Casualità e spirito di osservazione. E’ grazie al mix di questi elementi che Seebeck poté scoprire intorno alla metà del 1800 un importante fenomeno elettrico: egli si accorse, infatti, che fra due conduttori a temperature differenti posti a contatto, o collegati da un filo conduttore, si genera una corrente, sia pur debolissima. E’ l’inizio dello studio dei fenomeni termoelettrici, che ha portato, per esempio, allo sviluppo delle moderne termocoppie, presenti nei termostati e nei forni.
Come dice la parola, la termoelettricità studia l’interazione fra il calore e l’elettricità, sia quando l’elettricità è fonte di calore, sia quando – come nell’effetto Seebeck sopra accennato – il calore è sorgente di elettricità. Il fatto che dal calore si possa estrarre un flusso di cariche in un conduttore ha fatto sognare quasi da subito la possibilità di recuperare il calore disperso da qualsiasi tipo di motore, stufa, fornace o camino, aumentando di fatto l’efficienza nella produzione di energia. I tentativi in questo senso sono purtroppo sempre stati frustrati.
Da qualche anno però si è scoperto una trasposizione quantistica dell’effetto Seebeck: lo spin degli elettroni, interagendo con il campo magnetico di un materiale ferromagnetico, conduttore e sede di un campo magnetico intero, dà luogo a un flusso di cariche in un conduttore a esso adiacente. Questo fenomeno, chiamato “Effetto spin Seebeck”, è alla base di un nuovo campo di studio fisico e tecnologico, chiamato spintronica.
Scienziati in tutto il mondo stano cercando nove opportunità di sviluppo tecnologico proprio sulle basi della spintronica. Utilizzare lo spin degli elettroni per scrivere o leggere dati, infatti, potrebbe in via di principio permettere di immagazzinare più dati in meno spazio, processare i dati in modo più veloce e consumando meno potenza. La spintronica può perciò trovare applicazioni nella costruzione di importanti parti di device elettronici, come per esempio le testine che leggono gli hard disk nei computer.
Una notizia di questi giorni, però, ci informa che qualcuno ha ripreso l’antico sogno di realizzare un motore termoelettrico, sfruttando l’effetto spin Seebeck. Ricercatori della Ohio State University (USA) sono riusciti a osservare l’effetto spin Seebeck in un materiale semiconduttore non magnetico, producendo una corrente elettrica più alta. Hanno chiamato l’effetto “spin Seebeck gigante”. I risultati ottenuti sono confortanti: anche se, infatti, il voltaggio in valore assoluto è rimasto molto basso, è l’aumento ottenuto dai ricercatori dell’Ohio University a lasciare ben sperare. Si è passati infatti dai microvolts ai millivolts, producendo un aumento in potenza di un milione di volte. Joseph Heremans, professore di ingegneria meccanica e di fisica, ha commentato: “E’ realmente una nuova generazione di motori a calore: nel 1700 avevamo i motori a vapore, nel 1800 motori a gas, all’inizio del 1900 i primi materiali termoelettrici e ora stiamo facendo la stessa cosa con i materiali magnetici”. L’obiettivo, manco a dirlo, è un motore a stato solido a basso costo che converta il calore in elettricità. L’effetto spin-Seebeck inoltre spingerà la spintronica un passo ancora più in là, utilizzando il calore per indurre un flusso di informazioni, chiamato “corrente di spin”.
In meccanica quantistica possiamo pensare la luce come una serie di innumerevoli pacchetti di energia finita, i fotoni; allo stesso modo, si possono definire dei “pacchetti” vibrazioniali di energia finita, chiamati fononi. Se quindi la luce è nella sua manifestazione più piccola un fotone, allo stesso modo, la più piccola quantità di calore scambiabile come vibrazioni reticolari è un fonone. Quello che avviene nei materiali è semplice: fononi entrano nel materiale e entrano colpiscono gli elettroni, che scorrono lungo il materiale, come un proiettile che corre nella canna di un fucile. Il gruppo di ricerca ha potuto così vedere per la prima volta riprodotto l’effetto spin-Seebeck in un materiale semiconduttore non magnetico, l’antimoniuro di indio dopato con altri elementi. Per superare l’ostacolo della non-magneticità del materiale, si è dovuto attivare un campo magnetico esterno e abbassare la temperatura per polarizzare gli elettroni.
“Il sistema ora lavora fra 2 e 20 Kelvin, circa la temperatura dell’elio liquido -dice Roberto Myers, collaboratore all’esperimento-, e in presenza di campi magnetici da 3 Tesla, circa la stessa intensità di quelli presenti nelle risonanze magnetiche”. A queste importanti condizioni, il materiale viene attraversato da una tensione pari a 8 millivolt quando un lato del piccolo parallelepipedo usato per l’esperimento viene scaldato di un grado Kelvin.
Molto resta oscuro in questo affascinante campo di ricerca, e l’interesse per quello che potrà essere realizzato in termini di nuove tecnologie spinge oltremodo lo sviluppo della conoscenza di base. I dettagli di come effettivamente funzioni l’effetto spin-Seebeck infatti si stanno chiarificando dal giorno della sua scoperta nel 2008, ma la sua comprensione ultima è ancora in molti punti avvolta nel mistero. Lo stesso è da ritenersi vero per quanto riguarda lo lo spin-Seebeck gigante. Non resta che continuare il cammino intrapreso, con nuovi materiali, nuove prove, nuovi esperimenti: il futuro può riservarci importanti sorprese.