Nel pieno di una crisi economica e finanziaria che sta smobilitando l’Europa non si può scordare che anche il tema energetico svolge un ruolo prioritario e che esso può aiutare a fare le mosse per non sprofondare in situazioni ancora più gravi, ponendo inoltre le basi per una reale fase di riscatto e sviluppo. Prendo spunto dall’allarmante prezzo dei carburanti alle pompe, ma non mi riferisco esclusivamente a esso.



I cambiamenti che negli ultimi cinque anni si sono susseguiti sul fronte internazionale hanno di fatto inciso in maniera importante sugli scenari energetici dei vari paesi, europei in particolare. Nei primi mesi del 2008, quando è deflagrata la crisi economica innescata l’anno precedente negli Stati Uniti dalla crisi dei mutui subprime, il prezzo del petrolio aveva superato i 100 dollari al barile e, per la prima volta nella sua storia, è continuato a salire nei mesi successivi fino ad arrivare a circa 150 dollari al barile a luglio. Negli anni successivi si è dimezzato e, mentre scriviamo queste note, il prezzo si attesta attorno ai 100 dollari. Nel frattempo la crisi economica ha inoltre riportato indietro l’orologio dei consumi elettrici europei di dieci anni.



Tra questi fatti eclatanti del settore energetico occorre anche rammentare che, sul finire del 2010, sono iniziati i primi disordini e tumulti popolari che, partendo dalla Tunisia, sono arrivati, nel gennaio 2011, a contagiare Egitto, Yemen e Bahrein, fino alla rivoluzione in Libia. I mercati energetici hanno reagito con impennate dei prezzi indotte da timori sulle forniture future. Nonostante gli approvvigionamenti di greggio libico siano stati praticamente azzerati, così come è stato bloccato il gas che fluiva in Italia, si è mantenuta una fragile situazione di calma. Tuttavia, per quanto potenzialmente seria sia la crisi nordafricana, essa è passata in secondo piano quando l’11 marzo 2011 si è verificato il disastro della centrale nucleare di Fukushima in Giappone.



In tutto ciò la situazione energetica italiana è caratterizzata da un paio di decenni da ben note anomalie che possono essere così sintetizzate: forte sbilanciamento del mix produttivo elettrico verso le fonti fossili (gas naturale); aumenti modesti dei consumi; elevata dipendenza dalle importazioni (con oltre l’80% siamo primi in questa classifica); rilevanza assoluta del prezzo del petrolio ed elevata “fattura” energetica; arresto dell’opzione nucleare fin dagli anni ‘80; scarso utilizzo del carbone rispetto ad altri paesi industrializzati (che nella media mondiale rappresenta la metà della fonte per la produzione di elettricità!); rilevante quota d’importazione (15%) di energia elettrica, per lo più nucleare; costo dell’energia (carburanti, gas ed elettricità) significativamente superiore a quello degli altri paesi europei sia per il privato che per l’industria; prevalenza del trasporto su gomma rispetto a quello ferroviario o marittimo.

In questo scenario riteniamo che l’Italia debba con urgenza dotarsi di un indirizzo chiaro per la definizione di una “strategia energetica”, frutto di una riflessione e di un confronto serio, che consideri realisticamente i vincoli e la storia che ci caratterizzano, comprenda le potenzialità delle nostre risorse e che inquadri adeguatamente i diversi obiettivi da raggiungere. Quello della strategia energetica è argomento vasto e complesso, ma necessario per un governo della politica energetica italiana, la cui necessità è tanto urgente quanto evidente.

La Strategia energetica nazionale (Sen) è stata indicata dal Decreto del Governo n. 112 del 2008 come un piano per «individuare le priorità e le misure necessarie al fine di garantire la sicurezza nella produzione di energia, la diversificazione delle fonti energetiche […] e il miglioramento della competitività del sistema energetico nazionale». Sempre secondo il sopra menzionato Decreto, il Governo avrebbe dovuto attuare la Strategia su proposta dei ministri dello Sviluppo economico e dell’Ambiente. Il successivo Decreto legge 34/2011, come modificato dalla Legge di conversione n. 75/2011, aveva dettato una nuova formulazione che manteneva l’istituto della Sen senza riferimento al nucleare. Tuttavia, anche questa nuova formulazione è stata abrogata dal referendum del 12 e 13 giugno 2011.

Rimangono naturalmente nell’ordinamento una serie di disposizioni concernenti piani su singoli settori dell’energia (escludendo il nucleare, gas, elettricità, rinnovabili, ecc.) e relative infrastrutture. Si segnala che nel biennio 2008-2010 non è stato adottato un atto di indirizzo generale per la definizione della Sen, né è stata convocata la annunciata “Conferenza nazionale dell’energia e dell’ambiente”. L’abbandono dell’ipotesi del ricorso alla fonte nucleare, sancito dal referendum popolare dei 12-13 giugno scorsi, non ha certamente semplificato il quadro di programmazione nazionale circa l’energia, ma ha contribuito quantomeno a chiarirlo.

Ma la “strategia” non è certamente un tema esclusivamente politico o amministrativo: la centralità della questione energetica si pone prioritaria sia in termini economici (competitività del Paese) che ambientali e di sicurezza energetica nazionale (vulnerabilità delle economie attuali rispetto a crisi energetiche). La questione trova il proprio ampio collocamento anche nelle politiche della Commissione europea che, oltre agli specifici e noti obiettivi al 2020, ha formulato indirizzi generali, lasciando ai singoli Stati la scelta di come perseguire gli obiettivi indicati.

In questo contesto, a partire da scenari predefiniti, una Strategia energetica nazionale ha innanzitutto il compito di circoscrivere un obiettivo (o alcuni obiettivi, ma ben coordinati tra di loro) di medio-lungo periodo, rispetto al quale declinare una serie di ambiti e passaggi necessari al suo perseguimento.

La Sen dovrà indicare tutti gli ambiti sui quali è necessario intervenire, stabilire obiettivi settoriali e mostrare passaggi certi – anche da un punto di vista temporale. Da un punto di vista organizzativo deve indicare i conseguenti ruoli e obiettivi dei soggetti coinvolti. La Sen non può infine dimenticare gli aspetti economici circa i costi delle operazioni previste, mostrando i possibili strumenti per convogliare gli investimenti privati o di interesse pubblico e nazionale. Ma una premessa è necessaria prima della definizione dei contenuti della Strategia: la predisposizione di una Sen vuol dire programmare il futuro energetico del Paese per i prossimi (tre?) decenni.

 

(1 – continua)

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