«Il colosso russo della Gazprom invia tutto il gas che può mandare, ma se dall’Europa gliene chiedono altro, non sono più in grado di soddisfare la crescente domanda. Quella del gas è una rete che parte dalla Siberia e arriva fino a noi, ma se durante questo tragitto tutti i paesi prelevano una maggiore quantità a causa delle basse temperature, ecco che in Italia ne arriva di meno. Dalla Siberia non riescono a mandarne di più, anche se lo vorrebbero, perché hanno già raggiunto la loro massima capacità produttiva». Federico Pontoni, ricercatore presso IEFE, il centro di ricerca dell’Università Bocconi specializzato in economia e politica dell’energia e dell’ambiente, ci spiega come mai da giovedì prossimo potrebbero verificarsi tagli di forniture di gas da parte della Gazprom, a cui Putin ha recentemente chiesto di «fare tutti gli sforzi per soddisfare le necessità dei nostri partner stranieri», ma con il primo obiettivo di «rispondere ai bisogni interni della Russia».



Com’è la situazione?

La Gazprom ha una certa capacità di produzione e, visto il freddo che è arrivato in Europa e in Russia, una volta che aumenta molto la domanda, l’azienda non è in grado di soddisfare una tale richiesta. La maggior parte della produzione di Gazprom viene consumata in Russia dove le temperature sono certamente più basse rispetto all’Italia, quindi poi non è possibile inviare volumi addizionali in Europa. Cosa che certamente Gazprom farebbe volentieri, perché lo pagheremmo anche più del solito, visto la straordinaria ondata di freddo che sta attraversando l’Europa. Quindi il motivo principale di questi tagli di forniture previsti per i prossimi giorni è la grande richiesta sul mercato interno e su tutto il mercato europeo.



L’Italia come può rimediare?

Aumentando l’importazione di gas dall’Algeria, dalla Libia e dal Nord Europa, ma c’è anche un altro problema, rappresentato dal fatto che, oltre alle basse temperature, anche le avverse condizioni del mare non permettono il corretto funzionamento del rigassificatore di Rovigo, dove le navi non possono attraccare.

Siamo quindi in una situazione d’emergenza?

No, e anche lo stesso Scaroni (ad di Eni, ndr) ha annunciato che l’ipotesi peggiore è la sospensione temporanea dei contratti con le aziende “interrompibili”, ma, come fa capire proprio lo stesso nome, fanno parte di una normale condizione contrattuale. Un’azienda può fare un contratto interrompibile per diversi motivi: perché può modulare la sua produzione, perché non ha problemi a interromperla o perché ha delle alternative. Si possono quindi prevedere dei giorni di utilizzo di fuel alternativo, oppure di mancata produzione, ma è una cosa normale, che fa parte dei rischi del contratto interrompibile. L’unico vero problema è se questo freddo durerà fino a fine marzo, ma è uno scenario alquanto improbabile.



Un’altra misura di emergenza può essere quella dell’utilizzo di olio combustibile. Di che si tratta?

Alcune centrali elettriche sono “dual fuel”, quindi possono produrre elettricità anche attraverso l’olio combustibile. Altre utilizzano esclusivamente olio combustibile, e sono quindi praticamente sempre spente, ma vengono utilizzate in situazioni di emergenza o quando il gas stenta ad arrivare come in questo caso. Si usa però il meno possibile l’olio combustibile, perché è molto più inquinante rispetto al metano.  

Pensa che si sia quindi creato un eccessivo allarmismo rispetto a questi tagli di forniture?

È giusto che il ministero monitori la situazione, perché il freddo di questi giorni è veramente intenso ed è giusto riflettere sulla possibilità di altre alternative, ma resta comunque una situazione di normalità, prevista, che non creerà particolari disagi.

 

(Claudio Perlini)