La  necessità di trovare alternative ai combustibili fossili e quindi di incrementare lo sforzo per trovare fonti di energia rinnovabiliha spinto diversi gruppi di ricercatori a concentrarsi sullo sviluppo di nuove tecnologie, anzi, sulla comprensione di processi naturali, cercando di riprodurli su larga scala. È stato studiato che esistono microbi, chiamati metanogeni, che convertono l’elettricità in metano: il processo di metanogenesi consiste nella produzione di questo gas operata da batteri anaerobi, appartenenti alla famiglia delle Methanobacteriacee, che rappresentano l’anello finale della catena di degradazione della materia organica e che sono in grado di utilizzare solo un ristretto gruppo di substrati, come il biossido di carbonio, per produrre metano. 



Gli scienziati delle Università di Stanford e della Pennsylvania ritengono che questi microrganismi potrebbero essere un’importante fonte di energia rinnovabile; infatti, come commenta Alfred Spormann, professore di ingegneria chimica, civile e ambientale a Stanford, «oggi la maggior parte del metano deriva dal gas naturale, un combustibile fossile, e molte importanti molecole organiche usate nell’industria provengono dal petrolio. Il nostro approccio microbico eliminerebbe la necessità di utilizzare risorse fossili». 



Nel 2009 nel laboratorio del professor Bruce Logan, alla Penn State University, ci fu la prima dimostrazione che un ceppo metanogeno conosciuto come Methanobacterium palustre poteva convertire la corrente elettrica direttamente in metano: per l’esperimento venne costruita una pila con gli elettrodi positivo e negativo posti in un beaker di acqua arricchita con nutrienti. I ricercatori stesero sul catodo una miscela di biofilm di M. palustre e altre specie microbiche e quando fu applicata una corrente elettrica, il M. palustre cominciò a produrre metano: l’efficienza della conversione di elettricità in metano da parte dei microbi era dell’80%. 



La velocità della produzione di metano rimase alta fin tanto che la miscela della comunità microbica rimase intatta, ma quando un ceppo isolato puro di M. palustre venne posto sul catodo, la velocità crollò, suggerendo che i metanogeni separati da altre specie microbiche sono meno efficienti di quanto non lo siano in una comunità: si è ipotizzato, per esempio, che i batteri aerobi possano aiutare la stabilizzazione della comunità impedendo la formazione di ossigeno, che i metanogeni, in quanto anaerobi, non possono tollerare. Uno dei passi decisivi è quello di trovare una comunità microbica massimamente efficace. 

L’obbiettivo finale dei ricercatori è di ottenere colture di metanogeni alimentati da corrente elettrica generata da fonti rinnovabili come le celle solari, turbine a vento e reattori nucleari: i microrganismi usufruirebbero degli elettroni così ottenuti, metabolizzando il biossido di carbonio e producendo, quindi, metano. Il metano verrebbe stoccato e distribuito attraversi impianti già esistenti, quando necessario. 

I vantaggi della metanogenesi sono molteplici: in primo luogo i processi microbici non portano ad emissioni di CO2 e quindi a un incremento dell’effetto serra; inoltre il metano prodotto è maggiormente ecosostenibile rispetto ad altri biocombustibili, come ad esempio l’etanolo di mais: infatti in questo caso sono necessari ettari di terreni agricoli, fertilizzanti e pesticidi che inquinano l’aria e la terra. 

L’ultimo aspetto da sottolineare è quello per cui, al momento, non esiste un metodo efficace di stoccaggio dell’energia elettrica prodotta dalle celle fotovoltaiche e dagli impianti eolici: si potrebbero allora utilizzare il surplus di elettricità derivante da queste fonti rinnovabili per alimentare le colture di metanogeni.

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