La situazione, in Libia, non si è di certo rappacificata con la fine della guerra che ha deposto la dittatura di Gheddafi. Il Paese è frammentato in una miriade di fazioni e tribù che rivendicano ciò che gli è stato tolto ai tempi dei rais. Va inscritta in tale contesto l’operazione di un gruppo armato di miliziani berberi che, sabato notte, ha preso d’assalto una nave dell’Eni nel porto di Mellitah e ha occupato uno dei più importanti terminal della compagnia. Per il momento, la protesta procede, tutto sommato, pacificamente, e l’Ad Paolo Scaroni ha fatto sapere che la produzione di gas e petrolio non è, attualmente, a rischio. Tuttavia, gli occupanti, hanno fatto sapere che se la lingua amazigh non sarà posta dall’Assemblea costituente tra gli idiomi ufficiali del Paese, bloccheranno i rifornimenti energetici verso l’Italia. Federico Pontoni, ricercatore dell’Iefe dell’Università Bocconi ci spiega come la situazione potrebbe evolvere.
Il nostro approvvigionamento energetico è a rischio?
Non eccessivamente. Qualche problema potremmo averlo rispetto all’importazione del gas. Per quanto riguarda il petrolio, i problemi sono pressoché inesistenti.
Ci spieghi.
Dopo la guerra in Libia, abbiamo ridotto considerevolmente le importazioni di petrolio. L’Italia, come del resto tutti gli altri operatori mondiali, si è riposizionata su altri mercati, individuando nuovi fornitori, nell’eventualità che la zona, in futuro, diventi nuovamente terreno di conflitto. Va anche detto che il petrolio è molto facile da trasportare. Se non arriva via nave da una parte, posso comprarlo altrove. Con il gas, la procedura è più difficile.
Perché?
Perché arriva attraverso i gasdotti. Se un Paese smette di produrre, o un altro di acquistare, spostare il commercio altrove è evidentemente più complicato. Tuttavia, la nostra capacità di ricezione, sia in termini di presenza di gasdotti che di rigassificatori, è elevata.
Rispetto alle nostre importazioni complessive, a quanto ammonta le percentuale libica?
Il 30% circa, proviene dalla Russia, un altro 30% dall’Algeria. Il resto è suddiviso tra Libia, Norvegia e Qatar, più una quota di produzione nazionale. Non dobbiamo, inoltre, dimenticare che abbiamo terminal sottoutilizzati. Sia a causa della crisi, che impone un ridotto livello di consumi, che per l’aumento dell’utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili. Anche per queste ragioni, se le importazioni dalla Libia dovessero azzerarsi, non sarebbe una tragedia.
Perché le milizie assaltano proprio l’Eni?
Assaltano chiunque. L’Eni, semplicemente, in Libia è una tra le aziende più presenti. Possiamo, al limite, supporre che colpire il gasdotto che collega il Paese con l’Europa possa avere una valenza simbolica. Tuttavia, non c’è alcun astio particolare verso la compagnia. Tanto più che, storicamente, anche ai tempi di Gheddafi, ha tenuto ottimi rapporti con tutti, anche con le opposizioni. Per questa ragione, al termine della primavera araba, quando i leader locali e lo scenario di potere erano completamente cambiati, non si è trovata né impreparata, né priva di sponde politiche.
(Paolo Nessi)