enrico Morando, Senatore del Partito democratico e membro della Commissione Bilancio e Programmazione economica, l’Italia può puntare all’attuazione di un piano energetico che può contribuire a diminuire lo squilibrio della nostra bilancia commerciale (dato il peso dell’import in questo settore) e a fare dell’Italia un hub europeo del gas.



Senatore, ci troviamo nel pieno di una crisi economico-finanziaria: che ruolo può avere avuto il settore energetico nel determinarla e quale invece potrebbe avere per favorire una ripresa?

Se parliamo della Grande Recessione 2008-2009 e della lunga fase di quasi stagnazione che l’ha seguita, nell’economia globale, non credo che il settore energetico sia stato uno dei fattori determinanti. Tutto è nato dall’enorme squilibrio tra paesi in grave deficit commerciale ed elevatissimo debito pubblico o privato (Usa) e paesi con enorme attivo commerciale ed elevatissimo risparmio, pubblico e privato (Cina e gli altri emergenti). Per l’Italia, le cose stanno un po’ diversamente: nello squilibrio delle nostre partite correnti, il settore energetico gioco un ruolo rilevante. Anche per questo, l’attuazione di un equilibrato piano energetico, volto a un maggiore risparmio, a incentivare ulteriormente il ricorso alle fonti rinnovabili e a migliorare il funzionamento dei mercati (gas), può contribuire a uscire dalla crisi.



Dopo che lo scorso anno il referendum ha fermato l’opzione nucleare, come dovrebbe essere affrontata la scelta delle fonti per produrre elettricità nei prossimi anni?

Il mercato del gas è ancora caratterizzato dalla presenza di un soggetto dominante. Ora, con la separazione proprietaria di Rete gas da Eni, finalmente disposta dal Governo Monti, ci siamo messi in grado di rendere il mercato del gas più aperto. Di più: dopo la separazione, la Rete gas potrà fondersi con Terna, costruendo un soggetto industriale di livello europeo, capace di portare una sfida competitiva anche fuori dall’Italia. E potremmo diventare – con modesti investimenti – l’hub europeo del gas. Sulle rinnovabili, si può fare ancora molto, grazie a interventi sulla rete, per renderla capace di accogliere la produzione di impianti diffusi. Ma, soprattutto, bisogna investire sul risparmio.



A proposito di rinnovabili, in passato ci sono stati grandi investimenti e incentivi per il fotovoltaico. Tanto che siamo diventati il maggiore produttore al mondo di elettricità da fonte solare: ma a quale prezzo? Dobbiamo proseguire su questa strada?

Il prezzo è stato alto, ed è stato pagato dalle famiglie e dalle imprese, ma si può dire che ne valesse la pena. Il limite maggiore è stato quello di non aver favorito – pur spendendo tutti questi soldi – la crescita del relativo settore industriale. Rischiamo di perdere una grande occasione per la crescita. Ora, senza svolte repentine, bisogna pretendere che il settore esca da un’incentivazione eccessiva, per alleviare il peso che le famiglie e le imprese sopportano in bolletta. Ma per lungo tempo gli incentivi dovranno restare, anche se ridimensionati. In particolare, penso vada mantenuto l’incentivo agli investimenti per il risparmio energetico nelle abitazioni (55%).

 

I prezzi di elettricità e gas restano alti in Italia. Si attendevano importanti contributi al ribasso grazie alle privatizzazioni e alle liberalizzazioni, ma continuiamo a pagare l’energia più cara d’Europa. Dobbiamo rassegnarci?

 

Distinguerei tra energia elettrica e gas. Nel primo caso, le liberalizzazioni hanno funzionato, eccome. Se sul prezzo, in bolletta, non gravassero oneri indiretti, i vantaggi sarebbero più evidenti. Nel settore del gas, la liberalizzazione non c’è stata. E siccome l’energia elettrica si produce prevalentemente col gas…

 

Il settore industriale dell’energia è stato storicamente uno dei più interessanti della storia del nostro Paese. Ma oggi ci siamo notevolmente ridimensionati. Energia e ripresa di imprenditorialità e occupazione è un binomio ancora possibile?

 

Assolutamente sì, specie ora che le nuove tecnologie consentono di ricorrere a soluzioni produttive più flessibili e meno invasive.

 

Il nostro Paese ha avuto l’ultimo Piano energetico agli inizi degli anni ‘80. Dopo trent’anni sembra opportuna una nuova indicazione di politica energetica. Per due anni si è parlato di formulare la “Strategia energetica nazionale”: è lo strumento idoneo, e perché non si comincia a usarlo?

 

Paghiamo l’assoluta mancanza di capacità di programmazione a lungo termine di una politica miseramente schiacciata sul quotidiano. Poi c’è stata la pretesa del Governo di centrodestra di concentrare tutto il piano energetico sul nucleare. Comunque la si pensasse in merito al nucleare, un errore grave. Ora c’è un governo serio: penso si possa tentare di riorganizzare una strategia.

 

(Lorenzo Torrisi)

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